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Oro blu, si infiamma la crisi dell’acqua in Iran

L’Iran sta reagendo duramente contro le proteste in atto per la mancanza d’acqua, una crisi idrica che sta riguardando il 97% del Paese.

Centinaia di agricoltori, a cui si sono poi unite decine di migliaia di persone, hanno protestato per la mancanza di acqua nel fiume Zayanderoud e per chiedere di ripristinare il flusso del corso d’acqua, senza cui tutto il loro lavoro andrà perso.

«Non abbiamo più niente nelle nostre terre e non abbiamo più viveri. Stiamo solo chiedendo di rispettare il nostro diritto all’acqua», ha commentato un contadino al New York Times.

Il governo ha tollerato le proteste nate nella città di Isfahan per 2 settimane, ma quando le contestazioni si sono estese anche ad altre città, ha deciso di intervenire duramente sui manifestanti. Negli ultimi giorni i ristoranti offrivano pasti gratuiti ai contestatori e addirittura la televisione di Stato ha intervistato alcuni di loro, degli agricoltori che hanno esposto problematiche e critiche.

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I campi coltivati evidenziati in verde lungo le sponde del fiume Zayanderoud, a sud-est della città di Isfahan

Il governo ha deciso quindi di intervenire mandando forze armate con bastoni, scudi e armi da fuoco intorno alle 4 del mattino, mentre i manifestanti stavano riposando. Ai manifestanti sono stati concessi appena 10 minuti per evacuare le zone occupate. In breve però la situazione è degenerata: le forze armate hanno dato fuoco alle tende, sparando in aria e lanciando gas lacrimogeni. Bloccato anche internet. Molti sono stati feriti, ma non si sa se negli scontri ci sono stati morti.

Proteste per il diritto all’acqua anche a luglio

A luglio 2021, mentre il termometro sfondava la soglia dei 50 gradi, gli abitanti della città di Ahvaz sono stati lasciati senza acqua in diverse occasioni.

Le proteste nate per la scarsità d’acqua già a luglio avevano innescato una dura risposta delle forze armate nella provincia di Khuzestan. Qui si trovano l’80% dei campi petroliferi della nazione e il 60% delle riserve di gas naturale. Ma la popolazione locale non gode dei vantaggi di questa “ricchezza”, anzi, ne subisce gli effetti, dall’inquinamento alla distruzione dei campi coltivati, fino alla mancanza di acqua che sta devastando i campi coltivati e mettendo in grande difficolta gli allevamenti.

In altre città, comprese Tehran, Isfahan, Tabriz, Bojnourd e Saghez, sono partite proteste di solidarietà nei confronti di questa regione, ma il governo ha sempre usato il pugno di ferro. 

Perché c’è crisi d’acqua in Iran?

In Iran il problema dell’acqua sta diventando insostenibile, soprattutto perché causato da anni di cattiva gestione. Nel caso della città di Isfahan la mancanza di acqua è dovuta al fatto che il governo ha deviato il flusso, togliendolo all’agricoltura per darlo, tramite tubature sotterranee alle industrie del deserto della provincia di Yazd, e per portare acqua potabile alla città di Qom.

Inoltre, secondo l’Organizzazione Meteorologica Iraniana il 97% del territorio iraniano sta soffrendo di siccità. Nel mese di maggio 2021 l’ex ministro dell’energia aveva avvisato del fatto che il Paese stesse affrontando l’estate più secca degli ultimi 50 anni, con temperature vicine ai 50 gradi, e che questo avrebbe provocato interruzioni di energia e scarsità d’acqua.

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Stress idrico 1960-2014. Mappa waterpeacesecurity.org/

Tra settembre 2020 e luglio 2021, secondo i dati del Ministero dell’Energia, le piogge sono state particolarmente scarse in molte zone del Paese rispetto all’anno precedente.

E con la crisi climatica il rischio di siccità prolungata, mancanza di piogge e ondate di caldo anomale diventeranno sempre più la normalità. Le centrali idroelettriche non saranno più in grado di coprire la crescente domanda di energia, favorita anche dal maggiore uso di aria condizionata e dalle miniere di cryptovalute, ora bandite per alcuni mesi per aver creato alcune interruzioni di elettricità utilizzando fino a 2 GW di energia al giorno.

L’estrema siccità che sta affrontando l’Iran ha contribuito a ridurre il livello dell’acqua delle dighe del 20% nell’ultimo anno1. Particolarmente colpita è la provincia di Khuzestan. Il fiume più grande del Paese, il fiume Karun, così come altri corsi d’acqua, sono quasi a secco. Anche le riserve nel sottosuolo stanno diminuendo. Le zone paludose, inoltre, sono state prosciugate per realizzare pozzi petroliferi, togliendo dall’equazione la loro importante funzione di regolazione, inoltre con conseguenze sull’ambiente e sull’ecosistema.

In guerra per l’oro blu: una risorsa preziosa e un diritto umano sempre più a rischio

Secondo l’ultimo rapporto dell’ONU sullo sviluppo delle risorse idriche negli ultimi vent’anni inondazioni e siccità hanno causato oltre 166.000 morti, colpito altri 3 miliardi di persone e causato un danno economico di quasi 700 miliardi di dollari. Tra tutti i disastri naturali registrati, la siccità ha rappresentato il 5% del totale, colpendo 1,1 miliardi di persone, uccidendone 22.000 e causando danni per 100 miliardi di dollari nel ventennio 1995-2015.

Più di 2 miliardi di persone vivono in zone affette da stress idrico e almeno per un mese ogni anno 3,6 milioni soffrono per la mancanza di un accesso adeguato all’acqua. Il numero e la durata degli episodi di siccità è aumentata del 29% rispetto al 2000, mentre il numero di disastri naturali legati ad alluvioni è aumentato del 134%2.

Le regioni con maggiore stress idrico nel 2018 sono state il Nord Africa (109% di stress idrico), l’Asia Centrale (80%), meridionale (78%) e occidentale (60%). La mancanza o scarsità dell’oro blu è alla base di un aumento dei conflitti legati allo sfruttamento delle risorse idriche. Non si tratta di una prospettiva futura, ma di un effetto già in corso. Secondo il Water Peace Security, nell’arco dei prossimi mesi potrebbero aumentare i conflitti nel sud-ovest dell’Iran, lungo il confine con l’Iraq, e nel sud-est del Paese, lungo i confini di Afghanistan e Pakistan.

Conflitti per l’acqua. Mappa waterpeacesecurity.org/

 

  1. Water storage in Iranian dams declines 20%. Tehran Times
  2. 2021 State of Climate Services (WMO-No. 1278)

Silvia Turci

Ho conseguito una laurea specialistica in Comunicazione per l’Impresa, i media e le organizzazioni complesse all’Università Cattolica di Milano. Il mio percorso accademico si basa però sullo studio approfondito delle lingue straniere, nello specifico del francese, inglese e russo, culminato con una laurea triennale in Esperto linguistico d’Impresa. Sono arrivata a Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995) nel 2014 e da allora sono entrata in contatto con la meteorologia e le scienze del clima: una continua scoperta che mi ha fatto appassionare ogni giorno di più al mio lavoro.

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