Politiche

Elezioni 2022 e crisi climatica: quali sono i programmi dei partiti? Una guida per orientarsi

Le elezioni politiche del 25 settembre non sono solo un cambio di governo, ma rappresentano un punto decisivo per la storia dell’Italia e un ulteriore esame sullo stato di salute delle democrazie occidentali

La crisi climatica in cima all’agenda del prossimo Governo, è la richiesta degli scienziati e condivisa da molti cittadini attraverso la sottoscrizione della lettera aperta diffusa all’inizio del mese di agosto, nella cornice di una estate segnata da una crisi idrica, da ondate di caldo senza precedenti e da eventi meteo estremi.

Cosa significa inserire la crisi climatica in cima all’agenda in modo costruttivo, strategico (e non idealista)? Significa prevedere una serie di riforme, di politiche pubbliche e di investimenti infrastrutturali volti alla mitigazione della crisi climatica (quindi ridurre le emissioni climalteranti) e volti all’adattamento del territorio (in modo che sia in grado di essere quanto più resiliente ad un clima sempre più estremo). Significa rendere la trasformazione del Paese la priorità di azione ed elaborare su di essa altrettante politiche pubbliche di settore che permettano a questo cambiamento di avvenire in maniera graduale ma non dispersiva, veloce ma non penalizzante. Ambizioni, ma anche investimenti, per ridurre le emissioni e impedire che la temperatura media globale non superi di 1.5 gradi i livelli pre-industriali.

Si può fare? Potremmo rispondere ironicamente di sì, perché l’umanità sta addirittura per tornare sulla luna (e anche con una donna!) ma quello che sappiamo realmente finora è che abbiamo le conoscenze e le tecnologie sufficienti per poter perseguire questa rotta. Quello che manca non sono gli strumenti, ma la strategia. Ne è un esempio il caso degli Stati Uniti che per molti rappresenta un esempio da seguire con l’investimento 370 miliardi di dollari, ma la realtà è che sugli ambiziosi sforzi di Joe Biden pesa ancora la frenata quadriennale dell’amministrazione Trump che non ha solo rallentato il raggiungimento degli obiettivi ma ne ha temporaneamente deviato la rotta. 

Da dove partiamo: il PNRR e l’eredità del Governo Draghi

Per dare un quadro della situazione prima di addentarci nelle proposte dei programmi elettorali, diamo qualche spunto sull’agenda Draghi sul fronte della transizione ecologica, perché la fine anticipata di questo governo ha una responsabilità politica impossibile da escludere nelle valutazioni.

Le opportunità di investimento offerte dal PNRR sono un’occasione che capita una volta ogni secolo: l’ultima volta che all’Italia sono stati offerti tanti soldi per investire nelle infrastrutture era il 1951 con il Piano Marshall. Ben 220 miliardi di euro di investimenti in 5 anni che dovranno essere gestiti bene, tutelati dalle frodi e dalla criminalità ma non solo: dovranno essere spesi in un piano di riforme ad ampio spettro, serie e ben pianificate per assicurare il regolare afflusso dei fondi europei. Il 37% di queste risorse è stato assegnato alla transizione ecologica, circa 60 miliardi a cui il Governo Draghi ha aggiunto altri 10 miliardi di fondi complementari (nell’arco di 6 anni). 

Secondo il piano elaborato dal Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, più o meno 27 miliardi di euro sarebbero stati destinati alla transizione energetica per le infrastrutture (in cui rientra anche il tema mobilità), spingendo sulle energie rinnovabili e alternative. 15 miliardi destinati alla tutela del territorio e delle risorse idriche, circa 7 miliardi per l’economia circolare. La parte finale del PNRR invece prospetta di investire 18 miliardi nel miglioramento dell’efficienza energetica, sia nel settore pubblico che nelle abitazioni private, e a questo tema si affianca il piano energetico del governo Draghi con la liberalizzazione dell’auto-consumo di rinnovabili che in parole povere significa che chiunque (famiglie, imprese, comunità energetiche) abbia un tetto, un giardino, un balcone o altre superfici, possa installare un impianto fotovoltaico ed utilizzare l’energia elettrica prodotta per far fronte ai propri fabbisogni energetici.

Una breve nota va inserita anche sulla questione dell’indipendenza energetica dalla Russia, vista l’attuale situazione geopolitica che per l’Italia ha determinato, nei giorni immediatamente successivi allo scoppio del conflitto con l’Ucraina, l’aumento delle importazioni di gas liquido da Nord Africa, Canada e Stati Uniti e l’apertura alla sostituzione del gas russo (29 miliardi di metri cubi) con forniture da Algeria, Libia, Angola, Egitto, Qatar e Azerbaigian.

Le proposte nei programmi elettorali sul clima

Negli ultimi anni siamo stati abituati a ragionare per obiettivi, almeno per quanto riguarda la crisi climatica, in cui quello centrale è sicuramente il taglio delle emissioni. Nonostante la maggior parte dei programmi non usi l’espressione “crisi climatica” (usata solo da Unione Popolare) l’obiettivo di riduzione è comunque presente per la coalizione del Terzo Polo (Azione – Italia Viva) che propone una riduzione delle emissioni del 41% rispetto al 2018 e per i Verdi-SI con un obiettivo di riduzione del 70% rispetto al 1990. Il Partito Democratico si esprime a sostegno dell’impegno dell’obiettivo comunitario di riduzione del 55% entro il 2030, mentre la coalizione di Centro Destra dichiara di voler perseguire gli obiettivi europei ma con una non meglio specificata revisione.
In tema di adattamento, la gestione della risorsa idrica è presente in quasi tutti i programmi: Verdi-SI e Movimento5Stelle si orientano verso la gestione pubblica dell’acqua, mentre gli altri partiti citano un piano per limitare la dispersione idrica, il Terzo Polo dettaglia con: recuperare e realizzare nuovi invasi e bacini per trattenere le acque piovane, ristrutturare la rete idrica italiana per ridurre le perdite, promuovere un piano per il riuso delle acque di depurazione, incentivare gli investimenti in sistemi di irrigazione che riducono gli sprechi d’acqua.
Molto presenti nei programmi i riferimenti al monitoraggio e alla messa in sicurezza delle infrastrutture, per il Partito Democratico procedimenti che devono essere rivisti considerando il cambiamento climatico. Sulla stessa linea di presenza anche il tema del dissesto idrogeologico, sul quale il Movimento5Stelle si esprime a favore del completamento della carta geologica, tanto voluta dal partito, per mappare il territorio e prevenire i dissesti idrogeologici, il Terzo Polo propone la redazione di un apposito piano e di un framework normativo per il cambiamento climatico, un aumento gli investimenti in prevenzione e in infrastrutture di contenimento e l’obbligatorietà dell’assicurazione contro i danni da calamità naturali. Il Partito Democratico lo cita, così come il Centro Destra che chiede un programma straordinario di resilienza delle aree a rischio dissesto idrogeologico con interventi mirati.

Ripetiamo spesso che la crisi climatica è trasversale a tutti gli aspetti della nostra vita, quindi per avere un quadro completo delle proposte elettorali può essere utile prendere visione dei programmi in versione integrale per capire se e come la questione climatica viene gestita con un approccio integrato (ad esempio su: parità di genere, istruzione, lavoro, eccetera).

Link diretti ai programmi: Partito DemocraticoCentro DestraVerdi-Sì – MoVimento5StelleTerzo Polo +EuropaUnione Popolare 

Una sintesi dei contenuti dei programmi di facile lettura è quella proposta da ECCO – il think tank italiano per il clima – che ha schematizzato le proposte di politica del clima, divise per i suoi pilastri principali, all’interno dei programmi dei principali partiti, prendendo in esame i programmi depositati di partiti e coalizioni. Vi riportiamo la tabella realizzata da ECCO alla fine di questo articolo.

Come valutare questi programmi? 

Valutare delle proposte politiche non è semplice, soprattutto se i programmi elettorali non sono strutturati in modo tale da esplicitare in maniera chiara sia gli obiettivi desiderati che i mezzi per raggiungerli. Un gruppo di 20 scienziati ed esperti di clima ed energia o di politiche di questi settori, sotto la direzione scientifica di Stefano Caserini, Docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici del Politecnico di Milano, ha effettuato una valutazione strutturata basandosi su criteri di valutazione prestabiliti.

I criteri di valutazione 

La centralità del tema: quanto e dove si parla del tema del cambiamento climatico; la settorialità, ovvero quanto il tema del cambiamento climatico è connesso alle parti che si occupano dello sviluppo socio-economico o industriale, o è invece relegato come parte del capitolo sull’ambiente o sulla sostenibilità; l’ambizione: quanto nel programma sono citati e sostenuti obiettivi di riduzione delle emissioni; la fuoriuscita dai fossili: quanto è richiamata la necessità di una rapida fuoriuscita dal sistema fossile. La seconda cinquina di criteri valuta gli investimenti pubblici, ovvero se e quanto sono previsti investimenti pubblici, nonché sistemi di incentivi e disincentivi per accelerare la mitigazione del cambiamento climatico, l’equità e la disuguaglianza, se e quanto è considerato il tema della giusta transizione, la presenza o meno di politiche distrattive dall’urgente necessità di mitigazione, l’inserimento delle politiche o della volontà di inserirle nel contesto internazionale e infine la presenza o meno di negazionismo o di elementi che potrebbero indurre all‘inattivismo come ad esempio una narrazione negativa della transizione ecologica.

 

Come si nota dai risultati, Alleanza Verdi e Sinistra con 9,3 punti e Partito Democratico con 8,6 punti risultano essere le forze politiche che complessivamente hanno il più alto indice di impegno climatico. Risulta, invece, all’ultimo posto la coalizione di Centro Destra. I partiti che hanno dato maggiore centralità al tema del cambiamento climatico e al contempo anche settorialità nelle proposte -nell’ordine di punteggio- sono: i Verdi + SI, il Partito Democratico e Unione Popolare. In generale in nessuno dei programmi è presente o non lo è in maniera incisiva la narrazione negazionista o inattivista, anche se sono insufficienti i punteggi per la fuoriuscita per il 70% dei programmi analizzati. Sul tema degli investimenti pubblici i partiti più virtuosi risultano essere il Partito Democratico, i Verdi, Unione Popolare e il M5S. In merito agli investimenti e alle risorse, una recente analisi del gruppo di fact checking Pagella politica ha evidenziato come il 96 % delle promesse – generali, non solo in merito alla questione climatica – presenti nei programmi sia senza coperture; secondo l’analisi centrodestra, Pd, Movimento 5 stelle e Azione-Italia viva hanno promesso 328 misure: solo in 13 casi hanno detto dove prenderanno le risorse per finanziarle.

Per chi votare? 

Questo articolo non è ovviamente stato scritto con l’intenzione di condizionare il voto, ma è stato scritto con l’umile intento di diffondere più strumenti possibili per potersi fare una propria idea dei programmi elettorali e andare a votare. 

La politica dovrebbe spiegare la complessità delle cose e delle scelte (alcune possono non piacerci ma dobbiamo analizzare il disegno completo), dovrebbe trasmetterci l’idea di paese in cui vogliamo o non vogliamo vivere. I programmi che non rispecchiano questa complessità – soprattutto sul clima – dimostrano che i loro promotori non hanno sufficiente consapevolezza, non sono in grado di comprendere la situazione o non hanno realmente l’intenzione di affrontarla. Nessuna di queste ipotesi è compatibile con l’urgenza della crisi climatica.

L’Italia ha una grande occasione, ma deve ancora difendersi dall’ondata populista che in Europa – e oltre oceano – non si è ancora ritirata del tutto; l’Italia deve ancora prendere le distanze da quella politica che è sempre pronta ad offrire soluzioni semplici a problemi complessi, che al posto di vere riforme sul medio e lungo termine fa promesse che nascono e muoiono in campagna elettorale. L’Italia deve ancora guardarsi le spalle da chi promuove l’auto elettrica ma sovvenziona l’energia da fonti fossili, da chi pianta alberi ma non investe in energia pulita, da chi salva le balene d’estate e fa bollire il mare d’inverno. Un modo per essere cittadini consapevoli e proattivi è sforzarsi di andare oltre alle ideologie, oltre alla sfiducia, leggere i programmi elettorali, controllare che vengano rispettati e ovviamente: andare a votare.

 

 

Elisabetta Ruffolo

Elisabetta Ruffolo (Milano, 1989) Laureata in Public Management presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università degli studi di Milano. Head of communication di MeteoExpert, Produttrice Tv per Meteo.it, giornalista e caporedattrice di IconaClima. Ha frequentato l’Alta scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per il Master in Comunicazione e gestione della sostenibilità.

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