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Negli Stati Uniti un attivista è stato ucciso dalla polizia mentre protestava in difesa di una foresta

A gennaio un attivista di 26 anni è stato ucciso ad Atlanta durante delle proteste per difendere una foresta: ancora incerte le dinamiche dell'accaduto

«Oggi la polizia ha ucciso un difensore della foresta, qualcuno che amava la foresta, e ha combattuto per proteggere la Terra e i suoi abitanti».
Così ha dato la notizia su Twitter il movimento Defend the Atlanta Forest quando il 18 gennaio l’attivista Manuel Esteban Paez Terán, detto “Tortuguita”, è stato ucciso da un colpo di pistola sparato da un agente di polizia che non è stato ancora identificato. Aveva 26 anni.

Terán è stato ucciso ad Atlanta, negli Stati Uniti, durante una protesta finalizzata a salvare la Weelaunee Forest, una foresta pubblica nel sud-est della città. Il progetto a cui si oppongono gli attivisti prevede la realizzazione dell’Atlanta Public Safety Training Center, un’enorme struttura destinata all’addestramento della polizia, soprannominata “Cop City“. Nell’area dovrebbero essere costruiti anche un aeroporto e un set cinematografico.

Secondo il movimento Stop Cop City, che si oppone alla sua realizzazione, dovrebbero essere occupati 381 acri di terreno boschivo (circa 154 ettari) con uno stanziamento di oltre 90 milioni di dollari tra finanziamenti privati e pubblici. «I piani includono strutture di addestramento di livello militare – riferiscono gli attivisti -, una finta città per praticare la guerra urbana, aree di test sugli esplosivi, dozzine di poligoni di tiro e una pista di atterraggio per elicotteri Black Hawk».

Le proteste vanno avanti dalla fine del 2021, quando il consiglio comunale di Atlanta ha approvato il progetto in un’area che secondo i precedenti piani avrebbe dovuto essere tutelata e riqualificata, per creare il parco più grande dell’area metropolitana e sfruttare gli alberi per contrastare le temperature sempre più estreme provocate dalla crisi climatica.
I raid della polizia nella foresta sono diventati più frequenti e intensi negli ultimi mesi, e a dicembre diversi attivisti sono stati arrestati con l’accusa di “terrorismo interno”. È stato poi durante un’altra violenta irruzione, mercoledì 18 gennaio, che ha perso la vita Terán.

Sulle dinamiche di quanto accaduto l’incertezza è ancora molta, e la tensione resta altissima. Secondo la versione fornita dalle autorità, infatti, sarebbe stato il giovane attivista ad aprire il fuoco per primo, ferendo un funzionario. La pallottola estratta dalla ferita corrisponderebbe a una pistola che è stata rinvenuta nell’accampamento, e che secondo le autorità sarebbe appartenuta al ragazzo.
A questa versione si sono opposti tutti gli attivisti che hanno partecipato alla protesta, e non può essere verificata attraverso filmati perché, secondo la ricostruzione delle autorità, nessuna delle telecamere indossate dagli agenti sarebbe stata in funzione. Anche su questo aspetto le polemiche sono ancora accese: alcune immagini mostrano che almeno parte degli agenti intervenuti indossava delle body cam, telecamere per il corpo.


Nelle ultime settimane sono state organizzate molte proteste nella città di Atlanta e in altre metropoli degli Stati Uniti, per chiedere indagini indipendenti che permettano di fare luce sulla vicenda.
«Riabiliterò il nome di Manuel», ha promesso la madre dell’attivista parlando con i media. «Lo hanno ucciso come abbattono gli alberi nella foresta, una foresta che Manuel amava».

manuel teran attivista ucciso negli stati uniti

Gli attivisti vengono minacciati e criminalizzati anche nei paesi considerati più democratici – un processo a cui stiamo assistendo anche in Italia.
E drammaticamente spesso, chi difende l’ambiente rischia perfino la vita. Secondo l’analisi condotta da Global Witness, tra il 2012 e il 2021 sono stati 1.733 gli attivisti uccisi nel tentativo di difendere l’ambiente e la propria terra: in media, si è contata una vittima ogni due giorni circa.
Le nazioni in cui sono morti più attivisti sono state il Brasile e la Colombia (dove ci sono stati rispettivamente 342 e 322 omicidi), seguite sul podio dalle Filippine (270 le vittime).

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Valeria Capettini

Laurea triennale in Lettere e magistrale in Comunicazione, dal 2021 sono iscritta all'Ordine dei Giornalisti della Lombardia. Nel 2016 sono entrata a far parte della squadra di Meteo Expert: un'esperienza che mi ha insegnato tanto e mi ha permesso di avvicinarmi al mondo della climatologia lavorando fianco a fianco con alcuni dei maggiori esperti italiani in questo settore. La crisi climatica avanza, con conseguenze estremamente gravi sull’economia, sui diritti e sulla vita stessa delle persone. Un'informazione corretta, approfondita e affidabile è più che mai necessaria.

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