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Clima, solo una nazione ha presentato un piano in linea con l’obiettivo 1,5 °C

Secondo il Climate Action Tracker, i nuovi target climatici per il 2030 sono deludenti. E quelli al 2035 non bastano a evitare un superamento prolungato della soglia critica

Mentre a Bonn proseguono a rilento i negoziati ONU sul clima, arriva un aggiornamento preoccupante: su oltre 40 governi monitorati, solo il Regno Unito ha presentato un piano al 2035 compatibile con l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro 1,5 °C. E lo è solo a certe condizioni, come l’aumento dei finanziamenti internazionali. Nessun altro Paese ha rafforzato i propri obiettivi per il clima al 2030: una soglia chiave, dato che le emissioni globali dovrebbero dimezzarsi entro la fine del decennio per restare nei limiti dell’Accordo di Parigi.

Il nuovo report del Climate Action Tracker (CAT), pubblicato in occasione dei colloqui intermedi a Bonn, non lascia spazio a interpretazioni: i governi stanno mancando l’appuntamento con l’urgenza climatica.

Pochissimi paesi hanno presentato i propri obiettivi per il clima, e sono quasi tutti insufficienti

«Avevamo in programma di quantificare l’impatto dei nuovi piani climatici, ma non c’è praticamente nulla da sommare: rispetto alla COP28 di Baku, la situazione è ferma», ha dichiarato Ana Missirliu del NewClimate Institute, uno degli enti che gestisce il CAT. A oggi, solo 11 Paesi hanno presentato i propri NDC (contributi determinati a livello nazionale) aggiornati al 2035. Nessuno ha rafforzato il target al 2030, e tra i grandi in ritardo figurano la Cina, l’India e perfino l’Unione Europea.

Secondo Bill Hare, CEO di Climate Analytics, il rischio è quello di «un superamento prolungato e pluridecennale» del limite di 1,5 °C. Anche se i target 2035 fossero ambiziosi, senza un adeguato rialzo degli obiettivi 2030 «non si riuscirà a evitare un forte sforamento», ha avvertito.

clima emissions gap
Proiezioni CAT e conseguenti gap di emissioni nel raggiungimento dell’obiettivo di 1,5°C. Fonte: Climate Action Tracker

Il problema non è tecnico, ma politico

«Superare l’obiettivo di Parigi sarebbe un fallimento politico, non tecnologico né economico», ha detto Hare. Gli strumenti ci sono: le tecnologie pulite avanzano, i costi delle rinnovabili scendono, i veicoli elettrici si diffondono e per la prima volta gli investimenti globali in energia pulita hanno superato quelli nei combustibili fossili. Ma serve volontà politica, che oggi manca.

Il CAT monitora Paesi che rappresentano l’85% delle emissioni mondiali. Se si includono anche i piani di altri 10 Paesi, al 19 giugno 2025 solo il 19% delle emissioni globali era coperto da nuovi NDC. Il restante 68% resta scoperto.

Troppa fiducia in foreste e crediti internazionali

Il rapporto segnala anche derive preoccupanti: molti governi contano eccessivamente sul sostegno di foreste e suolo nell’assorbimento della CO2, o sull’acquisto di crediti internazionali previsti dall’Articolo 6 dell’Accordo di Parigi sul clima. Ma quest’ultimo dovrebbe servire ad aumentare l’ambizione climatica, non a diluirla: la priorità deve restare la riduzione delle emissioni.

«L’opportunità per correggere la traiettoria è ancora aperta – ha detto Missirliu –. Ma senza nuovi impegni solidi per il 2030 e piani credibili per il 2035, il mondo rischia di oltrepassare un punto di non ritorno».


NOTE: questo articolo è stato generato con il supporto dell’intelligenza artificiale.

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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