Siccità ed emergenza acqua, perché non puntiamo sui desalinizzatori?
Stiamo vivendo forse uno dei più gravi episodi di siccità degli ultimi decenni: manca acqua, i ghiacciai si stanno ritirando e allora perché non puntiamo sui desalinizzatori?
La pochissima pioggia caduta negli ultimi 6 mesi ha messo in gravissima difficoltà soprattutto il Nord Italia. All’appello, su tutto il territorio nazionale, mancano circa 40 miliardi di metri cubi di acqua (dati del rapporto mensile di Meteo Expert). E la condizione in cui ci troviamo è particolarmente grave anche per l’assenza di neve sulle nostre montagne già all’inizio della stagione estiva e per il grande caldo, che sta dando il colpo di grazia, aumentando l’evapotraspirazione, processo per cui l’acqua contenuta in piante, terreni e specchi di acqua si trasferisce in atmosfera.
I maggiori esperti mondiali da anni ci stanno dicendo che l’area del Mediterraneo, in particolare, sarà sempre più soggetta ad eventi del genere, con siccità prolungate, ondate di calore più intense e cambiamenti dell’andamento di piogge e nevicate.
Siamo una regione che andrà incontro ad una minore disponibilità d’acqua. Lo sappiamo, e se la politica non ha mai ascoltato il grido di allarme degli esperti, non può non vedere quello che sta succedendo. Non possiamo permetterci di andare avanti così: il business as usual non è una opzione.
Dovremo fare fronte a una sempre minore disponibilità d’acqua: servono desalinizzatori
Tra gli interventi principali per affrontare un futuro del genere, segnato da una costante diminuzione della disponibilità idrica, innanzitutto serve più manutenzione della rete, dove oggi disperdiamo quasi la metà dell’acqua a disposizione, e poi servono nuovi bacini per raccogliere acqua piovana e di fusione dei ghiacciai, e desalinizzatori.
Siamo circondati dal mare. Sarebbe illogico per noi, vista la crisi climatica, non cercare di prelevare e dissalare l’acqua marina. Molti Paesi già usano questa tecnologia per assicurarsi acqua specialmente durante i periodi più siccitosi: parliamo di Israele, degli Emirati Arabi, dell’Arabia Saudita, ma anche dell’Australia e della vicina Spagna.
A livello globale più di 300 milioni di persone fanno già affidamento sull’acqua proveniente da impianti di desalinizzazione.
Secondo il gruppo Webuild all’Italia servirebbero almeno 16 desalinizzatori: questo ci consentirebbe di far fronte alle emergenze e necessità del periodo estivo. Con un investimento di circa 3 miliardi potremo produrre 1,6 miliardi di metri cubi d’acqua dolce al giorno. Per coprire, invece, il fabbisogno complessivo ne dovremmo costruire una ottantina. In Spagna ne hanno installati 765, con cui riescono a produrre 6 miliardi di metri cubi d’acqua. L’Italia è ferma a 400 milioni.
Siamo arrivati tardi, e questo ormai lo sappiamo, ma se la politica decidesse di investire in questa tecnologia basterebbero due anni per la loro costruzione ed entrata in funzione.
Attualmente però, il processo però di installazione di desalinizzatori in Italia è bloccato. La Legge Salvamare, al di là dei tanti meriti, ha stabilito che gli impianti di desalinizzazione destinati alla produzione di acqua per il consumo umano sono ammessi solo in casi eccezionali. Legge, tra l’altro, pubblicata lo scorso maggio, in piena emergenza siccità. Le eccezioni alla regola riguardano condizioni di “comprovata carenza idrica e in mancanza di fonti idricopotabili alternative economicamente sostenibili”, nei casi in cui “gli impianti siano previsti nei piani di settore in materia di acque e in particolare nel piano d’ambito anche sulla base di un’analisi costi benefici” e solo dopo aver dimostrato “che siano stati effettuati gli opportuni interventi per ridurre significativamente le perdite della rete degli acquedotti e per la razionalizzazione dell’uso della risorsa idrica prevista dalla pianificazione di settore”. A questi paletti, segue quella della valutazione di impatto ambientale, e il fatto che le autorizzazioni non possono essere demandate come si è fatto finora alle regioni ma ad apposita commissione ministeriale per la concessione del Via. Un iter burocratico infinito che di fatto blocca ogni avanzamento in questo senso.
Le criticità legate al processo di desalinizzazione
L’urgenza c’è, ma gli impatti ambientali dei dissalatori non sono sicuramente trascurabili, e quando ci decideremo a costruirli dovremo sicuramente prestare attenzione ai costi, all’uso di energia rinnovabile e al processo di smaltimento della salamoia.
Costi
I desalinizzatori ovviamente comportano un costo maggiorato dell’acqua: l’acqua desalinizzata costa dai 2 ai 3 euro al metro cubo, contro gli 1,5 euro del costo attuale. Ma teniamo presente che in altri Paesi d’Europa, l’acqua costa anche di più1: in Francia l’acqua costa dai 2 ai 3,5 euro per metro cubo, in Germania dai 2,8 ai 4,5 euro al metro cubo, in Norvegia supera i 5 euro al metro cubo.
Energia
La crisi energetica potrebbe frenare la costruzione di nuovi dissalatori perché non stiamo puntando ancora sulle rinnovabili. I dissalatori funzionano attraverso due tecniche principali: la distillazione termica e l’osmosi inversa. Gli impianti di desalinizzazione sono molto energivori: il processo di distillazione in particolare consuma fino a 6 kWh per ogni metro cubo di acqua, mentre il processo dell’osmosi inversa richiede circa 3-4 kWh per metro cubo di acqua potabile. Ad oggi bisogna dire che la maggior parte (64%3) dei grandi impianti di desalinizzazione in funzione utilizzano la tecnologia della distillazione termica.
Ma l’introduzione di nuove tecnologie ha permesso però di abbassare nettamente il consumo di energia di questi impianti, fino a 1 kWh per metro cubo. Si tratta di tecnologie innovative, che hanno bisogno ancora di un po’ di tempo per poter essere utilizzate su larga scala. Nel frattempo però, utilizzando energia rinnovabile per gli impianti di desalinizzazione ad osmosi inversa, ad esempio, potremmo però risparmiare e dimezzare2 le emissioni di CO2.
Ad esempio a Perth, in Australia, è in funzione il più grande impianto di desalinizzazione che utilizza solo energia rinnovabile, proveniente dall’impianto eolico distante circa 200 chilometri. Questo impianto produce 144 mila metri cubi di acqua al giorno.
Impatto ambientale
Gli impianti di desalinizzazione oggi hanno anche un impatto ambientale che non possiamo trascurare. Secondo uno studio dell’industria della desalinizzazione voluto dalle Nazioni Unite, i 16 mila impianti presenti a livello globale producono 1,5 litri di salamoia per ogni litro di acqua dolce. Metà della salamoia prodotta a livello globale arriva dal Medio Oriente, dagli impianti – principalmente con tecnologia di distillazione – di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kwait e Qatar.
Lo smaltimento di questo scarto di lavorazione spesso finisce direttamente in mare, destabilizzando profondamente l’ecosistema e creando un danno ambientale importante. Lo scarico in mare della salamoia aumenta la temperatura dell’acqua, la sua salinità e la torbidezza. L’ambiente marino sicuramente ne soffre, con un maggior sviluppo di alghe e piccoli molluschi e una migrazione forzata dei pesci4. Si tratta quindi di un aspetto a cui bisogna fare attenzione e a cui la ricerca ha già cercato alternative utili per trasformarlo da scarto a risorsa.
Serve un piano e una decisione politica
Sicuramente la politica deve agire ora. Quello che stiamo vivendo è un assaggio di questo “nuovo clima”. L’Italia, così come altri Paesi del Mondo, deve investire oggi nell’adattamento del Paese ad un clima che è già cambiato. L’acqua, difatti, è uno dei principali punti chiave per la resilienza nel Pnrr.
Meno piogge, meno nevicate, temperature sempre più alte mettono a serio rischio il nostro approvvigionamento idrico. Non possiamo più contare sull’arrivo della pioggia o sulla fusione estiva della neve: tra qualche anno scompariranno addirittura i ghiacciai. Serve un intervento risoluto per evitare che quanto stiamo vivendo oggi si ripeta, con conseguenze sempre più disastrose. Cosa stiamo aspettando?
- Water prices compared in 36 EU-cities
- SWRO and energy consumption
- 1998 IDA Wordwide Desalting Plants. Inventory Report No. 15. Wangnick Consulting GmbH.