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Sport e clima: dalla vulnerabilità alla valutazione e prevenzione dei rischi

Le società sportive iniziano ad integrare i cambiamenti climatici tra le variabili da considerare per stimare la propria vulnerabilità ed orientarsi verso la resilienza

La giornata internazionale dello sport per lo sviluppo e la pace si celebra il 6 aprile di ogni anno, la ricorrenza è stata proclamata nel 2013 dall’Assemblea Generale dell’ONU proprio nel giorno in cui, nel 1896 ad Atene, nascevano i primi Giochi Olimpici dell’era moderna.

La ricorrenza di quest’anno assume un particolare significato per il mondo dello sport: dopo lo stop del 2020 a causa della pandemia e il rinvio delle Olimpiadi, il 2021 vedrà per la prima volta le Olimpiadi di Tokyo in anno dispari. La pandemia ha infatti paralizzato anche il mondo dello sport, causando ingenti danni a società, associazioni sportive e a tutto ciò che ruota intorno alle competizioni.

La crisi sanitaria, come abbiamo ripetuto più volte, è stata un evento non previsto e come tale ha causato danni sistemici, ma tra le sfide del futuro per le quali abbiamo già a disposizione dei dati, c’è la crisi climatica che, con i suoi effetti, sta già influenzando anche il mondo dello sport.

Il mondo dello sport sta iniziando a prendere in seria considerazione la variabile climatica per le proprie strategie di adattamento, The Climate Coalition, un movimento con sede nel Regno Unito, ha pubblicato una ricerca in merito all’inizio del 2018: il rapporto “Game Changer”. Il rapporto, pubblicato in collaborazione con il Priestly International Center for Climate, ha esaminato l’impatto che il cambiamento climatico sta avendo sugli sport fondamentali per la cultura britannica, come il calcio, il cricket e il golf, nonché gli sport invernali.

La crisi climatica sta portando, anche nell’Europa continentale, ad un aumento degli eventi meteo estremi. In Gran Bretagna, come evidenziato nel rapporto, le condizioni meteorologiche estreme stanno già avendo un forte impatto sul calcio, che nella nazione è giocato da circa 2,3 milioni di persone. Sempre secondo il rapporto “Game Changer”, un terzo dei club dilettanti perde circa due o tre mesi della stagione di gioco a causa del maltempo. Per i club al di fuori della Premier League inglese che dipendono dalle entrate del giorno della partita, lunghi periodi di interruzione rappresenterebbero una minaccia alla loro stessa sopravvivenza.

Esistono rischi simili per il golf e per il cricket. Oltre all’influenza dei possibili eventi meteorologici estremi, una variazione del clima può portare a variazioni nella salute del manto erboso, l’umidità porta condizioni fangose che favoriscono l’insorgere di malattie del prato, mentre condizioni siccitose influiscono negativamente sulla qualità delle superfici. In un futuro in cui il fattore acqua segnerà la sopravvivenza e gli assetti geopolitici del mondo, anche le società sportive dovranno dotarsi di metodi di gestione e riciclo dell’acqua il più efficienti possibili.

Una parentesi molto ampia è quella che riguarda gli sport invernali. Sulle nostrane Alpi la neve è diminuita soprattutto al di sotto dei 2 mila metri, con impressionanti trend anche per la durata della stagione nevosa: sotto i 2000 metri si è ridotta in media di 22-34 giorni. In Scozia, un aumento di 2-4 ° C potrebbe causare una riduzione del 60% tassi di nevicate invernali entro gli anni 2080. Alcuni sport invernali dovranno adattarsi, altri potrebbero addirittura scomparire, come avevamo illustrato nell’articolo sulla gara olandese: Il futuro della Elfstedentocht.

Il clima che cambia sta dunque già influenzando alcune discipline sportive e le organizzazioni lungimiranti stanno già adottando azioni di mitigazione quali, la riduzione delle emissioni, l’adozione di  programmi di sostenibilità.

Per quanto riguarda le misure di adattamento invece è già possibile intervenire in due macro-aree. La prima riguarda l’analisi dei rischi, ovvero includere la stima delle possibile perdite causate della sospensione delle partite e le perdite che ricadono di conseguenza sugli atleti. La seconda riguarda invece la formazione del personale sulla scienza del clima e sui possibili rischi.

Esistono principalmente tre modi per determinare quanto sia vulnerabile un determinato sport o una determinata società/organizzazione rispetto ai cambiamenti climatici: l’ubicazione geografica dell’organizzazione, la stagione di gioco e la tipologia di sport. Posto che le squadre raramente cambiano la loro geografia, i campionati raramente slittano la stagione di gioco e un cambiamento di attività sportiva significa snaturare totalmente una organizzazione, bisogna intervenire sulla struttura e sulla pianificazione.

Uno dei possibili modi è quello di considerare il rischio climatico durante la sottoscrizione delle polizze assicurative, scegliendo quelle che contengono specifici rientri in caso di eventi meteorologici estremi o condizioni meteo che determinano lo slittamento o l’annullamento di un match.

Un’altra possibile via da intraprendere è invece più strutturale e consiste nel rendere le infrastrutture più resilienti e fare affidamento sulle risorse naturali integrandole con cognizione nei propri meccanismi di gestione, un esempio può essere l’utilizzo di piante autoctone che assorbono l’acqua alla velocità corretta e riducono le possibilità di allagamento.

In Australia, dove il caldo estremo è diventato un problema crescente per la maggior parte degli sport, organizzazioni lungimiranti hanno implementato azioni per ridurre o mitigare i rischi associati.

Un esempio sotto gli occhi di tutti dell’influenza del clima sullo sport, è rappresentato dall’Australian Open. Il torneo di tennis di fama mondiale contribuisce al 2-3% del PIL della nazione e si è scontrato molte volte con condizioni meteo non favorevoli ai match. Ricordiamo ad esempio la notizia del 2020: Troppo fumo, aria irrespirabile: si fermano gli Australian Open, o più in generale le notizie sulle temperature torride e le ondate di siccità che investono in maniera sempre più prolungata e consistente la nazione: Caldo record in Australia: non c’è mai stata primavera più rovente, Australia, gli incendi estivi hanno rilasciato più CO2 di un anno intero, In Australia nemmeno l’autunno ha regalato sollievo dalla siccità, eccetera.

Comprendendo la portata del problema, Tennis Australia ha aggiornato negli ultimi anni la scala di misurazione dello stress da calore. La scala misura la temperatura dell’aria, nonché l’umidità, il calore riflesso e le condizioni del vento, per fornire una valutazione della situazione su una scala di stress compresa tra 1-5. Quando la situazione si attesta sul livello 4 della scala, i giocatori possono fare pause extra, gli ufficiali di gara possono sospendere il gioco quando si raggiunge il grado 5.

Preso coscienza delle singole vulnerabilità, è possibile trovare delle strategie di adattamento. Da queste strategie, se studiate d’anticipo, possono nascere nuove opportunità di gioco, di associazionismo e – in un certo senso – di squadra.

Elisabetta Ruffolo

Elisabetta Ruffolo (Milano, 1989) Laureata in Public Management presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università degli studi di Milano. Head of communication di MeteoExpert, Produttrice Tv per Meteo.it, giornalista e caporedattrice di IconaClima. Ha frequentato l’Alta scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per il Master in Comunicazione e gestione della sostenibilità.

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