Tecnologia e innovazioneTemperature

Temperature estreme prevedibili fino a due anni prima: lo studio del CMCC apre nuove frontiere per la pianificazione climatica

Un nuovo studio dimostra che ondate di calore e di freddo possono essere anticipate con un’accuratezza senza precedenti, colmando il vuoto tra previsioni stagionali e decadali

Prevedere le temperature estreme non è più solo una questione di settimane o mesi. Un nuovo studio del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) mostra che è possibile stimare variazioni nella frequenza di ondate di calore e di freddo fino a due anni in anticipo, aprendo la strada a un nuovo livello di pianificazione per governi, enti locali e settori chiave come agricoltura, energia, infrastrutture e salute pubblica.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Environmental Research Letters e condotta in collaborazione con il National Center for Atmospheric Research (NCAR), utilizza il sistema di previsione Community Earth System Model’s Seasonal-to-Multiyear Large Ensemble. È la prima valutazione globale completa della prevedibilità degli estremi di temperatura su scala multi-annuale.

«Questo studio contribuisce a colmare una lacuna nella letteratura esaminando la prevedibilità degli estremi di temperatura oltre le usuali scale temporali stagionali», spiega Eirini Tsartsali, ricercatrice del CMCC e autrice principale. «Le previsioni su queste scale multi-annuali sono altamente rilevanti, perché forniscono informazioni tra previsioni stagionali e decadali che possono supportare processi decisionali e di pianificazione in vari settori socioeconomici».

Fino a 20 mesi di vantaggio in alcune regioni

L’analisi mostra che l’abilità predittiva diminuisce con l’aumentare del tempo di previsione, ma rimane significativa fino a 20 mesi in anticipo in diverse aree del pianeta. Tra le regioni più “prevedibili” figurano America centrale e settentrionale, Africa settentrionale e meridionale, Penisola Arabica, Sud-Est asiatico, Indonesia e Australia.

Nei tropici, in particolare, la capacità di anticipare variazioni negli estremi termici si mantiene stabile per tutto il periodo di due anni.

Non solo forzanti esterni

Un risultato di particolare rilievo riguarda le molteplici fonti di prevedibilità. Pur riconoscendo che le forzanti climatiche esterne (come l’aumento dei gas serra) dominano le tendenze globali, lo studio mostra che anche la variabilità interna del clima contribuisce alla capacità predittiva.

Quando il segnale forzato esternamente viene rimosso, permangono capacità di previsione consistenti, soprattutto in America centrale e settentrionale, Sud-Est asiatico e Africa, con abilità che si estendono fino alla quarta stagione di previsione, in particolare durante la primavera e l’inverno boreale.

Un ruolo di primo piano lo gioca il fenomeno El Niño–Southern Oscillation (ENSO), ma non è l’unico fattore in gioco.

«Questa ricerca affronta l’importanza di fornire informazioni climatiche utili sugli estremi all’orizzonte di previsione multi-annuale, colmando così il divario tra previsioni stagionali e decadali», sottolinea Panos Athanasiadis, ricercatore del CMCC e co-autore dello studio. «Si tratta di un bisogno emergente identificato dalla crescente comunità di utenti finali».

Un progresso per l’adattamento e la gestione del rischio

Le implicazioni sono notevoli. Previsioni più accurate delle temperature estreme su orizzonti di uno o due anni possono migliorare la pianificazione in numerosi settori: dalla gestione delle risorse idriche alla sicurezza energetica, dalla protezione delle colture alle strategie sanitarie.

La possibilità di prepararsi in anticipo a ondate di calore o di freddo offre vantaggi concreti per l’adattamento ai cambiamenti climatici, dando alle autorità un tempo di reazione più ampio per attuare misure di prevenzione e mitigazione.

Il CMCC, che ha coordinato il progetto e sviluppato la metodologia insieme a Steve Yeager di NCAR, sottolinea come la capacità di distinguere tra forzante esterna e variabilità interna migliori la fiducia nelle previsioni e la loro utilità pratica.

In un contesto globale in cui è sempre più frequente la necessità di affrontare temperature estreme, questa ricerca segna un passo avanti decisivo verso un approccio più proattivo e scientificamente solido nella gestione del rischio climatico.


NOTE: questo articolo è stato generato con il supporto dell’intelligenza artificiale.

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

Articoli correlati

Back to top button