Cambiamenti climatici: gli effetti sugli uccelli europei
Abitudini e morfologia sono stati collegati all'aumento delle temperature e non solo. Lo studio
Uno studio dell’università australiana James Cook, la seconda più antica del Queensland, pubblicato negli Atti della rivista National Academy of Sciences ha evidenziato come il riscaldamento globale stia cambiando gli uccelli europei così come li conosciamo ma la colpa non sarebbe da attribuire solo all’aumento delle temperature. I ricercatori hanno analizzato i dati raccolti dalla metà degli anni ’60 in Gran Bretagna e nei Paesi Bassi su 60 specie diverse e si sono concentrati su come questi uccelli siano mutati nel tempo per quanto riguarda la tempistica di deposizione delle uova, il numero di discendenti e la morfologia.
La tendenza ad avere climi sempre più caldi è probabilmente il fattore più importante che guida il cambiamento ma nel corso degli anni altri fattori come l’urbanizzazione, l’inquinamento o la perdita di habitat potrebbero influenzare mutazioni nelle caratteristiche. Secondo le ricerche degli studiosi in media fino al 57% del cambiamento complessivo negli ultimi decenni può essere collegato al riscaldamento della temperatura. Il 32% delle 60 specie analizzate ha avuto mutazioni nelle condizioni corporee a causa delle temperature, con una diminuzione media delle dimensioni dello 0,45% per ogni aumento di un grado. Circa l’86% ha avuto alterazioni nei tempi di deposizione delle uova e il 31% ha avuto cambiamenti nel numero di prole.
“Il cambiamento climatico ha fatto sì che i pulcinella ad esempio deponessero le uova sei giorni prima negli ultimi 50 anni, ma altri fattori ambientali sconosciuti hanno portato ad altri sei giorni, il che significa che in totale ora depongono le uova 12 giorni prima rispetto a mezzo secolo fa” queste le parole di Martijn van de Pol autore principale dell’articolo. Uno spostamento di programma così grande può causare una discrepanza tra quando nascono i pulcini e quando il cibo è disponibile per loro, spezzando l’equilibrio dell’ecosistema. Nella ricerca si legge che le sylvie da giardino hanno un quarto di pulcini in meno e alcuni uccelli stanno diminuendo di dimensioni, mentre altri, come i codirossi, stanno diventando più grandi e aumentano il numero di figli. Non tutte le specie quindi vengono colpite allo stesso modo: i ricercatori ipotizzano che queste differenti variazioni dipendano molto probabilmente da fattori che non riguardano la temperatura.
“Mostriamo che negli uccelli europei il riscaldamento globale è stato probabilmente il contributo più importante alle tendenze temporali della data di deposizione, delle condizioni corporee e del numero di prole. Tuttavia, anche i fattori non legati alla temperatura sono importanti e agiscono nella stessa direzione, il che implica che attribuire tendenze temporali esclusivamente all’aumento delle temperature sovrastima l’impatto del riscaldamento climatico. I warbler nel Regno Unito hanno registrato una diminuzione del 26% del numero medio di discendenti nell’ultimo mezzo secolo, il che è davvero preoccupante per il destino a lungo termine di questa specie; solo la metà di questa riduzione, il 13%, però può essere attribuita al cambiamento climatico”.
Tutte queste considerazioni determinano che l’aumento delle temperature sta avendo un grande impatto sulle popolazioni naturali e sembra essere il principale motore delle alterazioni dei tratti nel tempo ma non è l’unico. Altri fattori possono svolgere un ruolo più importante di quanto si pensasse in precedenza: la domanda è quali siano e come possano essere collegati a un clima che si fa sempre più caldo. Identificare i contributi dei principali fattori climatici e non alle mutazioni dei tratti nel tempo sarà fondamentale per lo sviluppo di strategie di gestione della conservazione appropriate poiché le azioni specifiche per mitigare gli impatti o promuovere l’adattamento differiranno sostanzialmente per i diversi fattori. Man mano che aumentiamo la nostra comprensione di come i cambiamenti climatici influiscano direttamente sulle specie e di come interferiscano le variabili non climatiche, possiamo identificare meglio le specie o le popolazioni più a rischio.