Clima

Un altro fallimento globale: la COP16 sulla siccità si chiude senza un accordo

Continuare a fallire non è un’opzione: il tempo per agire si sta esaurendo, e con esso la possibilità di garantire un futuro vivibile per le prossime generazioni.

Si è conclusa a Riyadh la sedicesima Conferenza delle Parti (COP16) dedicata alla lotta contro la siccità, lasciando dietro di sé un amaro senso di delusione. Nonostante l’urgenza di affrontare una crisi che colpisce centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, i negoziati si sono arenati su questioni politiche e finanziarie, senza produrre un piano concreto per contrastare uno dei più gravi effetti del cambiamento climatico.

La siccità, aggravata dal riscaldamento globale, minaccia intere comunità in Africa, Asia e America Latina, compromettendo l’accesso all’acqua e la sicurezza alimentare. Eppure, la COP16  non è riuscita a trovare un punto d’incontro su questioni fondamentali come il finanziamento delle misure di adattamento e il supporto ai Paesi più vulnerabili.

Un fallimento che segue una serie di battute d’arresto

Il mancato accordo della COP16 si inserisce in una sequenza preoccupante di fallimenti nei colloqui internazionali legati alla crisi climatica. A novembre, i negoziati sulla biodiversità in Colombia hanno lasciato irrisolte le questioni chiave sulla protezione degli ecosistemi, mentre il vertice sull’inquinamento da plastica in Corea del Sud si è concluso senza un trattato vincolante per ridurre la produzione di rifiuti plastici, che continuano a devastare gli oceani e la fauna marina. Questi insuccessi rivelano un’incapacità collettiva di affrontare problemi globali che richiederebbero invece una risposta coordinata e determinata. Ogni conferenza che si chiude senza risultati concreti rappresenta un ulteriore passo indietro nella lotta contro la crisi ambientale.

Le divisioni politiche al centro del problema

A Riyadh, le divisioni tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo sono state ancora una volta protagoniste. I primi spingono per impegni più ambiziosi da parte di tutti, mentre i secondi richiedono garanzie finanziarie per poter adattarsi agli impatti climatici che stanno già affrontando. Questo impasse riflette un problema più ampio nei negoziati sul clima: la mancanza di fiducia tra le nazioni e l’assenza di una visione condivisa. In particolare, la proposta di creare un fondo internazionale per combattere la siccità ha incontrato resistenze da parte di alcuni grandi donatori, che temono di assumere oneri finanziari eccessivi senza garanzie sull’uso dei fondi. Al contrario, i Paesi più colpiti dalla crisi climatica, come quelli del Sahel o dell’Asia meridionale, hanno sottolineato che senza un supporto economico adeguato, non possono implementare strategie di adattamento efficaci.

L’impatto delle crisi irrisolte

La mancata adozione di misure contro la siccità alla COP16 non è solo un problema per le regioni colpite direttamente. La scarsità d’acqua ha effetti a cascata che amplificano le tensioni geopolitiche, alimentano conflitti e costringono milioni di persone a migrare. A ciò si aggiunge il crescente costo economico dei disastri naturali, che mette sotto pressione i bilanci nazionali e rende più difficile investire nella transizione ecologica. Il quadro generale è allarmante: l’assenza di progressi su temi cruciali come la biodiversità, l’inquinamento e la siccità, mina la capacità del mondo di rispettare gli obiettivi fissati dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Una strada sempre più difficile

L’incapacità di raggiungere un consenso su come affrontare la siccità rappresenta una sconfitta collettiva che non possiamo permetterci. Ogni anno perso senza interventi decisi significa un peggioramento delle condizioni per molti milioni di persone, con conseguenze che si estendono ben oltre le regioni direttamente colpite. Ora l’attenzione si sposta verso i prossimi appuntamenti internazionali, come la Cop28 sul clima, che si terrà negli Emirati Arabi Uniti. Tuttavia, senza un cambio di atteggiamento, il rischio è che anche questi incontri si concludano con vaghe promesse e nessun risultato concreto. La lotta contro la crisi climatica richiede non solo impegni più ambiziosi, ma soprattutto un nuovo senso di responsabilità condivisa. Continuare a fallire non è un’opzione: il tempo per agire si sta esaurendo, e con esso la possibilità di garantire un futuro vivibile per le prossime generazioni.

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