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Il futuro del turismo è legato a quello del clima

I dati meteo-climatici applicati al settore turistico: da variabile dei flussi vacanzieri ad elemento per la pianificazione di strategie a medio-lungo termine per la sostenibilità del Paese e del turismo stesso

Il turismo in Italia è uno dei settori economici potenzialmente più redditizi, in tempi pre pandemici vi era riconducibile oltre il 5 per cento del PIL e oltre il 6 per cento dell’occupazione del Paese e, secondo le valutazioni della Banca d’Italia, con molto potenziale ancora inespresso. La sostenibilità, è un modello produttivo, in grado di soddisfare lo sviluppo di una attività senza compromettere la disponibilità futura delle risorse in essa impiegate. L’incontro tra questo settore economico e questo modello produttivo, è ciò che genera la base del cosiddetto turismo sostenibile, un turismo che può concretamente prendersi cura del futuro ma che per farlo ha bisogno di conoscere le risorse del territorio in cui opera e i rischi a cui sono esposte. 

Uno dei rischi più evidenti è quello dato dal cambiamento climatico che, acuendosi anno dopo anno, sta riducendo drasticamente le risorse a nostra disposizione, mettendo in crisi gli ecosistemi e incidendo direttamente sulla vita delle persone attraverso eventi meteorologici estremi quali alluvioni, ondate di calore e siccità. 

I dati meteo-climatici più recenti ci dicono che l’inverno 2022-23 è stato tra i più caldi mai registrati per l’Italia con un’anomalia di 1.3 gradi e che i primi due mesi dell’anno hanno riconfermato la tendenza del grave deficit in cui riversano soprattutto le regioni di Nord-Ovest con quasi la metà delle precipitazioni normalmente attese (-40%). Una situazione che ha penalizzato l’inverno e le attività ad esso collegate, anche quelle turistiche: basti pensare che il 90% delle piste da sci è stato innevato artificialmente e – secondo il censimento di Legambiente – sono 249 gli impianti dismessi, 138 gli impianti temporaneamente chiusi, 181 quelli sottoposti al cosiddetto “accanimento terapeutico”, quelli cioè che sopravvivono solo grazie al forte flusso di risorse economiche. 

Lo scarso innevamento e le temperature elevate non sono una problematica che si può circoscrivere alle zone montane, perché se l’acqua stoccata nelle nevi è ridotta della metà, questo significa che manca l’approvvigionamento idrico utile per affrontare la stagione estiva anche nelle zone di pianura che dipendono da quelle fonti idriche. È legittimo dunque pensare che ci aspetterà una estate torrida e con restrizioni all’uso dell’acqua, fattori che ancora una volta renderanno necessario un forte flusso di risorse economiche per impianti di condizionamento e per mantenere attive le attività produttive, comprese quelle turistiche. Una estremizzazione climatica che condiziona il territorio e le attività produttive sia con la scarsità di piogge, sia con l’arrivo di piogge molto abbondanti e concentrate in un breve periodo di tempo. Fenomeni piovosi che danno sempre più spesso origine a situazioni pericolose come alluvioni, allagamenti, frane e smottamenti, favoriti da un territorio ad alto dissesto idrogeologico, reso fragile da anni di cementificazione selvaggia. 

È chiaro come sia ormai necessario studiare soluzioni di adattamento della propria attività turistica ad un clima sempre più estremo, in modo tale da minimizzare le perdite dovute ai rischi climatici e meteorologici. È possibile farlo inserendo nell’analisi SWOT (strumento di pianificazione strategica usato per valutare i punti di forza, le debolezze, le opportunità e le minacce di un progetto o in un’impresa della propria attività) le condizioni meteo-climatiche del territorio, investendo in attività di prevenzione e nei sistemi di allertamento insieme alle amministrazioni locali. 

Una conoscenza delle proiezioni climatiche e degli effetti ad esse collegate, permette una reale progettualità a medio-lungo termine, dando la possibilità di rispondere a domande come: dove avviare la propria attività? Come proteggerla preventivamente dai rischi futuri? Prendiamo il caso delle località costiere nelle quali sono presenti molte delle principali località turistiche della penisola. Secondo le proiezioni ENEA, entro il 2100 l’innalzamento del mare lungo le coste italiane è stimato tra 0,94 e 1,035 metri, prendendo in considerazione un modello cautelativo, e tra 1,31 metri e 1,45 metri, seguendone uno meno prudenziale. Da tenere in considerazione anche l’effetto della “storm surge”, l’onda di marea generata dalle tempeste, che in particolari condizioni determina un aumento del livello del mare rispetto al litorale di circa 1 metro. Oggi, grazie alle proiezioni scientifiche, sappiamo già che totale delle coste italiane a rischio inondazione è di 5.686,4 kmq e quali saranno le zone più esposte. 

Così come cresce l’impatto del clima sul turismo, sta crescendo anche l’impatto del turismo sul clima. A livello globale, una ricerca del 2008 dell’Organizzazione mondiale del turismo (UNWTO), del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) e dell’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) ha stimato le emissioni di gas serra del settore turistico a circa il 5% delle emissioni globali e ha stimato che Il 75% di tutte le emissioni del turismo è legato ai trasporti. Più recentemente, un progetto di ricerca accademica ha stimato che il settore fosse responsabile dell’8% delle emissioni globali di gas serra nel 2013. Un rapporto del 2019 dell’UNWTO e dell’International Transport Forum (ITF), Transport-related CO2 Emissions of the Tourism Sector – Modeling Results, stima che le emissioni legate ai trasporti dovute al turismo siano cresciute di almeno il 60% dal 2005 al 2016, momento in cui le emissioni legate ai trasporti hanno causato il 5% delle emissioni globali. Il legame con il settore dei trasporti è sicuramente molto significativo, motivo per il quale negli ultimi anni – specialmente dopo che la pandemia che ha mostrato la fragilità degli spostamenti – si è riscoperto il turismo di prossimità, ovvero quel turismo praticato raggiungendo mete a pochi chilometri da casa, con mezzi alternativi ai grandi emettitori, aereo e nave.

Resta comunque molto complesso stabilire effettivamente quale sia l’impatto del settore turistico sulle emissioni clima-alteranti, questo perché bisognerebbe trovare una risposta univoca a domande quali: Il turismo è responsabile delle emissioni del cibo consumato negli hotel (o sono da attribuire ad agricoltura, allevamento e pesca)? È responsabile del trasporto di questo stesso alimento (o è da attribuire al settore della logistica)? È responsabile delle emissioni dei mezzi che portano il turista dall’aeroporto all’hotel (o è del settore dei trasporti)?

In ogni caso è evidente che si tratta di un settore che va a coinvolgere innumerevoli altre attività produttive e che inevitabilmente ha un impatto sia sulle emissioni, sia sul consumo di risorse che sulle comunità locali. È proprio per questo motivo che negli ultimi anni si è iniziato a parlare con sempre più decisione di turismo sostenibile. Una delle definizioni più condivise del concetto di turismo sostenibile afferma che gli obiettivi del turismo sostenibile consistono nel raggiungimento dei vantaggi economici propri del tradizionale sviluppo turistico, mitigandone però gli effetti indesiderati sulle risorse disponibili. Non si parla solo di risorse fisiche, storiche, ambientali ma anche di quelle socio culturali ovvero di inclusione e partecipazione della comunità locale.  

L‘Italia risulta il Paese con maggior siti riconosciuti patrimoni dell’umanità dall’UNESCO ed è caratterizzata da un patrimonio di biodiversità tra i più significativi in ambito europeo sia per numero totale di specie animali e vegetali, sia per l’alto tasso di endemismo. Il turismo, se sostenibile, può rappresentare una opportunità per tutelare questi sistemi e valorizzarli, rendendoli meta ed investimento. Come sottolineato nella definizione degli obiettivi del turismo sostenibile, il coinvolgimento della comunità locale deve essere la base per lo sviluppo delle attività. Questo andrebbe in primis a limitare gli spostamenti di risorse che verrebbero altresì dal territorio stesso, mitigando quindi gli effetti sul clima delle emissioni altrimenti prodotte dal trasporto delle merci, e poi creerebbe quell’occupazione utile a favorire l’avvio di nuove attività con lo stesso sistema valoriale. La creazione di un network tra attività produttive del territorio che condividono il valore della sostenibilità permetterebbe di offrire al cliente-turista un pacchetto di prodotti e servizi legati dalla stessa cultura di valorizzazione e promozione del territorio ospitante. Come la crisi energetica degli ultimi mesi ha mostrato a tutto il mondo, è sempre più urgente e necessario raggiungere quanto più possibile una indipendenza energetica distanziandosi dalle fonti fossili. Per questo motivo anche il comparto delle strutture e delle infrastrutture deve essere rinnovato nell’ottica di poter offrire beni e servizi alimentati da fonti di energia pulita e rinnovabili. La riqualificazione è un processo dispendioso in termini economici sul breve termine, ma stimato come vantaggioso sul lungo termine in termini di risparmio, riduzione delle emissioni, crescita ( e le fonti rinnovabili stanno già crescendo oltre ogni previsione, anche naturalmente in risposta alla crisi energetica ) ed indipendenza dai giochi geopolitici di cui il mercato del fossile è pedina. Anche su questo fronte, i dati di previsione meteo-climatica sulle fonti di energia pulita (in particolare solare ed eolico) si rendono particolarmente utili alla pianificazione strategica.

Inoltre bisogna considerare la grande occasione del secolo che ha a disposizione l’Italia per un grande processo di riforme e rinnovamento data dai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Ai progetti d’investimento in materia di turismo sono stati assegnati complessivamente 2miliardi e 400milioni di euro. Come si legge in una nota del Ministero del Turismo “Gli investimenti hanno il duplice obiettivo di innalzare la capacità competitiva delle imprese e promuovere un’offerta turistica basata su sostenibilità ambientale, innovazione e digitalizzazione dei servizi“. 

Anche il settore del turismo può agire per il clima, e a chiederlo non sono solo i dati e le considerazioni fatte fino a qui ma anche i cittadini, soprattutto quelli con età compresa tra i 18 e i 34 anni, con un potenziale di viaggio e turismo quindi ancora molto alto. Un recentissimo sondaggio condotto da EMG Different e promosso da WWF,  mostra che circa 6 dei giovani intervistati su 10 dichiarano che i cambiamenti climatici hanno un impatto sulla propria vita e si dicono impegnati in azioni quotidiane per affrontarli. Circa 8 giovani su 10 si dichiarano molto o abbastanza preoccupati dal cambiamento climatico e nella maggior parte dei casi hanno un’opinione nettamente a favore delle fonti di energia rinnovabile come risposta alla crisi climatica e a quella energetica. Come rispondono questi potenziali turisti ai cambiamenti climatici? La loro reazione ha due facce: quella positiva delle scelte di consumo più sostenibili (energia, trasporti, cibo, ecc.) per il 53% e della richiesta di provvedimenti immediati (44%), ma anche quella negativa del senso di impotenza (40%) e dell’eco-ansia (28%). Per i giovani italiani anche le aziende non fanno abbastanza per affrontare la crisi climatica. Il 61% degli intervistati, infatti, ritiene che stiano alimentando il fenomeno, mentre solo il 39% pensa che stiano realmente contribuendo a trovare soluzioni dimostrando disponibilità ad orientare i consumi verso questa seconda categoria. 

 

Elisabetta Ruffolo

Elisabetta Ruffolo (Milano, 1989) Laureata in Public Management presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università degli studi di Milano. Head of communication di MeteoExpert, Produttrice Tv per Meteo.it, giornalista e caporedattrice di IconaClima. Ha frequentato l’Alta scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per il Master in Comunicazione e gestione della sostenibilità.

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