COP26, nonostante i passi in avanti siamo ancora lontani da un futuro ad emissioni zero
I risultati della 26° Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico, in chiusura a Glasgow, potrebbero frenare il riscaldamento globale a circa 1,8°C: e questo è lo scenario più ottimistico
La COP26 sta volgendo al termine e possiamo iniziare a trarre le conclusioni di una due settimane di impegni, passi avanti, ma anche di aspettative mancate. Gli impegni presi finora alla COP26, in chiusura a Glasgow, potrebbero avvicinarci solo del 9% al percorso che potrebbe mantenere il riscaldamento globale vicino alla soglia degli 1,5°C. Nello scenario più ottimistico, infatti, in cui alle promesse seguono azioni concrete nei tempi indicati, il riscaldamento globale potrebbe restare intorno agli 1,8°C a fine secolo. I passi avanti fatti alla COP26 infatti, seppur ambiziosi, non sarebbero sufficienti per fermare il surriscaldamento del globo sotto la soglia degli 1,5°C. Inoltre gli obiettivi al 2030 sono ancora incompatibili con un futuro ad emissioni zero.
L’analisi è stata realizzata da Climate Action Tracker ed è il linea con una precedente analisi della Agenzia Internazionale dell’Energia, secondo cui le promesse della prima settimana della 26° Conferenza delle Parti sul Clima avrebbero frenato il riscaldamento globale a 1,8°C.
Le decisioni prese riguardanti il metano, il carbone, il trasporto e la deforestazione, rispetto alle politiche in atto fino ad ora, potrebbero quindi frenare il riscaldamento globale grazie ad una riduzione ulteriore di 2.2 giga tonnellate di CO2 equivalente, ossia un taglio equiparabile alle emissioni complessive di Germania, Giappone e Regno Unito.
La COP26 delude: gli obiettivi al 2030 non combaciano con il raggiungimento di un mondo ad emissioni zero a fine secolo
Ovviamente, dalla teoria ora bisogna passare alla pratica: finora le promesse in ambito climatico non sono quasi mai state rispettate. Se dovessimo continuare con le politiche già in atto, pre COP26, entro la fine del secolo la temperatura globale potrebbe aumentare fino a 2,7°C. Non possiamo permetterci di arrivare a tanto: le conseguenze sarebbero devastanti. Per questo motivo il mondo è chiamato ad agire in questo decennio, e l’obiettivo deve essere quelli degli 1,5°C.
Ma gli obiettivi che ci siamo dato da qui al 2030 risultano ancora inadeguati: secondo l’analisi, senza le promesse a lungo termine, il riscaldamento potrebbe raggiungere i 2,4°C entro fino secolo. L’impegno annunciato da Stati Uniti e Cina, insieme agli obiettivi a lungo termine, potrebbero avvicinarci più ai 2,1°C. Oggi, a fronte di tutte le promesse fatte a Glasgow durante la COP26, gli impegni presi per il 2030 non sono ancora sufficienti: nel 2030 emetteremo il doppio di quanto potremo permetterci.
Alla COP26 non c’è stato uno sforzo sufficiente, e soprattutto non è stato condiviso da tutti i Paesi responsabili delle emissioni di gas serra: nell’ultimo anno abbiamo ridotto il gas delle emissioni solo del 15-17%, soprattutto grazie alle promesse di Cina, Europa e Stati Uniti. Altri Paesi, anche se responsabili di emissioni inferiori, non hanno seguito: Australia, Indonesia, Russia, Singapore, Svizzera, Tailandia e Vietnam hanno solo riconfermato gli obiettivi del 2015, Brasile e Messico hanno addirittura avanzato obiettivi inferiori. Turchia e Kazakistan non hanno presentato nuovi impegni e l’Iran deve ancora approvare l’Accordo di Parigi. Il momentum non è bastato per coinvolgere tutti.
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Nello scenario più ottimistico il 90% delle emissioni dovrebbe rientrare nei piani “net zero“. Se le nazioni riuscissero a tradurre in azione concreta tutte le promesse e gli obiettivi annunciati alla COP26 il riscaldamento globale potrebbe restare intorno alla soglia degli 1,8°C entro il 2100. La questione è: riusciranno a farlo davvero?
Secondo l’analisi di Climate Action Tracker, infatti, gli obiettivi prefissati per il 2030 non sono in linea con l’obiettivo finale di ridurre a zero le emissioni di gas serra entro fine secolo.
Carbone, gas e metano: a che punto siamo?
Per poter raggiungere le emissioni zero entro fine secolo, bisogna dire addio al carbone nel settore dell’energia entro il 2030 per l’OCSE e entro il 2040 nel resto del mondo. Tuttavia molti Paesi hanno ancora in essere progetti e piani energetici basati sul carbone da qui al 2030, non solo a livello nazionale, ma anche internazionale. Ad oggi, questo scenario potrebbe tradursi in un riscaldamento di 2,9°C.
Anche l’uso di gas naturale è incompatibile con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Tuttavia molte aziende, con il sostegno dei governi, continuano a promuoverne l’uso. In soli 6 anni dalla firma dell’Accordo di Parigi, le emissioni di CO2 derivanti dal gas naturale sono aumentate del 9%, mentre quelle derivanti dal carbone e dal petrolio sono diminuite. L’obiettivo delle emissioni zero entro il 2050 è irraggiungibile senza un taglio netto dell’uso di gas naturale.
A Glasgow sono state annunciate diverse iniziative volte a ridurre le emissioni di metano, ma non vanno molto oltre quanto già previsto dai piani di azione a lungo termine di alcuni Paesi. Inoltre il “Global Methane Pledge” firmato alla COP26 da 53 Nazioni ha previsto una riduzione delle emissioni di metano del 30% entro il 2030, secondo il Climate Action Tracker al massimo potrà tagliare le emissioni di metano del 14%, con un calo di 0,12°C sul riscaldamento globale.
COP26, quanto fatto non basta: «non c’è niente da celebrare»
Ma quindi cos’è stato fatto finora? Sicuramente dall’Accordo di Parigi a quanto promesso alla COP26 i passi in avanti sono stati fatti e, difatti, il riscaldamento stimato entro fine secolo è stato limato, ma per raggiungere le emissioni zero c’è ancora tanto da fare e gli obiettivi a breve termine (2030) non sono ancora in linea con tale promessa.
Secondo l’analisi, se le nazioni implementassero quanto annunciato finora (gli NDC) per il 2030 il riscaldamento globale dovrebbe raggiungere la soglia dei 2,1°C. Rispetto ai 3,6°C previsti pre Accordo di Parigi è sicuramente un salto importante, ma il problema è che non basta. Per poter raggiungere le emissioni zero, bisogna alzare le ambizioni per il 2030. Inoltre servono aiuti più importanti da parte dei Paesi più sviluppati, verso quelli in via di sviluppo. «Senza tutto questo – secondo la CAT – non c’è motivo per celebrare».