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Clima, Europa e Coronavirus: che impatto avrà il Covid-19 sul Green Deal?

Come sottolineato dalla European Environment Agency, questa crisi ci insegna le cose da evitare nella transizione verso una società sostenibile: emergenze, improvvisazioni e disuguaglianze

La European Enviroment Agency (EEA) ha recentemente espresso la sua opinione riguardo al rapporto fra il cambiamento climatico e l’attuale crisi sanitaria europea dovuta al Coronavirus. Ecco come essa ritiene che i due fenomeni siano collegati.

Una crisi sanitaria ed economica

La parola lock-down è quella che meglio spiega la situazione attuale dell’Unione Europea, del nostro paese in particolare, nel tentativo di fermare il prima possibile l’espandersi del contagio da Coronavirus. Le scuole e le attività commerciali sono ferme, la stragrande maggioranza dei voli cancellati, i confini sbarrati, la popolazione chiusa in casa. Il Covid-19, insomma, non è solo un’emergenza sanitaria, ma anche economica. Sta causando gravi rallentamenti o brusche frenate dei settori economici chiave, risultando in un drastico calo delle emissioni di gas inquinanti (come è già stato osservato in Cina e nel Nord Italia), e di gas serra.

I suoi effetti su inquinamento e gas serra

Purtroppo, però, tali riduzioni sono probabilmente destinate a costituire solo una breve e insignificante tregua, tanto è vero che in genere alle crisi segue un pronto rimbalzo economico, in grado di far facilmente dimenticare qualsiasi riduzione precedente delle emissioni.

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Andamento delle emissioni mondiali di anidride carbonica. Fonte: International Energy Agency, Insideclimatenews

L’inquinamento, non appena terminata la crisi, ritornerà con tutta probabilità ai suoi livelli usuali: chi soffre di patologie croniche ai polmoni e al cuore causate dall’esposizione prolungata alle sostanze inquinanti continuerà a soffrirne. Una giornata in montagna non cancella, infatti, i danni di decenni di aria irrespirabile. Non solo la temporanea riduzione delle emissioni non migliora la loro condizione, ma, anzi, questi soggetti rischiano di più, perché le loro patologie li rendono particolarmente esposti all’aggravarsi dell’infezione da Coronavirus.

Tuttavia, è ancora presto per stimare esattamente ampiezza e durata dell’impatto della crisi sulle emissioni inquinanti e climalteranti. Sarebbe infatti necessario capire quali effetti si avranno sui pattern di produzione e consumo, come ad esempio sulla domanda di mobilità, fra cui l’aviazione o il pendolarismo, in particolare l’utilizzo di auto private. La EEA si è impegnata a condurre il prima possibile studi sull’estensione, la durata e l’entità degli effetti previsti o inaspettati, analizzando dati eterogenei una volta terminata l’emergenza.

Qual è la vera soluzione?

Quel che è certo è che, se anche si osserverà una riduzione delle concentrazioni di gas serra (più o meno temporanea), spegnere la nostra società per un determinato periodo di tempo non è la via per affrontare l’urgente e sistemica sfida del cambiamento climatico. Come le domeniche a traffico limitato non sono state in grado di risolvere il problema dell’inquinamento in Val Padana, così il temporaneo lock-down non avrà effetti di lungo termine sul cambiamento climatico. Quello che è invece necessario è una transizione lenta, pianificata, profonda e irreversibile, che permetta un cambiamento del nostro modello economico verso uno più resiliente minimizzandone al contempo il costo economico e sociale. È necessario seguire un piano di transizione che sia il più graduale ed indolore possibile, cioè che implementi misure per il sostegno di chiunque sia affetto negativamente da tali cambiamenti (nelle fonti energetiche utilizzate, nelle abitudini, etc.). L’opposto, insomma, di quello che sta accadendo in queste settimane.

A che punto siamo

Proprio all’inizio di marzo, la Commissione Europea ha proposto la European Climate Law, che punta a stabilire un piano di lungo termine, complementare alla legislazione esistente, finalizzato alla neutralità climatica dell’intera unione entro il 2050. Ciò che distingue questa nuova proposta da tutti i piani di riduzione delle emissioni climalteranti precedenti, già molto ambiziosi, è il fatto che sia legalmente vincolante. Quando verrà approvata, cioè, tutti gli stati membri avranno l’obbligo legale di raggiungere questo target e di implementare azioni in proposito.

Come riportato nell’ultimo report EEA, nel 2018 l’Unione Europea aveva già ridotto le proprie emissioni di gas serra del 23.3% rispetto al livello del 1990. Il corrente target per il 2030 è però una riduzione del 40%. Inoltre, i progressi in molti settori (nella riduzione delle emissioni industriali, di gas serra, nell’efficienza energetica, nella frazione di rinnovabili e nella produzione di rifiuti) si stanno facendo sempre più lenti. Abbiamo quindi urgentemente bisogno di velocizzare e ampliare la transizione in settori chiave come l’energia, il cibo e la mobilità. La European climate law, che è una delle componenti principali del Green Deal Europeo, richiede infatti di rinforzare gli obiettivi al 2030, valutando opzioni come una riduzione delle emissioni del 50 o 55% rispetto al 1990. Inoltre prevede attente verifiche del raggiungimento degli obiettivi intermedi, controlli a cui prenderà parte anche la EEA.

Come dobbiamo impostare la ripresa

Stop temporanei della nostra società non permetteranno però di raggiungere questi obiettivi, anzi, la crisi potrebbe implicare una susseguente riduzione degli impegni a favore dell’ambiente, riduzione legata all’esigenza di pronto ed efficace recupero. Potranno gli ambiziosi obiettivi elencati essere effettivamente raggiunti?

Potrebbero: come affermato dall’EEA, lo saranno se faremo sì che ciò che è stato distrutto non venga ricostruito come prima, ma in maniera migliore, in maniera sostenibile. Gli sforzi per la ripresa dovranno essere allineati con gli obiettivi di sostenibilità, così che le macerie diventino un’occasione di rinnovamento e crescita costruttiva.

L’avversità ci deve rendere più forti rispetto a un problema, quello del cambiamento climatico, che sembra tanto diverso dall’emergenza sanitaria che stiamo vivendo in questi giorni, ma è in realtà molto simile. L’inerzia della pandemia, che mostra miglioramenti solamente due settimane dopo gli sforzi intrapresi dai cittadini, è la stessa del clima, che mostra le conseguenze delle nostre emissioni con anni, se non decenni, di ritardo. Forse questa crisi potrebbe permette di radicare questo concetto nella popolazione, permettere di comprenderlo, così che dal basso la consapevolezza dei popoli ci porti, finalmente, al cambiamento.

Elisa Terenghi

Nata a Monza nel 1994, mi sono laureata in Fisica del Sistema Terra presso l’Università di Bologna nel marzo 2019, conseguendo anche l’Attestato di formazione di base di Meteorologo del WMO. Durante la tesi magistrale e un successivo periodo come ricercatrice, mi sono dedicata all’analisi dei meccanismi di fusione dei ghiacciai groenlandesi che interagiscono con l’oceano alla testa dei fiordi. Sono poi approdata a Meteo Expert, dove ho l’occasione di approfondire il rapporto fra il cambiamento climatico e la società, occupandomi di rischio climatico per le aziende.

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