Si avvicina a larghi passi la COP26 di Glasgow, l’appuntamento cruciale per tentare di affrontare la crisi climatica in atto con decisioni politiche efficaci e ambiziose. La situazione del Pianeta sconvolto dai cambiamenti climatici è stata descritta in modo incontrovertibile lo scorso agosto, grazie alla pubblicazione dell’ultimo rapporto Ipcc, un “codice rosso” per l’umanità dove è stato rilevato che l’emergenza climatica riguarda ogni regione del Pianeta. Secondo i 234 scienziati provenienti da 66 Paesi è incontrovertibile che le attività umane abbiano causato la crisi in atto.
COP26: di cosa si tratta e chi partecipa
La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021, conosciuta come COP26, è la XXVI Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in programma a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre 2021, sotto la presidenza del Regno Unito.
In questa Conferenza delle parti saranno rappresentati tutti i 197 stati che fanno parte dell’Unfccc (Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite).
Il Regno Unito in quanto paese ospitante ha chiesto ai partecipanti di proporre obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2030 più ambiziosi per contribuire a raggiungere emissioni zero nette entro metà secolo, di raccogliere contributi per l’adattamento climatico e fondi per gli interventi di mitigazione, e di finalizzare le regole di attuazione dell’Accordo di Parigi sul clima siglato nel 2015. La COP26 si sarebbe dovuta svolgere nel 2020 ma la pandemia da Covid-19 ha causato il rinvio.
The #IPCC report shows that the lights are flashing red on the climate dashboard
We must come together at #COP26 and agree ambitious emission reduction targets that lead us to net zero by 2050
@IPCC_CH | #ClimateAction
https://t.co/UxmuyIAnUH— Alok Sharma (@AlokSharma_RDG) August 9, 2021
Il presidente della COP26 è Alok Sharma ed è stato designato designato il 13 febbraio 2020. Sharma, nato in India nel 1967, è un politico inglese ed è stato Segretario di Stato per le imprese, l’energia e la strategia industriale.
Quando si svolgerà la COP26
La conferenza si aprirà ufficialmente il 31 ottobre e nei primi giorni si riuniranno più di 120 leader mondiali. Il presidente Usa Joe Biden ha confermato la sua presenza a Glasgow l’1 e il 2 novembre. Il premier italiano Mario Draghi alla Pre-Cop di Milano aveva sottolineato l’urgenza di affrontare la crisi climatica e la voce dei giovani.
I presidenti di Cina e Brasile Xi Jinping e Jair Bolsonaro, a meno di smentite ufficiali, non parteciperanno così come il primo ministro del Giappone, Fumio Kishida. Rimane incerta anche la partecipazione di Narendra Modi, primo ministro dell’India, terzo Paese al mondo per emissioni di gas serra.
Nei giorni successivi i negoziati saranno lasciati in mano ai loro rappresentanti, principalmente ministri dell’ambiente o alti funzionari. In totale sono attese circa 25.000 persone. I colloqui dovrebbero concludersi alle 18:00 di venerdì 12 novembre, ma probabilmente potrebbero proseguire fino al weekend successivo
A margine dei colloqui principali, dal 31 ottobre al 12 novembre 2021, si svolgeranno anche diversi incontri ed eventi che coinvolgeranno organizzazioni ambientaliste, scienziati, attivisti e organizzazioni della società civile provenienti da tutto il mondo.
I punti critici in discussione
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- “Consegnare alla storia il carbone“: il presidente della COP26 Alok Sharma, ha dichiarato di volere raggiungere questo risultato durante la conferenza. L’Onu ha chiesto di eliminare gradualmente il carbone entro il 2030 nei paesi dell’OCSE, ma i ministri dell’ambiente del Gruppo del G20 non sono riusciti a concordare ancora una tempistica.
- Limitare il riscaldamento globale: gli obiettivi nazionali non vincolanti. Nel 2015 è stato deciso di ridurre le emissioni di gas serra per limitare il riscaldamento globale a 2 gradi e idealmente a 1,5 gradi. Per ottenere questo risultato è necessario dimezzare le emissioni e entro il 2030 e raggiungere lo zero netto entro il 2050.
Questi obiettivi sono giuridicamente vincolanti e sanciti dall’Accordo di Parigi ma esistono anche obiettivi nazionali non vincolanti (noti come NDC) per ridurre o, nel caso dei Paesi in via di sviluppo, frenare la crescita delle emissioni di gas serra a breve termine, nella maggior parte dei casi entro il 2030. In molti casi si tratta di obiettivi nazionali non adeguati a mantenere sotto controllo le emissioni. Tutti i Paesi sono ora invitati a rivedere i loro NDC prima della COP26 in linea con un obiettivo di 1,5 °C.
Finora circa 120 paesi hanno presentato NDC rivisti, ma vi è una mancanza di coerenza senza un calendario comune per la realizzazione degli impegni. Esistono anche una varietà di approcci negli NDC, che rendono difficile la comparabilità.
Senza dimenticare che i negoziatori devono anche concordare tempistiche comuni per i futuri tagli alle emissioni. E che i principali produttori di emissioni Cina, India, Arabia Saudita e Turchia – insieme responsabili di circa un terzo delle emissioni globali di gas serra – non hanno ancora presentato NDC rafforzati e dovranno farlo alla COP26. - Uno dei temi cruciali è quello legato al commercio di carbonio, introdotto nel 1997, come meccanismo attraverso il quale i paesi ricchi potevano trasferire parte della loro riduzione del carbonio ai paesi in via di sviluppo. L’Articolo 6 dell’Accordo di Parigi è stato introdotto per aiutare i Paesi a ridurre in modo efficace le emissioni di gas serra, che vengono comunicate alle Nazioni Unite ogni cinque anni. Se un Paese non dovesse raggiungere per qualsiasi motivo i propri obiettivi sulla riduzione dei gas serra, può acquistare la differenza mancante delle riduzioni di emissioni attraverso l’uso di “risultati di mitigazione” internazionali generati altrove. Questa operazione era già presente nel protocollo di Kyoto e permetteva che i paesi più industrializzati potessero compensare le proprie emissioni comprando dei crediti di carbonio dai Paesi in via di sviluppo.
- Per raggiungere l’obiettivo di emissioni a zero netto globale entro la metà del secolo, limitare a 1,5 gradi il riscaldamento globale, proteggere le comunità e gli habitat naturali occorrerà anche un grande sforzo finanziario. I paesi sviluppati dovranno mantenere la promessa di mobilitare almeno 100 miliardi di dollari l’anno in finanziamenti per il clima entro il 2020. Le istituzioni finanziarie internazionali dovranno fare la loro parte e si dovrà lavorare per liberare i trilioni di finanziamenti del settore pubblico e privato necessari per garantire lo zero netto globale.
Nel 1995 la prima Cop
Nel 1995 si tenne la prima Conferenza delle parti della Convezione Onu sul climate change (UNFCCC), il primo trattato ambientale internazionale ad occuparsi del riscaldamento globale. La Convenzione, elemento fondamentale per le sorti del Pianeta, è conosciuta anche come Accordo di Rio, dal momento che deve la sua nascita allo storico Summit per la Terra di Rio de Janeiro, nel 1992.
La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), approvata nel 1992, è il principale trattato internazionale in materia di lotta contro i cambiamenti climatici. Il suo obiettivo è impedire pericolose interferenze di origine umana con il sistema climatico mondiale. L’UE e tutti i suoi Stati membri figurano tra le 197 parti contraenti della convenzione.
L’Accordo di Parigi: il primo giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici
L’Accordo di Parigi siglato nel 2015 stabilisce un quadro globale per evitare pericolosi cambiamenti climatici limitando il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2ºC e proseguendo con gli sforzi per limitarlo a 1,5ºC. Inoltre punta a rafforzare la capacità dei paesi di affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici e a sostenerli nei loro sforzi.
L’Accordo di Parigi è il primo accordo giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici, adottato alla conferenza di Parigi sul clima (COP21) nel dicembre 2015.
L’Unione Europea e i suoi Stati membri sono tra le 190 parti dell’accordo di Parigi. L’UE ha formalmente ratificato l’accordo il 5 ottobre 2016, consentendo in tal modo la sua entrata in vigore il 4 novembre 2016. Affinché l’accordo entrasse in vigore, almeno 55 paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni globali hanno dovuto depositare i loro strumenti di ratifica. La Turchia ha ratificato l’Accorso solo pochi giorni fa.