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La pulizia del mare nel Parco Nazionale di Komodo: una sfida per paradisi fragili

La plastica è il nemico principale ma sono molte le iniziative di pulizia e conservazione. Si può sperare in un futuro più sostenibile?

Quest’estate ho realizzato uno dei miei sogni: visitare l’Isola di Komodo. Situata nel cuore dell’Indonesia tra le isole di Flores e Sumbawa, è un gioiello naturale riconosciuto come Patrimonio Mondiale dell’UNESCO dal 1991. Famosa per i suoi draghi iconici, le spiagge rosa e un ecosistema marino tra i più ricchi al mondo con oltre 1000 specie di pesci, 260 tipi di coralli e mante giganti, attrae migliaia di turisti ogni anno. Tuttavia questo paradiso è purtroppo minacciato da un crescente inquinamento marino, principalmente da plastica e rifiuti solidi che arriva dalle correnti oceaniche, dai fiumi locali e dal turismo non sostenibile.

Foto di Stefania Andriola

Il problema dell’inquinamento marino

Il Parco Nazionale di Komodo è un arcipelago con 3 isole principali: Komodo, Rinca e Padar, tutte di origine vulcanica. Si estende per circa 2000 km² di cui il 60% è area marina. Il suo ecosistema purtroppo è sospeso a un filo delicato sul punto di spezzarsi. I draghi dipendono da prede come cervi e cinghiali che calano se il suolo viene calpestato da troppi turisti e i coralli, per sbiancamento e acidità marina, muoiono piano piano. Barche a motore spaventano mante e delfini, la pesca di frodo svuota il mare.

Foto di Stefania Andriola

La plastica è il nemico principale: secondo rapporti dell’IUCN e WWF, rifiuti plastici come bottiglie, sacchetti e microplastiche, arrivano dall’Oceano Indiano e dai fiumi dell’Indonesia occidentale, depositandosi sulle spiagge di Komodo, Rinca e Padar. Il turismo amplifica il problema: con oltre 500.000 visitatori annui (in crescita del 20% dal 2022) navi da crociera e barche private scaricano carburante e rifiuti, mentre i villaggi locali come Komodo Village lottano con sistemi di smaltimento inadeguati. Un report del 2024 evidenzia che l’aumento demografico (da 300 abitanti nel 1930 a oltre 5000 oggi) genera inquinamento da acque reflue e pesticidi, alterando la biodiversità. Inoltre, la pesca illegale con dinamite e cianuro distrugge i fondali, esacerbando l’erosione e la sedimentazione.

Foto di Stefania Andriola

Iniziative di pulizia e conservazione

Un raggio di speranza è spuntato quando sono arrivata nel piccolo porto dell’Isola di Komodo tappezzato da immagini di attivisti che si impegnano nel raccogliere rifiuti plastici e trasmettere un forte senso di educazione ambientale.

Nonostante si tratti di sfide difficili, comunità locali, ONG e operatori turistici stanno rispondendo con azioni concrete. Dal 2021 ad esempio MBRC the Ocean Cleaning Hub opera nelle isole di West Flores e Komodo, coinvolgendo residenti in pulizie settimanali delle spiagge. Hanno creato hub per la raccolta e il riciclo dei rifiuti plastici, trasportati via mare fino a Giava per il trattamento. L’obiettivo è coinvolgere 200 comunità entro il 2030, con programmi educativi nelle scuole per sensibilizzare sull’impatto della plastica sugli ecosistemi marini. In un anno hanno pulito oltre 10 km di coste, riducendo l’incenerimento illegale dei rifiuti.

 

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C’è poi il movimento volontario Trash Hero Komodo attivo dal 2015 che organizza pulizie regolari e workshop comunitari. Operatori come Dive Komodo e Scuba Junkie supportano eventi settimanali, inclusi clean-up per bambini e installazioni di boe per proteggere i coralli dai danni delle ancore. Nel 2024 in collaborazione con ranger del parco, hanno rimosso tonnellate di plastica da siti come Horseshoe Bay, una rinomata destinazione per le immersioni situata sulla costa meridionale dell’isola di Rinca nota per la sua eccezionale biodiversità marina, con splendide barriere coralline, pareti spettacolari e incontri ravvicinati con mante, squali e tartarughe.

 

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Anche Aqua Expeditions e Indonesian Waste Platform nel 2023 hanno unito le forze per promuovere una pulizia di 2 giorni a Horseshoe Bay, rimuovendo rifiuti con l’aiuto di ranger e tenendo lontani i draghi di Komodo. Poi c’è Indonesian Waste Platform che lavora su 4 isole principali per migliorare la gestione dei rifiuti, educando le comunità su alternative alla plastica monouso. Ci sono stati anche sforzi governativi e internazionali: il Parco Nazionale di Komodo, gestito dal Ministero dell’Ambiente indonesiano, ha aumentato le pattuglie marine del 50% tra 2023 e 2024, grazie a finanziamenti di Global Conservation. Si è dato il limite di 80000 visitatori l’anno al massimo con multe per chi scarica plastica.

Foto di Stefania Andriola

L’iniziativa “Adopt the Blue” di PADI, adottata da centri diving come Azul Komodo, promuove citizen science e advocacy contro l’inquinamento. Citizen science è la pratica di coinvolgere il pubblico non specializzato nella ricerca scientifica, attraverso la raccolta, l’analisi e la condivisione di dati per generare nuova conoscenza. L’advocacy è l’attività che mira a supportare attivamente una causa, un’idea o un gruppo di persone, spesso influenzando le decisioni politiche e la consapevolezza pubblica. In sintesi, la citizen science è uno strumento che, attraverso il coinvolgimento attivo dei cittadini nella scienza, può a sua volta diventare una forma di advocacy per promuovere la comprensione di temi scientifici, la conservazione ambientale e il cambiamento delle politiche.

Foto di Stefania Andriola

Parte dell’International Coastal Cleanup, eventi globali come quelli di questo settembre 2025, hanno coinvolto volontari locali per rimuovere chili di detriti dalle spiagge. Queste azioni non solo rimuovono i rifiuti ma rafforzano la consapevolezza: ad esempio Scuba Junkie ha portato bambini locali a fare snorkeling per mostrare l’impatto della plastica sulla vita marina.

Impatto sul turismo e sulle comunità locali

Il turismo è un’arma a doppio taglio: genera entrate (le tasse d’ingresso sono salite a 175.000 rupie nel 2015) ma causa over-tourism. Operatori come Dive Komodo riducono l’impatto usando saponi eco-friendly, creme solari sicure per i coralli e percorsi ottimizzati per minimizzare il carburante. Le comunità indigene, come gli Ata Modo e Ata Bajo, sono al centro: programmi come quelli del WWF bilanciano conservazione e sviluppo economico, creando posti di lavoro in guide e riciclo.

Foto di Stefania Andriola

Verso un futuro sostenibile anche se i Draghi di Komodo annaspano verso l’estinzione

La pulizia del mare a Komodo non è solo una questione ambientale ma un impegno collettivo per preservare un ecosistema unico. Con iniziative come quelle di Trash Hero, MBRC e un turismo responsabile, c’è speranza: le mante ray, per esempio, prosperano grazie a stazioni di pulizia protette. Non sono invece buone le notizie che riguardano i Draghi di Komodo che sono passati da vulnerabili a in pericolo secondo l’IUCN, soprattutto a causa dei cambiamenti climatici: entro 45 anni il livello del mare potrebbe azzerare il 30% del loro habitat. In più continuano ad essere prede di bracconaggio e risentono la presenza di troppi turisti poco educati. I giganti d’Indonesia annaspano verso l’estinzione.

Foto di Stefania Andriola

Stefania Andriola

Lavoro in redazione da febbraio 2010. Mi piace definirmi “giornalista, scrittrice e viaggiatrice”. Adoro viaggiare, conoscere culture diverse; amo correre, andare in bicicletta, fare lunghe passeggiate ma anche leggere un buon libro. Al mattino mi sveglio sempre con un’idea: cercare di aggiungere ogni giorno un paragrafo nuovo e interessante al libro della mia vita e i viaggi riempiono le pagine che maggiormente amo. La meteorologia per me non è solo una scienza ma è una passione e un modo per ricordarmi quanto siamo impotenti di fronte alle forze della natura. Non possiamo chiudere gli occhi e dobbiamo pensare a dare il nostro contributo per salvaguardare il Pianeta. Bastano piccoli gesti.

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