Guardian, stop alla pubblicità delle compagnie petrolifere: le motivazioni
Per decenni la loro lobby ha remato contro le azioni dei governi per il clima, accusa il Guardian
Il Guardian ha deciso di rinunciare ai finanziamenti che derivano dalla pubblicità delle compagnie petrolifere. L’annuncio è arrivato direttamente dall’autorevole quotidiano, che ha motivato la propria scelta spiegando che l’emergenza del clima è «la sfida più importante dei nostri tempi» e che il quotidiano ha deciso «restare fedele ai propri valori».
«I più grandi scienziati del mondo ci dicono che abbiamo solo dodici anni per cambiare il comportamento degli uomini ed evitare la catastrofe. Gli adolescenti che scioperano per il clima ispirano milioni di persone, giovani e meno giovani, a protestare contro l’inerzia e devastanti incendi boschivi stanno distruggendo gran parte dell’Australia», si legge sul Guardian, che accusa le compagnie petrolifere di aver remato contro l’azione dei governi.
Abbiamo deciso che non accetteremo più pubblicità da società che si occupano dell’estrazione di combustibili fossili, su nessuno dei siti Web e delle app del Guardian, né sul settimanale Guardian, sull’Observer e sul Guardian stampato. La nostra decisione si basa sugli sforzi che molti hanno fatto, in questo campo, per impedire che i governi portassero avanti azioni significative per il clima.
La loro lobby ha danneggiato la causa ambientale per molti anni, accusa il giornale, ammettendo tuttavia che c’è ancora molto da fare: per alcuni lettori sarebbe necessario andare ancora oltre, osserva, fermando la pubblicità che arriva da qualsiasi prodotto che pesa sull’ambiente, come le automobili. Ma «fermare queste pubblicità – spiega il Guardian – sarebbe un duro colpo finanziario e potrebbe costringerci a fare tagli significativi».
Da sempre la pubblicità ha finanziato il giornalismo del Guardian, e secondo la testata «una buona pubblicità, fatta in modo responsabile, può essere positiva per l’economia e per il mondo, oltre a fornire una fonte importante di sostentamento per il giornalismo», specie in un momento storico in cui le vendite dei giornali cartacei continuano a diminuire e in rete «predominano gigantesche piattaforme digitali che assorbono la stragrande maggioranza della spesa pubblicitaria».