Prezzo del cibo mai così alto da 46 anni: colpa anche degli eventi meteo estremi
Il prezzo del cibo durante i primi 11 mesi del 2021 è stato ai massimi da 46 anni a questa parte, al netto dell’inflazione. A novembre i prezzi globali del cibo sono aumentati dell’1,2% rispetto ad ottobre e, senza contare l’inflazione, hanno raggiunto il picco dal 2011. Lo rende noto la FAO nel rapporto mensile pubblicato il 2 dicembre. Rispetto al mese di novembre del 2020 il l’indice di prezzo è aumentato del 27,3%.
Ad aumentare significativamente sono stati i prezzi dei cereali e latticini, seguiti dallo zucchero. Rispetto ad ottobre, invece, il prezzo di carne e olio vegetale, invece è calato rispetto ad ottobre, seppur leggermente. Negli ultimi 12 mesi l’indice di prezzo dei cereali è aumentato del 22,4%, quello della carne del 22,1%, quello dei latticini del 15,5%, quello dell’olio vegetale del 73,6% e, infine, quello dello zucchero del 40,6%.
E questo aumento dei prezzi arriva nonostante la produzione globale di grani si appresta a raggiungere un record assoluto nel 2021, con un aumento dello 0,7% rispetto al record del 2020.
Tra le cause dell’aumento del prezzo del cibo del 2021 anche gli eventi meteo estremi
Il prezzo dei cereali e dei latticini è aumentato, spiega la FAO, a causa di una maggiore domanda e di minori riserve a disposizione. La situazione è peggiorata anche per un calo della qualità del raccolto di cereali proveniente dall’Australia, colpita da piogge troppo precoci, e dall’incertezza riguardante le esportazioni dalla Russia.
La disponibilità dei cereali è destinata a diminuire nella stagione 2021-2022, passando dal 29,4% al 28,6%. Quelle di grano, in particolare, sono destinate a calare a causa di un calo dei raccolti in Canada, Russia e Stati Uniti.
L’aumento del prezzo del grano è stato influenzato soprattutto dalle alte temperature e dalla siccità che ha colpito i produttori di Stati Uniti, Russia e Canada. A spiegarlo in una intervista su fortune.com, Carlos Mera, direttore di ricerca sui mercati agroalimentari a Rabobank.
L’impennata dei prezzi del cibo sarebbe infatti il risultato di una tempesta perfetta provocata da fenomeni meteo estremi, aumento dell’inflazione, e dalla crisi energetica e del lavoro. E i prezzi non sono destinati a diminuire molto, a causa dei costi sempre maggiori che i produttori sono costretti a sostenere per portare a casa il raccolto.
L’aumento del costo dell’energia ha anche provocato un aumento dei prezzi dei fertilizzanti. L’azienda norvegese produttrice di fertilizzanti Yara International, a causa degli alti prezzi dell’energia, ha dovuto ridurre la produzione di ammoniaca del 40%: rispetto all’anno scorso, secondo il presidente di Yara International, i costi di produzioni di una tonnellata di ammoniaca sono aumentati da 110 a circa 1000 dollari.
Drought & heat-related crop insurance payouts now top $2.6B in the United States — and quickly rising. Most losses? Not in the West, but in the Northern Tier.
The overall economic cost expected to exceed $5B. pic.twitter.com/xSFI5z8hVu
— Steve Bowen (@SteveBowenWx) December 1, 2021
L’influenza negativa del fenomeno de La Niña si fa sentire. Siccità e ondate di caldo estreme hanno provocato negli Stati Uniti un calo dei raccolti di grano primaverili del 40%, e complessivamente del 10%. I danni economici per l’agricoltura statunitense nel 2021 è stimato essere oltre i 5 miliardi di dollari secondo AON. Anche Argentina e Brasile hanno sperimentato mesi di siccità e non solo. Il Brasile a luglio ha registrato una delle peggiori gelate degli ultimi 20 anni. L’anno è stato segnato anche da un caldo record sia in Canada che in Europa, con successive alluvioni ed eventi estremi.
Insomma, secondo gli esperti il livello di prezzi del cibo e la pandemia renderanno la catena alimentare particolarmente vulnerabile ad eventi meteo estremi anche nel corso del 2022.