Energia

Metano: Ong documenta perdite da 25 impianti di stoccaggio italiani

Il metano costituisce il 16% dei gas climalteranti ma ha una durata in atmosfera molto inferiore rispetto alla CO2

Emissioni anomale di metano in Italia sono state rilevate da una Ong statunitense, la Clear Air Task Force (Catf). Si tratta di “perdite” provenienti da 25 impianti di stoccaggio e distribuzione del gas in Lombardia, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata e Puglia.

Il metano (CH4) è un gas serra decine di volte più potente dell’anidride carbonica. Secondo l’agenzia ambientale Usa, l’Epa, costituisce il 16% dei gas climalteranti (la CO2 è il 76%, il protossido di azoto N2O il 6%, i gas fluorurati il 2%).

James Turitto, attivista della Ong, nei mesi scorsi è riuscito a documentare le emissioni con una speciale telecamera a raggi infrarossi, tarata per mostrare i gas, invisibili a occhio nudo. I video possono essere visti sul sito cutmethane.eu.

Il tema della perdita di metano è molto importante anche perché nei Paesi più avanzati non vengono effettuate misure sistematiche sulle perdite di questo gas nell’atmosfera. Gli unici dati arrivano direttamente dalle aziende del settore gas. Nei rari casi di campagne di misura mirate, le emissioni di metano risultano da 2 a 4 volte quelle in precedenza stimate.

Metano, un climalterante sottovalutato

Il metano, secondo l’agenzia ambientale Usa, costituisce il 16% dei gas climalteranti. La CO2 è il 76%, il protossido di azoto N2O il 6%, i gas fluorurati il 2%.
Il metano emesso in atmosfera deriva per il 32% dall’allevamento del bestiame, per il 23% dall’estrazione, lavorazione e trasporto di petrolio e gas, per il 20% dai rifiuti, per il 12% dall’estrazione del carbone e infine per l’8% dalla coltivazione del riso.

“Il metano viene talvolta considerato amico dell’ambiente, un’alternativa vantaggiosa al carbone – ha affermato all’Ansa Nicola Armaroli, ricercatore del Cnr di Bologna e membro della Accademia Nazionale delle Scienze. In realtà, prosegue Armaroli, le perdite di gas lungo la rete di trasporto e distribuzione, dalla Siberia fino ai fornelli di casa nostra, compromettono sostanzialmente il vantaggio in termini di minori emissioni di CO2. Ci sono perdite ovunque: dai pozzi ai gasdotti, dalle stazioni di compressione ai depositi di stoccaggio, fino alle reti cittadine. Sono letteralmente milioni di chilometri di condotte, spesso molto vecchie”.

Anche l’ultimo rapporto IPCC ha messo in evidenza il ruolo chiave del metano rispetto al riscaldamento globale e la necessità di un suo l’abbattimento per limitare il global warming. Rispetto alle precedenti valutazioni dell’IPCC, nel rapporto si dimostra che che mentre le emissioni di anidride carbonica, fino ad oggi, hanno causato un aumento della temperatura globale di 0,8°C, le emissioni di metano hanno causato un riscaldamento di 0,5°C.

La Ong Clean Air Task Force chiede da anni norme più severe sulle perdite di metano: questo gas ha un effetto sul clima 80 volte più potente dell’anidride carbonica, il principale gas serra. Le perdite di metano si verificano lungo tutta la catena di trasporto e distribuzione del gas: pozzi, serbatoi, stazioni di compressione, tubazioni, valvole, tubi di sfiato, reti cittadine.

Il metano inoltre ha una durata relativamente breve nell’atmosfera rispetto alla CO2: le reazioni chimiche naturali nell’atmosfera rimuovono l’inquinante dopo circa due decenni e non in migliaia di anni.

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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