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Anche i semi sono a rischio nelle zone di guerra: in gioco il cibo delle prossime generazioni

Da Sudan e Ucraina a Palestina e Afghanistan, le guerre colpiscono anche i semi che garantiscono il nostro cibo. Ecco perché il deposito delle Svalbard, nel Circolo Polare Artico, è diventato il rifugio estremo per la biodiversità agricola del pianeta.

Mentre i conflitti armati dilagano in sempre più aree del mondo, un patrimonio silenzioso ma fondamentale sta scomparendo: i semi. Non quelli appena raccolti nei campi, ma milioni di campioni conservati nei depositi genetici di paesi in guerra, raccolti in decenni di lavoro scientifico per selezionare varietà di grano, riso, ortaggi e cereali resistenti a siccità, malattie e condizioni estreme.

Come racconta un recente approfondimento di Yale Environment 360, il magazine della Yale School of the Environment, gli attacchi ai seed bank – i depositi genetici nazionali – mettono a rischio non solo la sicurezza alimentare dei singoli paesi, ma il futuro stesso dell’agricoltura globale.

Svalbard: ultima spiaggia per la biodiversità

Il rifugio finale di questi semi è la Svalbard Global Seed Vault, costruita in un tunnel scavato nel permafrost norvegese, a 1.300 chilometri dal Polo Nord. Dal 2008 conserva in condizioni criogeniche oltre 1,3 milioni di varietà di semi provenienti da 87 paesi. È il “caveau dell’Apocalisse”, progettato per garantire la biodiversità agricola in caso di disastri globali, ma oggi sempre più usato per salvare collezioni minacciate da guerre e instabilità.

Semi rubati, dispersi, bombardati

In Sudan, la banca del germoplasma di Wad Medani è stata invasa dai ribelli dell’RSF nel 2023. I semi, tra cui antiche varietà di sorgo e miglio adattate alla siccità, sono stati dispersi o distrutti. Solo un quarto della collezione nazionale è stato recuperato e inviato alle Svalbard.

In Ucraina, l’enorme deposito genetico di Kharkiv è stato danneggiato dai bombardamenti russi nel 2022. I ricercatori sono riusciti a spostare gran parte del materiale in una località segreta nell’ovest del paese, ma migliaia di varietà restano inaccessibili, alcune dietro le linee nemiche. Nonostante un’intesa per aderire al trattato internazionale sullo scambio di risorse genetiche, l’Ucraina non ha ancora trasferito le sue collezioni alle Svalbard.

In Palestina la seed bank di Hebron fa di tutto per resistere, e di recente ha inviato campioni alle Svalbard. Si tratta di ortaggi autoctoni raccolti nei campi di Gaza e Cisgiordania, con un valore genetico prezioso per il Mediterraneo.

E poi c’è l’Afghanistan, dove tutte le stazioni di ricerca agricola sono state distrutte dagli anni ’70 in poi. I tentativi di ricostruzione si scontrano con razzie, instabilità e assenza di infrastrutture. Le sementi più pregiate sono spesso conservate in luoghi improvvisati, ma i ricercatori al loro ritorno trovano “una biblioteca senza titoli”: semi mescolati, privi di etichette, inutilizzabili.

Una corsa contro il tempo

Nonostante il supporto delle Nazioni Unite e delle reti internazionali come CGIAR, i fondi per la conservazione genetica si stanno riducendo. Gli Stati Uniti, finora principali finanziatori, hanno tagliato drasticamente il budget per la cooperazione. Anche la fiducia tra paesi si deteriora: alcuni governi esitano a inviare i propri semi alle Svalbard, temendo interferenze geopolitiche. A complicare le cose, la crescente tensione tra Russia e Norvegia rischia di mettere a rischio proprio l’integrità del deposito artico.

Eppure mai come oggi la conservazione genetica è vitale. Il cambiamento climatico richiede varietà capaci di resistere a eventi estremi. Le vecchie varietà contengono tratti genetici fondamentali per affrontare la crisi climatica: tolleranza al calore, adattamento alla siccità, resistenza a parassiti emergenti. Ma queste varietà spesso esistono solo nei semi custoditi nei paesi più colpiti dalle guerre.

Perché tutto questo ci riguarda

La biodiversità agricola è una delle assicurazioni più importanti che abbiamo per affrontare il futuro. Ma non è garantita. Se perdiamo questi semi, perdiamo anche le possibilità di adattare il nostro sistema alimentare alle nuove sfide. Si tratta di un’emergenza silenziosa, che non fa notizia come l’esplosione di un deposito o la fuga di civili, ma che potrebbe compromettere la sicurezza alimentare globale per generazioni.
Per questo la tutela dei semi, anche sotto le bombe, deve diventare una priorità.


NOTE: questo articolo è stato generato con il supporto dell’intelligenza artificiale.

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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