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La Neve in Italia tra gli anni ‘80 e ‘90

Un pezzo di storia climatologica importante per l'Italia. A cura di Simone Abelli e Giovanni Dipierro

Vogliamo qui ripercorrere, con qualche dato e breve considerazione, un pezzo di storia climatologica importante per il nostro Paese. Il periodo in esame è l’ultimo ventennio del secolo passato, quegli anni ’80 e ’90 che si sono evidenziati come un brusco “salto” rispetto ai trenta anni  precedenti e in cui, in un periodo relativamente breve, si sono verificate le variazioni più marcate nell’ambito dei quattro secoli precedenti. E lo faremo in più appuntamenti analizzando singoli parametri e i fenomeni più comuni.

Da cosa cominciare?
E’ inverno: tempo di neve!

Come “ha nevicato” in Italia negli ultimi vent’anni del secolo scorso?
Ci concentreremo in particolare sulle nevicate avvenute a basse quote, pianeggianti o al più collinari. Se infatti il fenomeno neve è abbastanza normale in montagna alle medie e alte quote, non lo è altrettanto in pianura e lungo le coste dove le condizioni termiche favorevoli per una nevicata accadono ben più di rado. Non è insolito infatti che a quote basse la neve non si faccia vedere anche per tutta una stagione invernale.
Essendo queste nevicate rare, ogni evento fa abbastanza storia a sé in termini di quantità di neve caduta con enormi differenze tra episodio ed episodio; ne consegue, quando si vanno a fare delle medie in un periodo relativamente lungo come un ventennio, che i valori esigui che si ottengono li rendono poco significativi. Il parametro che invece meglio caratterizza la nevosità a quote basse è il numero di giorni in cui si sono osservate delle precipitazioni nevose.
La mappa che segue mostra in particolare la distribuzione geografica di questo numero di giorni, ossia quanti giorni “di neve” mediamente si verificano in ogni zona in un intero inverno.

Quello che subito balza all’occhio è che, in ogni caso, si parla di pochi giorni all’anno (da 0 a 10), a conferma che in Italia anche alla fine del secolo scorso a quote basse ha nevicato davvero raramente.

Si notano delle disparità, alcune ovvie come una maggiore nevosità sulle pianure del Nord e nelle zone interne peninsulari, altre meno che meritano qualche parola di spiegazione:

  • Le coste adriatiche sono più nevose rispetto a quelle tirreniche. Le prime infatti sono esposte alle irruzioni di aria fredda, anche gelida, proveniente dai Balcani ma di origine a volte anche russo-siberiana. Da qui nascono i presupposti per una nevicata, mentre le precipitazioni nel settore tirrenico in genere sono collegate a più miti perturbazioni in arrivo dall’Atlantico con condizioni termiche poco favorevoli alla neve.
  • Le pianure piemontese, lombarda ed emiliana sono più nevose rispetto a quelle delle Venezie e dell’alto Adriatico. La ragione è da ricercare nella maggior frequenza con cui aria fredda a basse quote rimane intrappolata nell’imbuto della pianura Padana centro-occidentale circondata dalle Alpi e dall’Appennino.

Come si sono poi evolute le nevicate nel corso del ventennio in esame?

Pur nella discontinuità di anno in anno, evidenziata dal valore nel singolo inverno, la linea di tendenza dei giorni medi con neve nelle principali città italiane mostra una discesa. In altre parole il numero di giorni alla fine degli anni ‘90 era più o meno pari a un terzo rispetto a quello dei primi anni ‘80.

In questo quadro hanno sicuramente contribuito significativamente: l’inverno 84-85 che comprende la memorabile nevicata del gennaio 1985 con quantitativi di neve in Valpadana, specie tra Piemonte e Lombardia, degni di località di montagna; il successivo inverno 85-86 in cui si sono registrati il maggior numero di giorni di neve di tutto il ventennio in diverse località del Nord: 26 giorni a Milano, Torino e Brescia, 23 a Piacenza, 19 a Bologna.

Negli anni ’90 si sono comunque verificati tre inverni significativamente nevosi: il 90-91, il 95-96 e il 98-99.

Ma invece in montagna quanto ha nevicato mediamente negli ultimi vent’anni del XX secolo?

Affidiamo la risposta a qualche dato che si riferisce a località con quota compresa tra i 1000 e i 2000 metri.

Per quel che riguarda l’Appennino, gli accumuli più consistenti si osservano sul settore nord e adriatico, in particolare sul versante padano dell’Appennino settentrionale e sui rilievi abruzzesi dove si registrano valori paragonabili o talvolta superiori a molte località alpine.

Foto: Lorenzo Danieli

 

Fonti: Abelli S., Dipierro G., Giuliacci M. Il clima dell’Italia nell’ultimo ventennio Milano ed. Alpha Test 2001

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Giovanni Dipierro

Giovanni Dipierro è un meteorologo di Meteo Expert (ex Centro Epson Meteo). Si è laureato in Fisica a Milano nel 1994 con una tesi svolta all’Osservatorio di Milano Duomo. Nel 1997 è entrato nello staff del nascente Centro Epson Meteo. Dal 2000 al 2010 è stato uno dei volti del meteo del Tg5. Nel 2013 ha ottenuto l’Attestato di competenza di meteorologo aeronautico secondo le linee guida del WMO. Nel 2017 ha ottenuto il certificato di competenza come “meteorologo” rilasciato dalla DEKRA. E’ coautore di due libri: “Il clima dell’Italia nell’ultimo ventennio” e “Manuale di meteorologia”.

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