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Petroliere in collisione nel Golfo dell’Oman: rischio di un disastro ambientale

Un'enorme chiazza di petrolio si estende al largo delle coste tra Iran ed Emirati Arabi: necessario un intervento immediato per evitare gravi danni all'ambiente marino

Martedì 18 giugno due petroliere, Adalynn e Front Eagle, si sono scontrate nel Golfo dell’Oman, al largo delle coste tra Iran ed Emirati Arabi, provocando un potenziale disastro ambientale. Lo scontro è avvenuto a circa 22 miglia nautiche da Khor Fakkan, non lontano dallo strategico Stretto di Hormuz, che divide la penisola arabica dalle coste dell’Iran. Greenpeace Middle East and North Africa (MENA) ha lanciato un appello urgente per contenere quanto prima la fuoriuscita di greggio, che dopo l’incidente era già così grande da essere visibile anche dalle immagini satellitari.

Secondo le prime analisi la macchia di petrolio si estende su circa 1.500 ettari di superficie marina.
Particolarmente preoccupante è la situazione della Adalynn, spiega Greenpeace in una nota: si tratta di una nave di 23 anni appartenente alla cosiddetta “flotta ombra” russa, un insieme di petroliere datate, spesso prive di adeguati standard di sicurezza, che trasportano greggio in condizioni opache. Nonostante fosse ufficialmente registrata in zavorra, la nave aveva un pescaggio di 9,3 metri, compatibile con un carico di circa 70.000 tonnellate di petrolio.

«Questo è solo uno dei tanti incidenti pericolosi che si sono verificati negli ultimi anni», ha dichiarato Farah Al Hattab, campaigner di Greenpeace MENA. «Le cause possono variare, ma il risultato è spesso lo stesso: le fuoriuscite di petrolio mettono a rischio la vita marina, alterano equilibri ecologici delicati e possono compromettere l’intera rete alimentare, con danni potenzialmente estesi ben oltre l’area dell’incidente».

Sebbene alcune fonti abbiano ipotizzato un errore di navigazione, non c’è al momento alcuna prova che colleghi direttamente l’incidente a interferenze nei sistemi GPS, in un contesto regionale già instabile per le tensioni tra Iran e Israele.
Greenpeace chiede un intervento immediato delle autorità per contenere lo sversamento e valutare i danni ambientali. L’organizzazione ribadisce inoltre l’urgenza di rafforzare il monitoraggio marittimo, i sistemi di allerta precoce e i piani di emergenza.

«Invitiamo le compagnie di navigazione, i governi e gli attori dell’industria petrolifera a garantire la massima trasparenza sugli impatti ambientali degli sversamenti e sulle misure di bonifica in atto», ha aggiunto Al Hattab. «La sicurezza ambientale deve essere considerata parte integrante della sicurezza nazionale e regionale».

L’incidente, secondo Greenpeace, mette in evidenza ancora una volta la vulnerabilità delle infrastrutture fossili e la necessità di accelerare la transizione verso fonti rinnovabili.

«Il disastro ambientale in corso è solo l’ultimo segnale di un sistema energetico insostenibile», ha concluso Al Hattab. «Affidarsi ancora al petrolio significa esporre le persone e il pianeta a rischi inaccettabili. È il momento di ripensare il nostro modello energetico globale: le energie rinnovabili non sono solo una soluzione climatica, ma anche una via per costruire pace e resilienza».


NOTE: questo articolo è stato generato con il supporto dell’intelligenza artificiale.

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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