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Green economy, l’Italia tra le “tigri della crescita verde”: i dati della ricerca

Una ricerca condotta dalla Oxford Martin School e dalla Smith School of Enterprise and the Environment individua 4 potenziali leader

Una delle sfide più importanti dei prossimi decenni sarà sicuramente la svolta definitiva verso la green economy, vale a dire il miglior modo per fermare il riscaldamento globale e aiutare il Pianeta a respirare meglio. Una “crescita verde” richiede ovviamente lo sviluppo e la diffusione di tecnologie con vantaggi ambientali, quali possono essere le turbine eoliche, i pannelli solari o le apparecchiature per monitorare l’inquinamento atmosferico.

Va da sé che questa ambiziosa sfida richiede mezzi e risorse specifiche: chi potrà diventare leader del settore?  Una ricerca condotta dagli accademici della Oxford Martin School e della Smith School of Enterprise and the Environment, pubblicata su Research Policy, ne ha individuati quattro: Cina, Italia, Regno Unito e Stati Uniti.

Il primo database di prodotti green

Per studiare e stabilire la capacità di produzione verde dei Paesi, i ricercatori hanno dato vita al primo e più grande database al mondo di prodotti green riconosciuti a livello internazionale. Ognuno di questi prodotti ha un punteggio che indica il diverso grado di complessità e quindi quanto sia tecnologicamente sofisticato. Gli studiosi hanno dimostrato che i Paesi che esportano prodotti più complessi tendono a sperimentare una crescita più rapida.

«Mentre il mondo si sposta verso un panorama competitivo più verde e più pulito – afferma il dottor Penny Mealy, ricercatore presso l’Institute for New Economic Thinking di Oxford Martin Scuola (INET Oxford) -, la possibilità di produrre ed esportare prodotti ecocompatibili diventerà probabilmente più importante. La nostra analisi fa luce sui paesi che probabilmente saranno le tigri della crescita verde del 21° secolo».

Green Complexity Index

Partendo da questo innovativo database, i ricercatori hanno creato il Green Complexity Index (GCI), vale a dire una nuova misura capace di indicare quali Paesi sono in grado di esportare più prodotti sostenibili e complessi. Dalla ricerca emerge che i Paesi con un elevato PIL pro capite, come per esempio Germania, Stati Uniti e Regno Unito, tendono ad avere una maggior capacità di produzione green.

Tuttavia, non tutti i Paesi con un elevato PIL dimostrano la stessa capacità. In particolare, paesi come l’Australia, la Norvegia e gli Emirati Arabi, specializzati nell’estrazione di combustibili fossili, hanno mostrato un basso indice di GCI. Questo, secondo gli studiosi, dimostra che non si sta investendo abbastanza in prodotti ecosostenibili, fattore che potrebbe rendere più complicato il passaggio alla green economy.

I Paesi con GCI più elevato, come appunto Italia e Cina, tendono a presentare un maggior numero di brevetti ambientali, minori emissioni di CO2 e politiche ambientali più rigorose. Gli studiosi, inoltre, hanno sviluppato una metodologia per aiutare ciascun Paese a orientare le sue potenzialità ecologiche partendo dalle proprie capacità di produzione. Per alcuni paesi le risorse sono a portata di mano, per altri la transizione sarà meno semplice. 

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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