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Siamo ancora capaci di costruirci un futuro?

Contro la crisi ambientale ed economica serve "il pensiero delle cattedrali"

Una volta l’uomo era in grado di iniziare un’opera pur sapendo che non l’avrebbe mai vista conclusa. Oggi sembra che questa capacità di godersi il tempo che verrà sia andata perduta. Forse, con essa, abbiamo smarrito anche un po’ di speranza.

Iniziamo con un esempio: la “prima pietra” del Duomo di Milano è risalente al 1386. Nel 1805, su istanza diretta di Napoleone Bonaparte, si avviarono i lavori per il completamento della facciata. Il progetto sembra sia stato finalmente concluso nel 1813. Proseguì per tutto l’Ottocento l’aggiunta di statue e l’erezione delle guglie, a opera di vari architetti. Si parla di una fine lavori nel 1932, senza contare i continui restauri. Tempo fa i cittadini di Milano occupavano volontariamente parte delle loro giornate per “curare” la loro cattedrale tenendola pulita e splendente.

Oggi, nel 2020, saremmo in grado di iniziare un’opera che necessita di secoli per essere conclusa? La natura lo fa, con i suoi alberi secolari, con i disegni del vento sulle rocce, persino con i giacimenti di carbonio nel sottosuolo. Processi lunghi, talmente lenti da non farci neanche percepire la loro evoluzione, nel breve istante di vita in cui viviamo.

Oggi desideriamo tutto e subito. E consumiamo tutto e subito, senza pensare al dopo. Sui temi del tempo, delle risorse e del futuro, sono molto interessanti le considerazioni portate avanti da Telmo Pievani, filosofo ed evoluzionista, in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera: “contro la crisi l’uomo deve imitare gli architetti del Medioevo: costruivano sapendo di non vedere la fine dell’opera”.

Sembra necessario, anzi vitale, un cambio di ritmo per tornare con il pensiero ai figli di questo tempo, coloro che vedranno il risultato del nostro operato. Chissà come giudicheranno la pressione che stiamo imprimendo sull’ambiente. E chissà se si accorgeranno che stiamo facendo di tutto per noi, non di certo per loro.

Serve una nuova immaginazione, che guidi uno sviluppo consapevole e sostenibile per le future generazioni, in uno stato stazionario, in cui lo stock di capitale nel senso fisico più ampio del termine, (comprendente l’inventario totale dei beni di consumo e la popolazione umana) rimanga pressoché invariato. Se con crescita intendiamo un cambiamento quantitativo e con sviluppo un cambiamento qualitativo, allora potremmo dire che un’economia di stato stazionario si sviluppa ma non cresce. Proprio come fa il Pianeta, che si sviluppa, ma (purtroppo per noi) non cresce.

Ciò che invece non dovrebbe essere mantenuto costante è la cultura, la conoscenza, la scienza, la ricerca, la cura, l’amore, l’eredità, l’intelligenza e la nostra visione del futuro. Queste qualità non solo dovrebbero essere lasciate libere di evolversi, ma il loro sviluppo dovrebbe essere incoraggiato.

Per riuscirci serve la volontà della cittadinanza e servono decisori politici competenti, lucidi e dotati di coraggio intellettuale. Responsabili e decisori che, come direbbe Telmo Pievani, abbiano il “pensiero delle cattedrali, ovvero il pensiero dei costruttori medievali che gettavano le fondamenta di una cattedrale ben sapendo che solo i loro figli o nipoti l’avrebbero vista finita”.

Oggi, la cattedrale che dobbiamo costruire è quella di un’economia circolare con un ritrovato concetto di risorsa e di valore, preservando l’ambiente in cui viviamo e, soprattutto, in cui vivremo.

Serena Giacomin

Fisica, con specializzazione in Fisica dell’Atmosfera. Meteorologa certificata di Meteo Expert, climatologa e presidente dell’Italian Climate Network, il movimento italiano per il clima. Conduce le rubriche meteo in onda sui canali Mediaset e tramite le principali radio nazionali. Oltre alle attività di analisi previsionale, è impegnata nel Progetto Scuole per portare meteo e clima tra i banchi dei bambini e dei ragazzi. Autrice del libro ‘Meteo che Scegli, Tempo che Trovi’.

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