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Incendi in Nord America: nuovo trend del monossido di carbonio in atmosfera

Secondo una recente ricerca, nel periodo 2012-2018 le emissioni di monossido di carbonio hanno modificato il loro ciclo stagionale nel nord ovest del Pacifico

Gli incendi che bruciano nel nord-ovest degli Stati Uniti incidono in maniera determinante sulla qualità dell’aria. Gli scienziati del National Center for Atmospheric Research hanno infatti scoperto che il fumo nero fluttuante degli incendi divampati negli anni passati ha causato un aumento dei livelli di monossido di carbonio atmosferico capaci di cancellare le recenti riduzioni delle emissioni. La ricerca mostra inoltre che gli impatti del fumo sulla salute pubblica potrebbero essere già peggiorati.

“La nostra ricerca contribuisce al crescente corpo di ricerca che mostra che gli incendi, in particolare quelli della regione nord-occidentale del Pacifico, stanno diventando più importanti per la qualità dell’aria nordamericana“, ha affermato la dott.ssa Rebecca Buchholz, ricercatrice del progetto presso il National Center for Atmospheric Research.

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Incendi e inquinamento da monossido di carbonio: nel periodo dal 2012 al 2018 i ricercatori hanno evidenziato una nuova tendenza nel flusso stagionale

Osservando il monossido di carbonio, un gas traccia emesso durante gli incendi, i ricercatori hanno analizzato l’impatto sulla chimica atmosferica dal 2002 al 2018. Il team di ricercatori, che comprendeva scienziati provenienti da ogni parte del mondo, ha stabilito che i picchi di inquinamento più elevati e pericolosi si concentrano ad agosto, cioè quando tipicamente gli incendi divampano nella regione, mentre diminuiscono negli altri mesi. La deviazione dal ciclo annuale, ha detto, “ci dice che gli incendi stanno compromettendo la capacità dell’atmosfera di autopulirsi”.

Le concentrazioni di monossido di carbonio a livello globale sono diminuite di mezzo punto percentuale all’anno durante il periodo analizzato (16 anni), ma in tutto il Nord America gli scienziati hanno scoperto che quello di agosto era un valore anomalo. I livelli di monossido di carbonio nell’atmosfera seguono infatti un ciclo stagionale, spinto a diminuire e aumentare attraverso un processo fotochimico. Prima del 2011, le regioni erano in linea con questo andamento: i livelli degli inquinanti hanno raggiunto il picco in primavera e sono diminuiti a fine estate. In un periodo più recente analizzato dai ricercatori, vale a dire dal 2012 al 2018, è cominciata ad emergere una nuova tendenza.

Quattro diversi inventare globali confermano i picchi ad agosto nel nord-ovest del Pacifico

Dunque ad agosto, mentre ci si aspettava che il monossido di carbonio si trovasse ai suoi livelli più bassi in base appunto al consueto ciclo stagionale, ci sono stati dei picchi. La deviazione dalla tendenza mondiale è stata più forte nel Pacifico nord-occidentale perché lì ad agosto il rischio incendi è decisamente più elevato, ma gli effetti sono stati riscontrati anche in altre aree intorno al Paese e nel nord-est del continente nordamericano. I risultati della ricerca sono stati avvalorati da quattro diversi inventari globali delle emissioni di incendi che confermano costantemente i picchi di inquinamento da monossido di carbonio ad agosto nel nord ovest del Pacifico.

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Sebbene permangano ancora alcune domande sulla connessione tra accensioni e crisi climatica, è indubbio che temperature sempre più calde e un clima sempre più secco preparano il terreno a bruciare più rapidamente. “C’è sicuramente un feedback tra incendi e clima”, ha detto Buchholz, osservando che rimangono ancora grandi domande sulle specifiche della relazione tra i due. Ma la sua ricerca mostra che gli incendi hanno un effetto aggravante sulla cattiva qualità dell’aria che ha il potenziale per colpire milioni di persone in tutto il continente. Sarà utile iniziare a guardare al mese di agosto come un periodo in cui i picchi di inquinamento incidono in maniera significativa, conclude.

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Redazione

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