Plastic Overshoot Day 2025: un allarme importante per il Pianeta
È arrivato il momento dell’anno in cui la quantità di rifiuti plastici generati a livello globale supera la capacità mondiale di gestirli in modo sostenibile
Il 5 settembre 2025 ha segnato una data critica per il calendario ambientale: il Plastic Overshoot Day. Questo giorno identificato dall’organizzazione svizzera no profit Earth Action for Impact, rappresenta il momento dell’anno in cui la quantità di rifiuti plastici generati a livello globale supera la capacità mondiale di gestirli in modo sostenibile. Dallo scorso venerdì fino alla fine dell’anno, ogni tonnellata di plastica prodotta rischia di trasformarsi in inquinamento, invadendo fiumi, oceani, suoli e persino i nostri corpi. L’idea di individuare una data annuale in cui gli esseri umani non sono più in grado di gestire adeguatamente i rifiuti di plastica è stata lanciata per la prima volta nel 2023.

Cos’è il Plastic Overshoot Day?
Il Plastic Overshoot Day è un indicatore che misura il divario tra la produzione di plastica e la capacità di gestirla attraverso sistemi di riciclo, incenerimento controllato o smaltimento in discariche sanitarie. Quando questa capacità viene superata, i rifiuti plastici diventano “mismanaged” ossia mal gestiti, finendo spesso in discariche aperte, corsi d’acqua o ambienti naturali. Secondo il rapporto 2025 di Earth Action, quest’anno verranno generati 225 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, di cui circa 72 milioni che non verranno gestiti adeguatamente, contribuendo all’inquinamento globale. Questo fenomeno non è uniforme: ogni Paese ha il proprio Plastic Overshoot Day determinato dal consumo pro capite di plastica e dalle infrastrutture di gestione dei rifiuti. Ad esempio, nazioni come il Kuwait (23 gennaio) e il Senegal (30 gennaio) raggiungono questo limite molto presto, mentre altre come il Giappone (17 dicembre) o la Francia (10 dicembre) resistono più a lungo, spesso grazie all’esportazione dei loro rifiuti verso luoghi con sistemi meno avanzati. Per l’Italia la data nefasta sarà il 24 ottobre; meglio quindi rispetto alla media globale ma in ritardo rispetto a Paesi come Germania e Spagna che lo raggiungono a novembre, o Svizzera e Francia, dove la data slitta a dicembre. Le zone a minor rischio di dispersione sono Singapore e Corea del Sud, con date che ricadono rispettivamente il 20 e il 21 dicembre.

L’impatto globale della plastica
Il problema della plastica mal gestita non è solo ambientale ma anche sanitario ed economico. Circa il 70% della popolazione mondiale vive in aree dove i rifiuti plastici superano la capacità di gestione, con conseguenze devastanti. Le microplastiche, ormai onnipresenti, sono state rilevate nel sangue umano, nei polmoni e persino nelle placente, sollevando allarmi sui rischi per la salute. 12 Paesi, tra cui Cina, India, Stati Uniti, Brasile e Indonesia, sono responsabili del 60% dei rifiuti plastici mal gestiti a livello globale: la Cina, da sola, produce il 25% del totale mondiale, mentre l’India, pur generando solo il 5% dei rifiuti, contribuisce significativamente all’inquinamento a causa della gestione inadeguata del 70% della sua plastica.

Il ruolo delle Nazioni e il problema delle esportazioni
Earth Action classifica i Paesi in 6 archetipi in base al loro consumo di plastica e alla gestione dei rifiuti. Il Regno Unito ad esempio è un “Overloader” con un alto consumo pro capite (60 kg a persona) e l’esportazione del 12,4% dei suoi rifiuti che spesso sovraccaricano i sistemi dei Paesi importatori. Gli Stati Uniti, l’Australia e la Francia rientrano nella stessa categoria, mentre l’India è classificata come un “Low-Waste-Producing Polluter”, con un basso consumo pro capite ma un’elevata percentuale di rifiuti mal gestiti. L’esportazione di rifiuti plastici da parte dei posti più ricchi verso quelli meno sviluppati è una pratica controversa che evidenzia le disuguaglianze globali nella gestione della plastica. Questo trasferimento non solo maschera il problema di chi esporta ma aggrava la crisi ambientale nelle nazioni riceventi, spesso prive di infrastrutture adeguate.

Riciclare purtroppo non basta
Il rapporto di Earth Action sottolinea che l’aumento della produzione di plastica supera di gran lunga i miglioramenti nella capacità di gestione dei rifiuti. Dal 2021 la produzione di rifiuti plastici è aumentata del 7,11%, passando da 205 a 225 milioni di tonnellate. “Il Plastic Overshoot Day è un promemoria della crisi plastica che affrontiamo. Mentre le negoziazioni multilaterali continuano a stagnare, l’inquinamento da plastica sta influenzando l’ambiente aziendale attraverso regolamentazioni più severe, contenziosi contro le aziende e crescenti responsabilità” queste le parole di Sarah Perreard, co-CEO di Earth Action.

Il Plastic Overshoot Day è un momento per riflettere e agire
Queste date non sono solo un simbolo ma un campanello d’allarme. Con 117 giorni di “overshoot” previsti fino alla fine del 2025, il tempo per agire è ora. Ridurre la produzione di plastica, migliorare le infrastrutture di gestione dei rifiuti e adottare alternative sostenibili sono passi fondamentali per invertire questa tendenza. Ognuno di noi può contribuire, scegliendo di ridurre il consumo di plastica monouso, sostenendo politiche ambientali ambiziose e supportando le aziende che adottano pratiche sostenibili.

Il futuro del nostro Pianeta dipende dalle scelte che facciamo oggi
“I risultati sottolineano l’urgenza di un cambiamento profondo. Governi, aziende e singoli individui devono collaborare per ridurre i rifiuti di plastica, potenziare le infrastrutture per la gestione dei rifiuti e adottare soluzioni più circolari che impediscano alla plastica di disperdersi e trasformarsi in inquinamento. La dispersione di plastica non è un problema solo per la natura, come si pensava un tempo. Sempre più evidenze mostrano conseguenze dirette anche per la salute umana: in alcune analisi sono stati rilevati fino a 7 grammi di microplastiche nel cervello umano, sollevando preoccupazioni su potenziali effetti neurologici. Le microplastiche sono state trovate nel sangue, nel latte materno, nel fegato, nei reni, nei polmoni e nella placenta suggerendo che possono attraversare barriere biologiche fondamentali. Alcuni additivi chimici usati nella plastica, come ftalati e bisfenolo A, sono associati a disfunzioni ormonali, infertilità e disturbi dello sviluppo nei bambini” ha affermato Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità WWF Italia.
Visualizza questo post su Instagram