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Acidificazione oceani: superata la soglia di sicurezza, la salute marina è a rischio

L’acidificazione degli oceani ha superato la soglia di sicurezza globale, mettendo a rischio interi ecosistemi e innumerevoli specie

Secondo un nuovo studio, l’acidificazione degli oceani ha già superato uno dei limiti planetari che garantiscono condizioni di sicurezza per la vita sulla Terra. È un campanello d’allarme che riguarda la stabilità di interi ecosistemi marini, e quindi anche quella delle comunità costiere e delle economie che da essi dipendono.

L’acidificazione degli oceani è generata dall’assorbimento di anidride carbonica (CO₂) da parte dell’acqua marina: come per la crisi climatica, dunque, la causa del fenomeno sono principalmente le attività umane e in particolare l’utilizzo di combustibili fossili. Quando la CO₂ si dissolve in mare reagisce con l’acqua e ne altera il pH, rendendo l’ambiente più acido. Questo processo indebolisce i coralli, danneggia habitat vitali e può letteralmente dissolvere i gusci di organismi marini come ostriche, cozze e piccoli molluschi.

Finora non si pensava che questo fenomeno avesse già superato i cosiddetti planetary boundaries (confini planetari), una serie di limiti considerati sicuri, parametri scientifici che definiscono le soglie entro cui il nostro pianeta può mantenere condizioni stabili.
Ma i risultati di questa nuova ricerca dicono il contrario: un confine è stato superato già cinque anni fa, nel 2020.

La conferma arriva da un team internazionale composto dal Plymouth Marine Laboratory (Regno Unito), dall’agenzia NOAA statunitense e dall’Oregon State University. Analizzando dati fisici e chimici – compresi quelli provenienti da carote di ghiaccio – e combinandoli con modelli climatici avanzati e studi biologici, gli autori hanno tracciato l’evoluzione dell’acidificazione degli oceani negli ultimi 150 anni. I risultati sono stati condivisi oggi dal Guardian.

acidificazione oceani

Uno dei segnali più preoccupanti riguarda la concentrazione di carbonato di calcio nell’acqua marina, un composto essenziale per la formazione di gusci e scheletri in molti organismi. La soglia critica viene considerata superata quando tale concentrazione cala di oltre il 20% rispetto ai livelli preindustriali. Secondo lo studio, questa soglia è già stata oltrepassata in oltre metà degli oceani, soprattutto sotto i 200 metri di profondità.

E proprio nelle acque più profonde, dove vivono molte delle specie marine più delicate, i ricercatori hanno osservato le condizioni peggiori. A rischio ci sono ecosistemi fondamentali come le barriere coralline tropicali e quelle di profondità, che offrono rifugio e aree di riproduzione a centinaia di specie.

Gli effetti concreti? Calo della biodiversità, minore capacità riproduttiva di molte specie marine, indebolimento delle catene alimentari e impatti diretti sulle comunità umane che dipendono dalla pesca.

Lo studio ribadisce un fatto ormai ineludibile: l’unica strada efficace per contrastare l’acidificazione degli oceani è ridurre drasticamente le emissioni di CO₂. Ma, nel frattempo, servono interventi mirati per proteggere le aree più vulnerabili e le specie più esposte. Ignorare il problema non è più un’opzione: le conseguenze si stanno già manifestando, e il tempo per agire si sta esaurendo.

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NOTE: questo articolo è stato generato con il supporto dell’intelligenza artificiale.

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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