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Le grotte: un patrimonio tanto fragile quanto insostituibile per lo studio dei cambiamenti climatici, della biodiversità e dell’uomo

Il 2021 è l’Anno Internazionale delle Grotte e del Carsismo, dedicato alla sensibilizzazione di pubblico e istituzioni sulla necessità urgente di tutelare un mondo altamente vulnerabile all’inquinamento, allo sfruttamento del suolo e alla cattiva gestione

Oscurità totale e silenzio, rotto solo dalla voce dell’acqua. E’ il mondo delle grotte, apparentemente isolato dal resto del Pianeta, dove il clima non cambia e il tempo sembra essersi fermato.

Cruciale per la nostra sopravvivenza grazie all’acqua e alle risorse minerarie che contiene, questo mondo è in realtà estremamente “vivo”: ospita una straordinaria e rara biodiversità,  custodisce un patrimonio insostituibile per la conoscenza dei cambiamenti climatici, è un vero e proprio laboratorio per lo studio dell’ambiente e dell’uomo, persino per la futura esplorazione dello spazio. Molte delle grotte scoperte dagli speleologi nell’ultimo secolo sono aperte al turismo, quindi supportano le economie locali.

Questo ambiente così unico e importante è però altamente vulnerabile all’inquinamento, allo sfruttamento eccessivo del suolo e alla cattiva gestione. Per la conservazione del suo delicato equilibrio necessita quindi di protezione. Per sensibilizzare le istituzioni e il pubblico di tutto il mondo sulla necessità urgente di studiare e tutelare le grotte e i paesaggi carsici, l’International Union of Speleology (UIS), con il supporto dell’UNESCO, lo scorso gennaio ha  inaugurato l’Anno Internazionale delle Grotte e del Carsismo, in collaborazione con la Società Speleologica Italiana e altri cento partner e organizzazioni internazionali, che nel corso del 2021 daranno vita a eventi, momenti ludici ed educativi, seminari e pubblicazioni sul tema “Esplorare, conoscere, proteggere” il mondo sotterraneo.

Approfondiamo dunque la conoscenza di questo straordinario mondo nascosto.

LE GROTTE: MILLENNI PER NASCERE (E UN GIORNO PER AMMALARSI)

Le grotte naturali possono avere diversa origine: possono formarsi in corrispondenza dei ghiacciai, ad opera dello scorrimento dell’acqua di fusione, oppure in aree vulcaniche per scorrimento della lava (tubi lavici),  o ancora per allargamento di fratture nella roccia (grotte tettoniche) o crolli, possono anche avere un’origine mista, ma la maggior parte origina dal fenomeno carsico.

In Italia le zone carsiche coprono circa il 28 % del territorio nazionale con quasi 40.000 grotte scoperte, esplorate e documentate dagli speleologi, e più del 50 % delle acque potabili  nazionali è di origine carsica. Diversi sistemi carsici superano i trecento metri di profondità, alcuni dei quali oltre un chilometro, e una ventina di grotte supera i 10 km di sviluppo. La cavità italiana più estesa e profonda è il complesso dell’Antro del Corchia, nelle Alpi Apuane.

Distribuzione delle aree (rosa) e delle sorgenti (blu) carsiche in Italia
Crediti Società Speleologica Italiana – SSI open document (www.speleo.it/site/index.php/open-document/).

Il carsismo è  associato ad una reazione chimica molto semplice: l’acqua in presenza di anidride carbonica (CO2)  diventa acida e più aggressiva, riuscendo a corrodere le rocce carbonatiche (calcari e dolomie). In tempi molto lunghi (da decine di migliaia a milioni di anni ) ciò può portare alla  formazione di cavità superficiali (ad esempio doline e pozzi) o sotterranee (grotte e abissi), alla creazione di un reticolo sotterraneo di corsi d’acqua, alcuni con portata rilevante, e ad un particolare modellamento delle rocce affioranti, che concorre a  rendere il paesaggio carsico davvero singolare.

Altopiano del Monte Canin, Udine (foto G. Benedetti)
Crediti Società Speleologica Italiana – SSI open document (www.speleo.it/site/index.php/open-document/).

Il fenomeno carsico non riguarda solo l’attività corrosiva a carico dei carbonati, ma anche di altre rocce solubilizzabili, come gessi, salgemma e quarzite.

La quantità di roccia che viene “sciolta” in un determinato periodo di tempo dipende da diversi fattori, tra i quali la copertura vegetale e il clima. La CO2, presente nell’atmosfera, è infatti più solubile in acque fredde, che sono quindi più aggressive di quelle calde,  ma nei climi caldi ed umidi  la produzione di CO2 derivante dalla decomposizione dei residui organici vegetali è notevole, ed è per questo motivo che, pur essendo le acque più calde, queste condizioni favoriscono  un più marcato fenomeno carsico.

E’ stato stimato che per quantitativi di pioggia annui di 1000-1500 mm, il fenomeno carsico sia in grado di asportare un metro di spessore da un massiccio carbonatico alpino in diecimila anni.

Oltre ai processi chimici di corrosione, indispensabili per innescare la formazione dei primi condotti sotterranei, nella formazione delle grotte carsiche giocano un ruolo importante anche l’erosione, complice lo scorrimento dell’acqua, e i crolli, che favoriscono la formazione delle sale più grandi.

Quando le acque affiorano all’interno di una cavità sotterranea, possono divenire sovrasature e rilasciare il loro contenuto di sali minerali sottoforma di deposito chimico di grotta: le concrezioni. A seconda del moto dell’acqua che le genera, le concrezioni, che rendono spettacolari le grotte,  assumono forme e nomi diversi. Le più comuni sono associate al gocciolamento dell’acqua, per caduta (stalattiti , tubolari, vele) e per impatto (stalagmiti, conuliti, cerchi), ma vi sono anche concrezioni associate a scorrimento (colonne), sommersione (cave clouds), capillarità, evaporazione e condensazione.

Stalattite
Foto Pixabay by Carlos2016

LE GROTTE: MERAVIGLIOSE CUSTODI DELLA MEMORIA DEL CLIMA E DELL’AMBIENTE

La memoria delle condizioni climatiche e ambientali passate è custodita in più di un archivio naturale, come gli alberi, il ghiaccio, i depositi lacustri, i sedimenti marini. Ma fra tutti gli archivi naturali, le grotte carsiche rappresentano un esempio tanto unico quanto straordinario: sono infatti una sorta di scatola geologica in grado di preservare inalterati per migliaia di anni sia depositi di origine interna, sia materiali organici ed inorganici di provenienza esterna,  trasportati dall’acqua o portati dalle correnti d’aria. Durante l’accrescimento, le concrezioni inglobano “impurezze” come minerali e frammenti di roccia, polvere, materiale organico, spore e pollini, e anche piccole bolle contenenti liquidi o gas (inclusioni fluide). Per gli studi paleoclimatici i pollini e le inclusioni fluide sono particolarmente importanti.

Alcuni studi hanno stabilito che le stalagmiti e le stalattiti sono in grado di registrare i cambiamenti climatici ed ambientali degli ultimi 500000 anni con  dettaglio temporale anche inferiore all’anno, tanto che sono considerate tra i più importanti archivi naturali per lo studio dell’evoluzione climatica recente.

Come spiegato dal professor Adriano Mazzarella, del Dipartimento di  Scienze della Terra dell’Università di Napoli Federico II, “la crescita delle stalattiti e stalagmiti (detti speleotemi) avviene per stratificazioni successive della calcite la cui concentrazione è controllata direttamente dalla pioggia che penetra all’interno della grotta e dalla temperatura dell’aria esterna: le piogge autunnali portano in grotta molecole organiche e gli inverni lunghi e freddi non permettono ai microorganismi di frammentare la materia organica che per questo motivo conferisce alla calcite un colore più scuro. L’analisi della successione dei livelletti chiari e scuri, specie sulle stalagmiti, e l’utilizzo di metodi di decadimento radioattivo permettono di ricostruire il clima del passato con risultati più precisi di quelli ottenuti dall’analisi degli anelli degli alberi e delle goccioline d’aria intrappolate all’interno delle carote di ghiaccio. Dagli speleotemi sparsi un po’ in tutto il mondo è stato possibile verificare l’alternanza di climi nell’arco di secoli: molto siccitoso nei periodi risalenti al nostro Alto Medio Evo e alla civiltà Maya in America Centrale, decisamente freddo nel periodo tra il 1645 e 1715 (noto come Minimo di Maunder) e con un elevato contenuto di solfato negli anni in cui avvennero grandi esplosioni vulcaniche.”

LE GROTTE: MERAVIGLIOSE CUSTODI DI BIODIVERSITÀ

Non solo pipistrelli, ma anche una biodiversità animale altamente specializzata e adattata a vivere in un ambiente completamente buio,  con umidità relativa prossima al 100 %, temperatura costante (pari alla media annua dell’ambiente esterno) e scarsità di cibo. La mancanza di luce non è infatti compatibile con la presenza di vegetazione: se all’imboccatura della grotta sono presenti diverse piante fanerogame, man mano che si procede verso l’interno e l’intensità luminosa diminuisce, si incontrano dapprima muschi e felci, poi solo alcune alghe e i funghi, che aprono il sipario sul regno dell’oscurità totale, dove vivono solo gli animali predatori e i detritivori (organismi che si nutrono di sostanze in decomposizione).


Foto Unsplash by Dave Hoefler

La  vita di questi organismi dipende prevalentemente dalle sostanze organiche  provenienti dall’esterno,  come piccoli invertebrati, spore, pollini, carcasse, detriti vegetali e animali, trascinati dall’acqua o trasportati dalle correnti d’aria. Anche il guano dei pipistrelli riveste un ruolo importante nella catena alimentale dell’ambiente di grotta.

Gli animali che nascono, si riproducono e muoiono solo all’interno delle grotte sono chiamati troglobi. Si tratta  di animali che mostrano gli adattamenti più spinti alla vita cavernicola: hanno un metabolismo ridotto, spesso sono depigmentati, ciechi o con organi visivi rudimentali, ma con arti, appendici e setole allungate per potenziare il loro ruolo tattile, si riproducono tutto l’anno e depongono poche ma grandi uova, alcuni da adulti conservano caratteristiche tipiche delle forme larvali. Oltre ad una moltitudine di invertebrati, tra vermi piatti, molluschi, crostacei, pseudoscorpioni, ragni, insetti, tra i quali molti coleotteri,  e tanti altri animali meno noti, nelle grotte carsiche vive il proteo (Proteus anguinus), unico vertebrato europeo troglobo delle cavità inondate. Questa straordinaria creatura è un anfibio urodelo (cioè con la coda, come la salamandra), endemico delle acque sotterranee che scorrono nell’altopiano carsico e nelle Alpi Dinariche, in particolare nella Slovenia meridionale, nella Venezia Giulia italiana, nella Croazia occidentale e nella Bosnia-Erzegovina.

Il proteo (Proteus anguinus)
Foto www.postojnska-jama.eu (Grotte di Postumia)

Bianco, quasi privo di occhi,  ma dotato di un olfatto molto sviluppato, si nutre di piccoli crostacei. Da adulto raggiunge i 30 cm di lunghezza e conserva  caratteri giovanili, come le branchie esterne. Questa sorta di Peter Pan delle grotte è noto per la sua longevità, che può superare i venti anni.

Gli animali che riescono a vivere anche all’esterno della grotta, pur preferendo gli ambienti sotterranei ai quali sono adattati morfologicamente e fisiologicamente, sono chiamati eutroglofili, tra di essi alcuni ragni e le cavallette cavernicole. Gli animali che invece abitano le grotte solo per alcuni periodi dell’anno o del giorno e non hanno adattamenti specifici per questo ambiente vengono detti subtroglofili e i rappresentanti più famosi di questa categoria sono i pipistrelli. I troglosseni sono invece gli ospiti occasionali delle grotte, quali alcuni pesci, come la trota,  rane, salamandre, gufi, allocchi, il ghiro, la volpe, il tasso e tanti altri animali comuni.

Allocco degli Urali
Foto Pixabay by Moonzigg

LE GROTTE: LABORATORI SPECIALI PER LO STUDIO DELL’UOMO

L’ambiente sotterraneo, così isolato e alieno per chi come noi vive in superficie, è stato ed e’ tutt’ora luogo di esperimenti volti allo studio dell’adattamento dell’uomo ai ritmi della natura, ai fattori ambientali e agli aspetti psicologici legati alle interazioni sociali.

A partire dal 1986, lo speleologo e sociologo Maurizio Montalbini  ha trascorso in solitudine diversi  lunghissimi periodi  di confinamento spazio-temporale nell’oscurità della grotta di Nerone, a Piobbico (Pesaro), o nelle grotte di Frasassi (Ancona) o ancora, con la sua ultima impresa, all’interno della Grotta Fredda di Acquasanta (Ascoli Piceno), totalizzando circa quattro anni di isolamento in un ventennio.

In base alla sua esperienza e a quella di altre persone, come Stefania Follini e Cristina Lanzoni intorno agli anni ’90, si è potuto studiare l’orologio biologico che regola i cicli umani indipendentemente dai fattori ambientali e sociali. In assenza di riferimenti spazio-temporali, il fisico e la mente si riorganizzano infatti seguendo questo “regolatore” e il ciclo sonno/veglia tende a dilatarsi, con giornate che durano ben più di ventiquattro ore. Ad esempio, le giornate di Lanzoni duravano in media cinquantasei ore reali, quelle di Follini vedevano circa venticinque ore di veglia e dieci di sonno. Inoltre, l’isolamento prolungato in un ambiente naturale come una grotta se da un lato sembra ridurre i sintomi di stress e depressione, dall’altro induce l’abbassamento delle difese immunitarie.

Il 15 marzo 2021, Christian Clot, esploratore francese e fondatore dell’Human Adaptation Institute, ha iniziato un periodo di isolamento di quaranta giorni nella grotta di Lombrives, in Francia, in compagnia di quattordici assistenti volontari.

Christian Clot e la sua squadra all’ingresso della grotta di Lombrives
Foto twitter.com (@ChristianClot)

Anche in questo caso l’obiettivo dell’esperimento in grotta è capire come il corpo umano e il cervello si adattano all’isolamento forzato e prolungato. “In un contesto estremo, con un nuovo stile di vita, ovviamente non sappiamo come reagiremo, come il nostro cervello e il nostro corpo risponderanno ai cambiamenti”, ha affermato Christian Clot,. “Si tratta di partecipare a un progetto che va oltre il mio mondo, il mio immaginario, una sfida vera. Non so se questo potrà aiutare le future missioni spaziali o lunari; comunque vada sarà qualcosa di emozionante”, ha aggiunto François Mattens, uno dei volontari.

LE GROTTE, LUOGHI DI ATTRAZIONE TURISTICA

La presenza dell’uomo nelle grotte non è solo legata al mondo dell’esplorazione e della ricerca. La straordinaria bellezza di alcune cavità naturali, a volte unita all’importanza archeologica, fanno di questi luoghi una meta turistica molto ambita.

Ogni anno circa 150 milioni di turisti visitano le centinaia di grotte aperte al pubblico nel mondo (più di due milioni in Italia), fornendo un supporto vitale a molte economie nazionali, e una buona parte di queste cavità si trova in novanta siti riconosciuti Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO e in settanta geoparchi naturali.

Fra le diverse grotte turistiche italiane, quelle più note sono la Grotta di Castellana in Puglia, la Grotta di Frasassi nelle Marche e la Grotta Gigante in Friuli-Venezia Giulia, che rientrano nella lista delle dieci più belle grotte del nostro Paese, stilata dal  Touring Club.

LE GROTTE: VULNERABILITA’, TUTELA E INIZIATIVE

Il turismo, se da un lato porta vantaggi economici per l’area interessata, dall’altro può contribuire al deterioramento delle cavità naturali. La contaminazione con materiale proveniente dall’esterno, i danni fisici alle concrezioni e il calpestio, l’illuminazione artificiale e la sola presenza dell’uomo, possono infatti compromettere, a volte in modo irreversibile, il delicato equilibrio dell’ambiente sotterraneo, andando per esempio ad interferire con il suo clima che, come abbiamo visto, è caratterizzato da temperatura costante tutto l’anno e umidità relativa sempre fra 95 % e 100 %.

Naturalmente, la frequentazione umana non è la sola causa del degrado delle cavità naturali. Fattori molto importanti, che mettono a serio rischio l’integrità della delicata comunità animale che vive nelle grotte, ma anche la salute dell’uomo, sono l’inquinamento e la contaminazione delle acque, causati dagli scarichi civili, dalle attività industriali, agricole e zootecniche, ai quali questo ambiente è estremamente vulnerabile.  A causa della loro capacità di drenare, accogliere e distribuire molto rapidamente l’acqua, gli acquiferi carsici hanno infatti una scarsissima capacità  sia di contrastare la diffusione degli inquinanti, sia di auto depurarsi.

A volte le grotte vengono anche utilizzate come vere e proprie discariche abusive per lo smaltimento di materiali di ogni genere, dai rifiuti solidi urbani ai rifiuti industriali e agroalimentari, ai materiali inerti.

Pozzo presso Gabrovizza (Trieste)
Foto www.studicarsici.it

La protezione delle grotte e della biodiversità che ospitano richiede che siano incluse nelle leggi di conservazione ambientale della Comunità Europea (rete Natura 2000). Se le grotte sono classificate come siti di interesse comunitario (sono escluse le grotte turistiche) o le specie che vi abitano rientrano negli allegati della direttiva Habitat di rete Natura 2000 come specie di interesse comunitario (specie endemiche o a rischio), la grotta e i suoi abitanti vengono considerati ecosistemi protetti.

Il Progetto Bioitaly, finanziato dall’UE e avviato dal Ministero dell’Ambiente, in collaborazione con l’Enea, la Società Botanica Italiana, l’Unione Zoologica Italiana e la Società Italiana di Ecologia, è il programma italiano di adesione alla direttiva Habitat. Il Ministero ha stipulato con tutte le regioni specifici contratti i cui compiti consistono nell’individuazione sul territorio di competenza dei siti che contengono habitat e specie degli allegati I e II della direttiva, nella compilazione delle schede standard europee di Natura 2000 e nell’identificazione di siti ritenuti di importanza nazionale o regionale.

Siti Rete Natura 2000: grotte non aperte al pubblico (verde) e grotte marine sommerse e semisommerse (blu)
Natura 2000 Network Viewer (https://natura2000.eea.europa.eu/)

Tra le specie protette che frequentano le nostre grotte rientrano tutti i pipistrelli, i geotritoni  ed il proteo, uno dei tre anfibi italiani indicati come prioritari per la conservazione nell’allegato II della direttiva Habitat (gli altri due sono la salamandra di Aurora, endemica delle Prealpi orientali, e il pelobate fosco, rospo presente nel Norditalia, in forte declino). Le grotte ove siano presenti questi vertebrati possono quindi essere proposte come siti da tutelare ai sensi della direttiva della Comunità Europea.

Le campagne di bonifica e sensibilizzazione per la tutela delle grotte non mancano.

Puliamo il Buio è un’iniziativa annuale legata a Puliamo il Mondo, l’edizione italiana di Clean-up the World, il più grande evento di volontariato ambientale del mondo, organizzato in Italia da Legambiente.

Promossa e coordinata dalla Società Speleologica Italiana (SSI) su tutto il territorio nazionale, Puliamo il Buio ha l’obiettivo di ripulire le discariche abusive sotterranee, documentarle e, segnalarle alle autorità locali affinché possano avviare opere di bonifica vera e propria e, infine, sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della tutela degli ambienti ipogei. Le giornate dedicate a “Puliamo il Buio”, che vedono l’impegno di centinaia di speleologi, associazioni (come il Clup Alpino Italiano), aziende, autorità locali e volontari, contribuiscono anche all’aggiornamento del censimento (avviato nel 2005) delle cavità a rischio ambientale, cioè di quelle cavità nelle quali è verificata la presenza di sostanze o situazioni che possono alterare e inquinare le acque sotterranee degli ambienti carsici.

“Esplorare, conoscere e proteggere“ è invece il tema conduttore delle iniziative in programma in occasione dell’Anno Internazionale delle Grotte e del Carsismo, il 2021,  i cui obiettivi sono elencati  sul sito ufficiale: promuovere l’importanza delle Grotte e del Carsismo attraverso lo sviluppo sostenibile, in particolare in termini di qualità e quantità dell’acqua, agricoltura, geoturismo / ecoturismo e patrimonio naturale / culturale ,dimostrare come lo studio e la corretta gestione delle grotte e del carsismo siano fondamentali a livello economico e ambientale globale, costruire capacità educative mondiali attraverso attività mirate alla scienza delle grotte e del carsismo, promuovere la consapevolezza della natura interdisciplinare della scienza e della gestione delle grotte e del carsismo, e sottolineare come le interazioni tra le diverse aree di competenza della scienza e della gestione saranno sempre più necessarie  per  ricerca, istruzione e protezione ambientale future, stabilire partnership durature per garantire che queste attività, obiettivi e risultati continueranno in futuro oltre l’Anno Internazionale delle Grotte e del Carsismo”.

…ora più che mai è fondamentale orientare i nostri sforzi anche alla divulgazione, per rendere i cittadini consapevoli che la tutela di questi ambienti dipende anche e soprattutto dalle scelte di ognuno. Non è semplice, visto che questi luoghi ed ecosistemi sono per lo più nascosti e quindi percepiti come lontani e disconnessi dalla nostra quotidianità, eppure non lo sono affatto, e non serve essere speleologi o scienziati per proteggerli, tutti possono fare la loro parte attraverso piccoli gesti quotidiani che si traducano in uno stile di vita sostenibile, evitando di prendere dall’ambiente più di quanto sia strettamente necessario e di danneggiarlo irreparabilmente.

 2021 Anno Internazionale delle Grotte e del Carsismo Prof. Mario Parise, Docente di Geologia Applicata all’Università Aldo Moro di Bari, speleologo e vice presidente della Società Speleologica Italiana

Laura Bertolani

Laureata in Scienze Naturali, nel 1997 è entrata a far parte del team di meteorologi di Meteo Expert. Fino al 2012, all’attività operativa ha affiancato attività di ricerca, occupandosi dell’analisi della performance dei modelli di previsione. Attualmente si dedica a quest’ultima attività, ampliata implementando un metodo di valutazione dell’abilità dei modelli a prevedere dodici configurazioni della circolazione atmosferica sull’Italia, identificate per mezzo di una rete neurale artificiale.

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