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Il clima cambia i sapori: l’aumento delle temperature sta modificando il gusto del cibo

Quando si parla di cambiamento climatico si pensa subito allo scioglimento dei ghiacci, agli eventi meteo estremi, alla siccità o all’innalzamento dei mari. Ma uno degli effetti più sorprendenti e quotidiani è molto più vicino a noi: sta cambiando il gusto del cibo.

Le temperature più alte, i periodi di siccità, le piogge improvvise e i cambiamenti nei cicli stagionali non stanno solo modificando i raccolti in termini di quantità, ma anche in termini di qualità. E il primo aspetto che il nostro corpo registra è il sapore: la dolcezza di una fragola, l’acidità di un pomodoro, il profumo di una mela, l’aroma di un calice di vino.

Uno studio giapponese condotto su alcune delle varietà di mele più diffuse, come la Fuji e la Tsugaru, ha osservato in 40 anni un cambiamento netto nel gusto: le mele sono diventate più dolci, ma meno croccanti e meno acide. Questo perché, con l’aumento delle temperature l’accumulo di zuccheri avviene più in fretta, ma la maturazione chimica del frutto non segue allo stesso ritmo, alterando il bilanciamento tra zuccheri, acidità e
consistenza.
La stessa cosa accade a molti altri frutti e ortaggi; le fragole coltivate in climi più caldi tendono a perdere parte del loro profumo caratteristico. I pomodori sottoposti a stress da calore prolungato e a irrigazione irregolare mostrano una riduzione della concentrazione di composti aromatici responsabili del loro sapore tipico. Anche la lattuga, quando esposta a temperature elevate, può diventare più amara e meno tenera, con un contenuto ridotto di nutrienti essenziali.

Un altro caso molto significativo riguarda il vino, un prodotto profondamente legato al clima, alla terra e al tempo. L’aumento delle temperature globali ha portato a un anticipo della vendemmia in molte zone vinicole, con una maturazione dell’uva più rapida e, di conseguenza, un contenuto zuccherino maggiore. Questo significa vini più alcolici, meno acidi e con aromi diversi da quelli a cui eravamo abituati. Secondo un rapporto dell’OIV
(Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino), negli ultimi 50 anni la data media della vendemmia in Francia si è spostata in avanti di circa due settimane. Alcuni produttori di Bordeaux stanno addirittura introducendo nuove varietà di uva più resistenti al calore, cosa che fino a pochi anni fa sarebbe stata impensabile in un’area vinicola così regolamentata.

Anche la birra non è esente da questi effetti, il luppolo, fondamentale per dare aroma e amarezza, è molto sensibile allo stress idrico e termico. In Germania, negli ultimi anni, le rese dei raccolti sono diminuite a causa delle estati più calde e secche, e la qualità è stata spesso compromessa. Uno studio condotto dal European Hops Institute ha rilevato che tra il 2006 e il 2019, le concentrazioni medie di alfa-acidi (i composti che danno alla birra
la sua tipica amarezza) sono diminuite in alcune regioni fino al 25%. Il caffè, amato da milioni di persone ogni giorno, è un altro esempio critico; la pianta del caffè Arabica, la più pregiata, è particolarmente vulnerabile alle alte temperature. Secondo un report del World Coffee Research, entro il 2050 oltre il 50% delle terre oggi adatte alla coltivazione di caffè potrebbe diventare inadeguato, costringendo i produttori a spostarsi in altitudine o a cambiare varietà, con impatti non solo sul gusto ma anche sulla disponibilità e sul prezzo del prodotto.

Oltre al gusto, il cambiamento climatico influisce anche sul valore nutrizionale degli alimenti. Alcuni studi indicano che, con l’aumento della CO₂ atmosferica, le piante tendono a produrre più zuccheri e amidi, ma meno proteine, ferro e zinco. Questo può avere conseguenze significative soprattutto nei paesi dove l’alimentazione dipende in gran parte da pochi alimenti vegetali. Un lavoro pubblicato su Nature Climate Change ha stimato
che entro il 2050 più di 150 milioni di persone potrebbero essere esposte a carenze nutrizionali proprio a causa del cambiamento climatico.

Tutti questi dati ci dicono che il clima non sta modificando solo i paesaggi o i calendari agricoli, ma anche qualcosa di più profondo: il nostro rapporto quotidiano con il cibo. Quello che mangiamo, come lo gustiamo, e perfino le ricette tramandate di generazione in generazione potrebbero cambiare.
Per rispondere a queste sfide, molte aziende agricole stanno sperimentando nuove tecniche: agricoltura rigenerativa, coltivazioni in quota, varietà resistenti al caldo, serre idroponiche, e perfino sensori climatici per monitorare in tempo reale i cambiamenti nei campi.

 

Redatto da Martina Hamdy

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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