I ghiacciai delle Dolomiti hanno superato il punto di non ritorno
Uno studio realizzato dall’Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dall’Università Ca’ Foscari Venezia svela che i nove piccoli ghiacciai ancora esistenti sulle Dolomiti si trovano ormai al di sotto della linea di equilibrio glaciale e nel giro di pochi decenni spariranno.

Nove piccole gemme incastonate tra le vette di uno dei luoghi più suggestivi del mondo. È ciò che rimane del patrimonio glaciologico delle Dolomiti: 9 piccoli ghiacciai il cui destino è irrimediabilmente segnato dal riscaldamento globale. Tutti hanno infatti superato il punto di non ritorno e presto non ci saranno più.
A rivelarlo è uno studio realizzato dall’Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dall’Università Ca’ Foscari Venezia, in collaborazione con il Comitato Glaciologico Italiano, la Società Meteorologica Alpino-Adriatica, l’ARPA Veneto, il Servizio Geologico di Danimarca e Groenlandia, l’Università Tecnica della Danimarca, l’Università Roma Tre e l’Università del Quèbec a Montreal. A guidare la preparazione del lavoro, pubblicato sulla rivista internazionale The Cryosphere , è stato Andrea Securo, dottorando presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Il declino dei ghiacciai delle Dolomiti: in 40 anni persi quasi 30 metri di spessore e il 60% della superficie
Alla fine degli anni ’50 le Dolomiti contavano 33 ghiacciai, oggi solo nove, o dodici se si considera la frammentazione della Marmolada in 4 corpi glaciali distinti. I ghiacciai superstiti sono ospitati dai massicci Popera, Cristallo, Sorapiss, Antelao, Marmolada, Travignolo e Fradusta (Pale di San Martino). Altri corpi glaciali si annidano tra le vette di altre montagne, ma non hanno i requisiti per essere classificati come ghiacciai: il movimento verso valle, cioè il trasferimento alle quote inferiori della massa accumulata nella parte più alta, ed una superficie superiore a due ettari (0,02 km2). Si tratta dunque di glacionevati, piccolissimi apparati privi di dinamica e spesso nascosti sotto una coltre di detriti rocciosi.
Con l’ausilio di immagini aeree storiche rielaborate con algoritmi moderni , immagini acquisite dai droni e rilievi LiDAR (uno strumento che rileva le lunghezze utilizzando impulsi laser) da elicottero, i ricercatori e le ricercatrici sono riusciti a ricostruire l’evoluzione dei nove ghiacciai dal 1980 al 2023.

E’ così emerso che in 40 anni i ghiacciai dolomitici hanno mediamente perso quasi 30 metri di spessore e il 60% della superficie, di cui un terzo dal 2010: uno spessore di circa 15 metri inferiore rispetto a quello perso dall’insieme dei ghiacciai delle Alpi, ma una superficie enorme. Le dimensioni molto contenute e la quota relativamente bassa dei ghiacciai dolomitici hanno infatti favorito soprattutto la riduzione dell’area. Oggi la superficie dei 9 ghiacciai superstiti è ormai inferiore a 2 km2, di cui circa 1,5 associati al solo ghiacciaio della Marmolada, nel 1980 era di 4 km2.

Il ghiacciaio che ha subito la riduzione maggiore è stato il ghiacciaio delle Pale di San Martino (ghiacciaio della Fradusta) , che ha visto una diminuzione di spessore medio di ben 50 metri ed una riduzione della superficie del 90%, seguito dal ghiacciaio della Marmolada, che ha perso 30 metri di spessore. Questi due ghiacciai sono infatti meno riparati degli altri dalla radiazione solare e dall’azione erosiva dei venti, e vengono scarsamente alimentati dalle valanghe durante l’inverno.

Grazie alle loro caratteristiche fortemente “dolomitiche”, i ghiacciai di Popera e del Cristallo hanno invece visto scomparire solo una ventina di metri di spessore in 40 anni. Si trovano infatti incuneati all’interno di stretti canaloni, all’ombra delle ripide pareti che li circondano, e vengono frequentemente raggiunti da valanghe durante l’inverno e da scariche di detriti durante l’estate.
Estati sempre più calde e sempre più lunghe hanno spinto i ghiacciai delle Dolomiti verso il punto di non ritorno
Stando ai dati elaborati dai ricercatori insieme ad ARPA Veneto, la regione dolomitica negli ultimi 40 anni ha visto un incremento della temperatura media di circa 2°C. Le precipitazioni nevose sono invece aumentate, ma solo in alta quota e con accumuli non sufficienti a compensare l’accentuazione della fusione dovuta ad estati sempre più lunghe e sempre più calde.
Così, i ghiacciai dolomitici superstiti oggi si ritrovano tutti al di sotto della quota di equilibrio glaciale, non sono cioè più in grado di conservare la neve che li ricopre e quindi non possono più costruire nuovo ghiaccio: l’inizio della fine di un ghiacciaio.
Purtroppo il triste destino delle nove gemme delle Dolomiti è ormai inevitabile: anche con condizioni climatiche stabilizzate sui valori medi del trentennio 1991-2020, nel giro di pochi decenni scompariranno.