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Adattamento o mitigazione? Secondo gli scienziati la lotta alla crisi climatica passa da entrambe

Alluvioni in Siberia, Emirati Arabi e Nuova Zelanda. Incendi boschivi in Canada ed Europa. Siccità dall'Amazzonia all’Africa. Gli effetti del riscaldamento globale causato dall'uomo si fanno sentire sempre di più. Ovunque nel mondo. E ad un ritmo tale - riferiscono oggi gli scienziati - che le misure di adattamento non saranno sufficienti a salvarci dal peggio.

Dato il livello di surriscaldamento globale antropogenico raggiunto – circa + 1,2 °C rispetto al periodo preindustriale di riferimento – limitare le emissioni di gas serra non sarà sufficiente a salvarci dalle peggiori conseguenze. Gli esperti ci avvertono da tempo che è necessario mettere in campo misure di adattamento per aiutarci a convivere con il “nuovo clima”. Secondo i ricercatori della Global Solutions Initiative Foundation (Germania), è vero anche il contrario. L’adattamento da solo non sarà sufficiente. In uno studio pubblicato sulla rivista One Earth, gli scienziati mostrano come l’efficacia delle misure di adattamento legate alle risorse idriche diminuisca con l’intensità del riscaldamento.

Per giungere a questa conclusione, sono state considerate varie misure di adattamento. Si va dallo spostamento delle date di semina all’introduzione della pacciamatura, dalle misure di gestione delle acque urbane agli adattamenti nel settore energetico: in ogni caso, selezionando le soluzioni più efficaci, come lo spostamento delle date di semina di 10, 20 o 30 giorni.

Con l’aumento del riscaldamento, l’efficacia dell’adattamento diminuisce

Ebbene, la prima conclusione è che le misure di adattamento riescono a ridurre i rischi nella maggior parte dei contesti valutati ma, in tutti i casi, fino ad un aumento della temperatura di + 1,5 °C. Oltre tale valore le cose si complicano seriamente. I ricercatori, infatti, vedono diminuire l’efficacia dell’adattamento in tutte le opzioni e in tutte le regioni. In media, si scende dal 90 % per un riscaldamento di + 1,5 °C al 69 % per un riscaldamento di + 2 °C e al 62 % per un riscaldamento di + 3 °C. Si scende addirittura al 46 % per un riscaldamento di + 4 °C.

I ricercatori osservano, inoltre, che l’adattamento sembra essere ancora più difficile per il settore agricolo. Mentre oltre il 50 % degli impatti previsti sembra essere evitabile con un riscaldamento di + 1,5 °C, la percentuale di misure efficaci scende al 14 % per un riscaldamento di + 4 °C. Si tenga presente che queste cifre sono state ottenute in condizioni ideali simulate dai modelli. Esse, infatti, non tengono conto dei limiti o degli ostacoli che potrebbero emergere con la messa in pratica delle misure all’adattamento.

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Fonte: sciencedirect.com

Nessun adattamento senza mitigazione

Adattamento e mitigazione sono due concetti molto diversi tra loro. La mitigazione si riferisce a misure volte a limitare la concentrazione di gas serra nell’atmosfera. La chiusura delle centrali a carbone è una misura di mitigazione tra le tante. Sebbene il nostro mondo non possa più fare a meno delle misure di adattamento, non dobbiamo dimenticare che solo le misure di mitigazione permetteranno davvero di contenere il riscaldamento globale.

Creare spazi verdi nelle città o installare sistemi di climatizzazione per abbassare la temperatura in alcune aree critiche. Rivedere gli standard di costruzione per aiutare i nostri edifici a far fronte a eventi meteorologici estremi e renderli più efficienti dal punto di vista energetico. Oppure costruire dighe per contrastare l’innalzamento del livello del mare. Sono solo alcune delle misure che possono essere adottate per meglio adattarsi ai cambiamenti climatici in corso.

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Ma è proprio qui che le cose si complicano: dietro una definizione che sembra abbastanza semplice, si nascondono realtà molto più complesse. In primo luogo perché, a seconda della regione considerata, gli effetti del cambiamento climatico sono già più o meno marcati e continueranno a esserlo in futuro. Nelle regioni più colpite e/o sensibili, la costruzione di dighe potrebbe non essere sufficiente. In queste regioni, adattarsi ai cambiamenti climatici potrebbe significare iniziare a pensare di spostare infrastrutture, attività e persino popolazioni nell’entroterra. Una prospettiva ancora difficile da accettare, sia socialmente che politicamente. Tanto più che richiede forti investimenti.

Gli effetti collaterali del “troppo adattamento”

L’altra difficoltà è quella di non prendere le misure sbagliate. Perché il passo dall’adattamento al disadattamento è breve, avvertono gli scienziati. L’installazione di impianti di condizionamento nelle case di riposo, ad esempio, può sembrare una buona misura. Ma utilizzare solo l’aria condizionata non lo sarà. Perché rimarrà appannaggio delle persone più ricche, di chi può permettersi l’attrezzatura, l’installazione e l’energia necessaria per farla funzionare. Un altro esempio è la diga costruita per prevenire le inondazioni in una determinata area, ma la cui installazione ha conseguenze negative lungo tutto il fiume. In generale, il disadattamento è ciò che accade quando, nel tentativo di risolvere un problema, ne creiamo un altro.

L’ultimo rapporto IPCC evidenzia i progressi compiuti in termini di adattamento. Tra questi, lo sviluppo dell’agroecologia e le misure per preservare la biodiversità. Ma mette anche in guardia contro le misure che si basano su buone intenzioni senza essere pienamente ponderate e valutate.

 

Nei vari Paesi si stanno adottando sempre più strategie e politiche di adattamento. Viene data maggiore priorità alle popolazioni più vulnerabili. Tuttavia, i finanziamenti per questi piani tardano ad arrivare. I flussi finanziari internazionali per l’adattamento nei Paesi in via di sviluppo, ad esempio, nel 2022 erano da 5 a 10 volte inferiori rispetto alle necessità stimate. Il fabbisogno annuale di adattamento è ora stimato tra i 160 e i 340 miliardi di dollari da qui al 2030 e tra i 315 e i 565 miliardi di dollari al 2050.

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Per questo bisogna concentrarsi su azioni che riducano le emissioni di gas serra e aiutino le persone ad adattarsi. Tra gli esempi citati ci sono la protezione delle mangrovie, che aiutano a sequestrare il carbonio riducendo i rischi costieri, e lo sviluppo di centrali idroelettriche che, oltre a produrre elettricità verde, limitano i rischi di inondazioni o siccità. Perché non dobbiamo perdere di vista il fatto che anche l’adattamento ha i suoi limiti. Non può stare in piedi da solo. Deve essere complementare solo a misure forti di mitigazione dei cambiamenti climatici. Perché, oltre una certa soglia di riscaldamento, i rischi climatici accelereranno e ogni tentativo di adattamento sarà inutile.

Come del resto affermano gli stessi ricercatori, i modelli che includono l’adattamento tendono a sovrastimarne il potenziale. Tuttavia, sottolineano che il progresso scientifico in futuro potrebbe anche aprire nuove soluzioni di adattamento, che contribuirebbero a ridurre i rischi.

In ogni caso, la conclusione è chiara: l’adattamento al riscaldamento globale non può in alcun modo essere considerato un’alternativa alla mitigazione. Non dovrebbe nemmeno essere considerato come un mezzo per ritardare i nostri sforzi nel limitare al massimo le emissioni di gas serra.

Rino Cutuli

Rino Cutuli è laureato in Scienze Ambientali e si è specializzato in Meteorologia Applicata. Da febbraio 2005 lavora come Meteorologo presso Meteo Expert. Nel settembre del 2011 pubblica il suo primo libro dal titolo "Rosso di sera..." dedicato ai proverbi e modi di dire sul tempo, inserito nella collana meteo Alpha Test. Nel giugno del 2013 consegue l’attestato di competenza “Meteorologo Aeronautico”, rilasciato da ENAC secondo la normativa WMO vigente. Da settembre 2014 insegna Meteorologia presso l'Istituto Tecnico Aeronautico A. Locatelli di Bergamo. Nel febbraio del 2017, infine, consegue la qualifica di Meteorologo professionista.

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