In Antartide l’oceano sta diventando più salato, ed è un problema
Le acque superficiali in Antartide stanno diventando più salate, contribuendo ad accelerare la fusione del ghiaccio marino.

Un nuovo studio basato sui dati del satellite europeo SMOS rivela un’anomalia preoccupante nell’oceano che circonda l’Antartide. Le acque superficiali stanno diventando più salate, contribuendo ad accelerare la fusione del ghiaccio marino.
Chi studia il clima sa che la fusione dei ghiacci tende a rendere più dolci le acque superficiali. Ma qui sta accadendo l’opposto. E questa inversione di tendenza potrebbe alterare profondamente l’equilibrio termico e dinamico dell’oceano Australe, con ripercussioni su scala globale: dalle correnti oceaniche al clima del pianeta, fino agli ecosistemi.

Un’anomalia mai vista prima
Dal 2015, l’Antartide ha perso una superficie di ghiaccio marino pari a quella dell’intera Groenlandia. Un cambiamento tra i più rapidi degli ultimi decenni.
I ricercatori dell’Università di Southampton, in collaborazione con il Barcelona Expert Centre e con il supporto dell’Agenzia spaziale europea (ESA), hanno scoperto che a sud del 50° parallelo le acque stanno diventando più salate. Il dato è emerso grazie alle rilevazioni del satellite SMOS, attivo dal 2009 e progettato proprio per monitorare l’umidità del suolo e la salinità oceanica: la missione misura l’umidità dei suoli e la salinità degli oceani, fornendo dati preziosi per i modelli climatici.
«È un cambiamento profondo e del tutto inatteso», spiega Alessandro Silvano, autore principale dello studio appena pubblicato su PNAS. «La salinità superficiale sta aumentando, e questo altera la struttura verticale dell’oceano, permettendo al calore degli strati profondi di risalire e fondere il ghiaccio marino da sotto».
Un nuovo ciclo di feedback
L’aumento di salinità superficiale sembra derivare da una rottura dell’equilibrio tra fusione, circolazione e ricongelamento, e potrebbe essere un segnale che l’oceano Antartico sta entrando in un nuovo stato, meno stabile e meno favorevole alla formazione di ghiaccio marino.
Questa nuova dinamica, infatti, spezza l’equilibrio che manteneva le acque fredde e dolci in superficie, sopra quelle più calde e salate. E così, mentre il calore risale, diventa più difficile per il ghiaccio riformarsi. Secondo gli scienziati, si sarebbe attivato un meccanismo di retroazione (feedback) che accelera il declino del ghiaccio marino.

A confermare l’anomalia c’è anche la riapertura della polynya di Maud Rise, un’area di mare aperto nella banchisa della regione di Weddell che non si vedeva dagli anni ’70.
«Questa ricomparsa è un segnale chiaro che le cose stanno cambiando rapidamente», avverte Silvano. «Potremmo essere più vicini a un punto di non ritorno di quanto pensassimo».
Impatti globali
Il ghiaccio marino antartico non è solo un indicatore climatico: è un regolatore del sistema Terra. Il suo declino accelera il riscaldamento globale, favorisce tempeste più intense, alimenta ondate di calore e contribuisce all’innalzamento del livello del mare. Inoltre, minaccia specie come pinguini e foche, che dipendono dal ghiaccio per nutrirsi e riprodursi.
«Questi risultati dimostrano che abbiamo ancora lacune significative nella comprensione delle dinamiche oceaniche e climatiche», conclude Alberto Naveira Garabato, coautore dello studio. «Per colmare questi vuoti servono monitoraggi continui, sia da satellite che sul campo».