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Agrivoltaico come soluzione per salvaguardare clima, agricoltura ed economia. Ne parliamo con Gianluca Miccoli, CEO di AIEM

L’adozione di soluzioni innovative e sostenibili gioca un ruolo fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi europei di decarbonizzazione e indipendenza energetica

L’adozione di soluzioni innovative e sostenibili gioca un ruolo fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi europei di decarbonizzazione ed indipendenza energetica: in questo contesto sono parecchie le realtà che cercano di contribuire attivamente alla transizione energetica italiana. In prima linea c’è AIEM, azienda consolidata nel settore delle energie rinnovabili, specializzata nella realizzazione chiavi in mano di impianti fotovoltaici utility-scale (sistemi di vasta dimensione che superano o sono equivalenti a 1 Megawatt, progettati per generare energia su larga scala).

Foto di Leoneil Maranan da Pixabay

La società con sedi operative a Rovigo e Roma, vanta una storia significativa nello sviluppo di progetti che coniugano produzione di energia green e rispetto per il territorio. L’azienda è da tempo impegnata in soluzioni avanzate di ingegneria e costruzione che consentono di massimizzare la resa energetica minimizzando l’impatto ambientale. Grazie a un team multidisciplinare composto da ingegneri, progettisti e tecnici altamente qualificati, AIEM si distingue per l’elevato grado di specializzazione e per l’adozione di tecnologie all’avanguardia.

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In linea con questa filosofia, la società sta realizzando in Veneto un ambizioso progetto agrivoltaico: la previsione di ultimazione dei lavori è maggio-giugno 2025 con successive fasi di attivazione e connessione dello stesso alla rete elettrica nazionale. L’impianto agrivoltaico si estende su una superficie di circa 18 ettari a sud di Rovigo e avrà una capacità di 13MWp, con una produzione attesa superiore ai 20.000 MWh annui. Il progetto è stato studiato per integrare in maniera ottimale la generazione di energia rinnovabile con le attività agricole preesistenti, garantendo la continuità della produzione agricola.

Foto di Wolfgang Borchers da Pixabay

La realizzazione di questo impianto rappresenta un passo importante verso gli obiettivi del PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) che prevede un significativo aumento della capacità installata da fonti rinnovabili nei prossimi anni. L’adozione di pratiche innovative nel design e nella costruzione consente non solo di ottimizzare la produzione energetica ma anche di preservare e migliorare l’utilizzo agricolo del suolo: è previsto infatti l’impiego di macchinari agricoli specificatamente progettati per operare tra i filari fotovoltaici, oltre all’interramento dei cavidotti a profondità adeguata per evitare interferenze con le normali attività di coltivazione.

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L’integrazione nell’ambiente circostante è un aspetto chiave del progetto. Lungo il perimetro dell’area infatti è prevista la piantumazione di arbusti autoctoni con sviluppo massimo fino a 3 metri, con l’obiettivo di migliorare l’integrazione paesaggistica e favorire la biodiversità locale. Questa strategia non solo maschera visivamente l’impianto ma crea anche un habitat favorevole per l’avifauna locale, contribuendo alla salvaguardia dell’ecosistema.

Foto di Petar Ubiparip da Pixabay

Ho avuto la possibilità di intervistare Gianluca Miccoli, CEO Chief Executive Officer/Amministratore Delegato di AIEM. Di seguito domande e risposte

AIEM SRL è un’azienda che vanta 30 anni di esperienza; come hai visto cambiare nel tempo il vostro approccio alle tematiche ambientali?

AIEM è stata una realtà che fin dagli inizi e quando in Italia non si aveva la piena consapevolezza di cosa volesse dire “rinnovabili”, ha studiato, analizzato, investito in questo ambito. Certamente l’evoluzione tecnologica che corre velocemente, anche in questi ambiti, ha cambiato in meglio tutto quello che riguarda il settore dell’energia da fonte rinnovabile. Basta pensare a 10-15 anni fa: rispetto ad oggi abbiamo sistemi che “inseguono” la luce solare, moduli molto più efficienti, filiere supply chain certificate e sostenibili. Oggi più di ieri ci stiamo approcciando alle realizzazioni di questi assets con disciplina e rispetto dell’ambiente, come può essere un impianto che produce energia e contestualmente garantisce la continuità agricola e/o zootecnica.

Foto di Pexels da Pixabay

Cosa significa per te “sostenibilità”?

Per me sostenibilità significa responsabilità. È la capacità di crescere, innovare e creare valore senza compromettere le risorse, le persone e le opportunità delle generazioni future. Non è solo una questione ambientale, ma anche sociale ed economica: significa costruire modelli duraturi, rispettosi del territorio, delle comunità e delle persone con cui lavoriamo ogni giorno. Sostenibilità è visione a lungo termine, è coerenza tra quello che diciamo e quello che facciamo. Ed è, soprattutto, una scelta quotidiana.

Come si può coniugare al meglio produttività e scelta di energia green?

Produttività ed energia green non sono in contrasto, anzi: oggi possono e devono andare di pari passo. La tecnologia e l’innovazione ci permettono di integrare fonti rinnovabili nei processi produttivi senza rinunciare all’efficienza, anzi spesso migliorandola. Investire in energia sostenibile significa ridurre i costi nel medio-lungo periodo, aumentare la competitività e rispondere alla crescente sensibilità di clienti e stakeholder. La chiave è avere un approccio strategico: scegliere soluzioni energetiche pulite, monitorare i consumi in modo intelligente e soprattutto vedere la sostenibilità non come un limite ma come un’opportunità per fare impresa in modo più solido e responsabile. Ecco, oggi molti dei nostri clienti ci chiedono soprattutto questo, segno che si è presa consapevolezza.

Nel 2024 la capacità globale di energia rinnovabile ha registrato un grande incremento ma siamo ancora lontani dal raggiungere l’obiettivo fissato durante la COP28 di triplicare la capacità rinnovabile globale entro il 2030: come li vedi i prossimi 5 anni?

I prossimi 5 anni saranno decisivi per l’intera Italia. Il forte incremento del 2024 è un segnale incoraggiante ma non sufficiente: triplicare la capacità rinnovabile globale entro il 2030 richiede un’accelerazione concreta, coordinata e strutturale. Servono investimenti massicci, semplificazione normativa, infrastrutture più resilienti e una filiera industriale pronta a supportare questa transizione. Ma serve anche volontà politica e collaborazione pubblico-privato. Personalmente, sono ottimista: la tecnologia è matura, la consapevolezza sta crescendo e oggi la sostenibilità è anche una leva economica. Se saremo capaci di passare dalla logica degli annunci a quella dell’esecuzione, con visione e pragmatismo, possiamo ancora centrare quell’obiettivo. Ma il tempo per decidere è adesso. Noi di AIEM, stiamo avviando diversi lavori legati al PNRR Agrivoltaico che pone degli obiettivi estremamente sfidanti (molti sappiamo hanno desistito e deciso di non investire) ma vogliamo dimostrare il nostro vero impegno.

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Riusciremo a diventare sempre più virtuosi?

Diventare virtuosi è una sfida ma anche una grande opportunità. La consapevolezza collettiva sta crescendo, così come anche gli strumenti tecnologici e soluzioni che ci permettono di fare scelte sempre più sostenibili e responsabili. A mio avviso non sarà un percorso lineare ma con l’impegno di tutti possiamo certamente costruire un futuro più virtuoso, equo e consapevole.

L’integrazione dell’impianto nell’ambiente circostante è un aspetto chiave del progetto: come può realmente integrarsi con l’ambiente, gli agricoltori e nello stesso tempo rispondere alle esigenze degli investitori?

L’integrazione con l’ambiente e il territorio è un elemento essenziale, non un vincolo. Un impianto ben realizzato oggi può – e deve – dialogare con il paesaggio, rispettare la biodiversità, coinvolgere attivamente le comunità locali e creare valore condiviso. In particolare, con gli agricoltori, il modello dell’agrivoltaico rappresenta un’occasione concreta: permette di coniugare produzione energetica e coltivazione, diversificando il reddito e preservando l’identità agricola delle aree rurali. Allo stesso tempo, risponde anche alle esigenze degli investitori, perché riduce i rischi legati all’opposizione territoriale e migliora la sostenibilità complessiva del progetto, oggi un fattore chiave per l’accesso ai capitali. La vera sfida è progettare e costruire con intelligenza, ascolto e visione di lungo periodo: quando c’è coerenza tra le esigenze ambientali, sociali ed economiche, l’integrazione non è solo possibile, ma diventa un vantaggio competitivo.

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Ritieni che l’agrivoltaico sia la soluzione del futuro?

L’agrivoltaico rappresenta certamente una delle soluzioni più promettenti per il futuro. É un approccio intelligente all’uso del suolo che valorizza le risorse disponibili senza metterle in competizione. Ovviamente, va sviluppato con attenzione e visione, coinvolgendo gli agricoltori e le società agricole oltre che adattando i progetti al territorio. Ma si, credo fortemente che l’agrivoltaico abbia tutte le carte in regola per essere una leva strategica nella transizione energetica e nella sostenibilità del nostro sistema produttivo.

In cosa si differenzia un impianto agrivoltaico da un impianto fotovoltaico tradizionale?

La differenza principale è nell’approccio integrato: l’agrivoltaico non si limita a produrre energia, ma lo fa in sinergia con l’attività agricola. Gli impianti sono progettati per consentire la coltivazione del terreno sottostante o l’allevamento, adattando altezza, densità e orientamento dei pannelli. È una soluzione pensata per proteggere il suolo, mantenere la produttività agricola e, allo stesso tempo, contribuire alla transizione energetica.

L’agrivoltaico è davvero compatibile con l’attività agricola?

Assolutamente sì, se progettato correttamente. Ci sono colture che beneficiano dell’ombreggiamento parziale offerto dai pannelli, specialmente in zone soggette a siccità. Inoltre, i sistemi più avanzati permettono di orientare i pannelli per ottimizzare luce e ombra in base alle esigenze delle colture. È un approccio che richiede dialogo tra agronomi, ingegneri e agricoltori, ma i risultati sono promettenti, noi di AIEM stiamo già realizzando impianti con tali criteri e soluzioni.

Qual è il potenziale dell’agrivoltaico in Italia?

Enorme. L’Italia ha un patrimonio agricolo vasto, diversificato e molte aree dove l’agrivoltaico può rappresentare una soluzione win-win per il clima, l’agricoltura e l’economia. Inoltre, con il sostegno delle politiche europee e nazionali, è possibile accelerare l’adozione di questi modelli, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione senza sacrificare la vocazione agricola del Paese.

Stefania Andriola

Lavoro in redazione da febbraio 2010. Mi piace definirmi “giornalista, scrittrice e viaggiatrice”. Adoro viaggiare, conoscere culture diverse; amo correre, andare in bicicletta, fare lunghe passeggiate ma anche leggere un buon libro. Al mattino mi sveglio sempre con un’idea: cercare di aggiungere ogni giorno un paragrafo nuovo e interessante al libro della mia vita e i viaggi riempiono le pagine che maggiormente amo. La meteorologia per me non è solo una scienza ma è una passione e un modo per ricordarmi quanto siamo impotenti di fronte alle forze della natura. Non possiamo chiudere gli occhi e dobbiamo pensare a dare il nostro contributo per salvaguardare il Pianeta. Bastano piccoli gesti.

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