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COP26, anche l’Italia ferma i fondi pubblici internazionali destinati a progetti petroliferi e del gas

Arrivano segnali incoraggianti dalla Cop26: l’Italia, insieme ad altri 22 Paesi e altri soggetti finanziari pubblici, si è impegnata ufficialmente per smettere di finanziare progetti petroliferi e del gas a livello internazionale entro la fine del 2022. L’accordo è in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi ed è un passo importante verso l’ambizioso ma necessario intenso di raggiungere un futuro ad emissioni zero.

COP26, intesa sullo stop al carbone ma mancano i grandi inquinatori

I soggetti hanno infatti riconosciuto i risultati dei rapporti IPCC e dell’IEA che reputano essenziale per poter procedere nella lotta alla crisi climatica, il fatto di limitare significativamente entro il 2030 la produzione e l’uso di combustibili fossili non abbattuti. Il sempre più veloce allineamento dei settori pubblici internazionali e di quelli privati finanziari è essenziale per proseguire nella transizione energetica. I soggetti sono d’accordo sul fatto di ridurre il costo delle alternative rinnovabili, fino a renderle meno costose dei combustibili fossili non abbattuti i quali hanno un maggiore rischio sociale ed economico.

Nel documento firmato il 4 novembre alla Cop26, gli stati e i soggetti finanziari si sono quindi impegnati nella transizione ecologica nel campo dell’energia utilizzando le risorse a disposizione per accrescere quello che può fare il settore privato. Entro la fine del 2022 i firmatari metteranno fine ad ogni tipo di finanziamento pubblico diretto al settore internazionale di combustibili fossili non abbattuti, ossia i combustibili le cui emissioni non sono “abbattute” attraverso tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), eccetto in circostanze limitate e comunque in linea con l’obiettivo climatico dei 1,5°C e con l’Accordo di Parigi. I soggetti, infine, si impegnano anche ad incoraggiare gli altri Stati e soggetti finanziari a fare lo stesso nei prossimi anni.

Oltre all’Italia hanno firmato Stati Uniti, Regno Unito, Svizzera, Sudan del Sud, Slovenia, Portogallo, Moldavia, Nuova Zelanda, Le Isole Marshall, Mali, Gambia, Finlandia, Fiji, Etiopia, Danimarca, Costa Rica, Canada, Albania, Zambia, l’European Investment Bank (EIB), l’East African Development Bank (EADB), l’Agence Française de Développement (AFD), il Banco de Desenvolvimento de Minas Gerais (BDMG) e il Financierings-Maatschappij voor Ontwikkelingslanden N.V. (FMO).

La notizia è stata accolta positivamente da Legambiente, WWF e Greenpeace Italia che si augura “che sia un primo passo per smettere di foraggiare progetti fossili, inquinanti e obsoleti, anche nel nostro Paese, in cui ad esempio i Sussidi Ambientalmente Dannosi ammontano ancora a 17,7 miliardi di euro”. “Ci aspettiamo adesso che i piani industriali di aziende fossili controllate dal governo, come Eni e Snam, modifichino in modo coerente i loro piani industriali impegnandosi in una vera transizione energetica basata sulle rinnovabili e l’efficienza, senza puntare su false soluzioni e riducendo drasticamente le emissioni complessive di gas serra. Lo stesso impegno dovrebbe essere preso da quelle istituzioni finanziarie private, da Banca Intesa San Paolo – la peggiore banca sul clima in Italia – oltre che da quelle che hanno iniziato un percorso come Unicredit e Assicurazioni Generali. L’Italia può giocare un ruolo di punta nella transizione energetica: è il momento di farlo!”

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Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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