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Mare sempre più caldo: nel 2024 record di temperatura nel Mediterraneo

Il nuovo rapporto di Greenpeace conferma l’impatto crescente della crisi climatica sugli ecosistemi marini in Italia: gorgonie in sofferenza, specie aliene in espansione e ondate di calore

Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato non solo sulla terraferma, ma anche nel nostro mare. Lo conferma il nuovo rapporto Mare Caldo di Greenpeace Italia, realizzato in collaborazione con l’Università di Genova (DISTAV) e l’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale (OGS). Nel bacino del Mediterraneo, la temperatura media annuale ha toccato i 21,16 °C, il valore più alto da quando esistono misurazioni satellitari sistematiche, ovvero da 43 anni.

Nelle 12 aree italiane monitorate dal progetto – di cui 11 in aree marine protette (AMP) – sono state registrate numerose e intense ondate di caldo, estese non solo alla superficie del mare, ma anche fino a 40 metri di profondità. All’Asinara, in Sardegna, si sono contate ben 14 ondate nella sola temperatura superficiale; alle Cinque Terre, durante l’estate, la temperatura ha superato di 3,65 °C la media stagionale.

mare caldo
Foto: Greenpeace Italia

Le conseguenze sono visibili. «Il nostro mare è ricco di biodiversità, ma rischiamo di perdere questo straordinario patrimonio se non estendiamo la superficie protetta e non riduciamo drasticamente le emissioni di gas serra», ha dichiarato Valentina Di Miccoli, campaigner mare di Greenpeace Italia.

Il monitoraggio biologico condotto nel 2024 in tre aree marine protette (Tavolara, Portofino, Ventotene-Santo Stefano) mostra segnali di sofferenza negli organismi più sensibili, come le gorgonie Eunicella cavolini e Paramuricea clavata, colpite da necrosi e mortalità elevate. A Portofino, il 94% delle colonie di Paramuricea a 25 metri risultava danneggiato. Diffuso anche lo sbiancamento del corallo mediterraneo Cladocora caespitosa.

Accanto al declino delle specie tipiche, aumentano le presenze aliene e termofile, adattate ad acque più calde: l’alga Caulerpa cylindracea, il pesce pappagallo, il barracuda mediterraneo, la donzella pavonina.

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Foto: Greenpeace Italia

La differenza tra le zone protette e quelle non protette si conferma netta: l’area marina di Capo Carbonara mostra i migliori indicatori ecologici, mentre l’isola d’Elba, unica area non protetta del progetto, presenta lo stato peggiore.

Per Monica Montefalcone, docente di Ecologia all’Università di Genova, «i risultati del quinto anno di Mare Caldo mostrano in maniera inconfutabile gli effetti del cambiamento climatico sugli ambienti marini sommersi. Le anomalie termiche e i segnali di impatto ecologico sono diffusi ovunque, indipendentemente da latitudine e livello di protezione».

Il Mediterraneo si sta tropicalizzando sotto i nostri occhi. E il tempo per invertire la rotta si fa sempre più breve.


NOTE: questo articolo è stato generato con il supporto dell’intelligenza artificiale.

 

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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