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L’Italia ha sete: gennaio 2022 tra i più secchi della nostra storia, si aggrava la siccità

Lo scorso mese di gennaio è stato uno dei meno piovosi mai registrati in Italia: è arrivata meno della metà delle precipitazioni tipiche del mese e mancano circa 5 miliardi di metri cubi d’acqua. Deficit grave soprattutto al Nord-Ovest, dove dopo un dicembre eccezionalmente asciutto a gennaio è mancato all’appello il 76 per cento della pioggia: in alcune zone non piove e non nevica da 2 mesi. Il meteorologo Simone Abelli ci guida nell’analisi dei dati registrati nelle ultime settimane

È dall’inizio dell’inverno che arriva meno pioggia del normale, e ormai la siccità inizia a fare davvero paura all’Italia. Non piove e non nevica soprattutto al Nord-Ovest, che dal 1 dicembre a oggi ha visto arrivare meno della metà delle precipitazioni tipiche della stagione, con un deficit del 62 per cento, seguito dalla Sardegna dove all’appello è finora mancata circa la metà delle piogge che normalmente raggiungono l’Isola.

La siccità ha colpito duro soprattutto nelle ultime settimane: il mese di gennaio è stato uno dei più asciutti che siano mai stati registrati in Italia. In generale, a tutto il Paese è arrivata meno della metà delle piogge tipiche, con un deficit del 56 per cento e circa 5 miliardi di metri cubi di pioggia in meno del quantitativo medio. Anche in questo mese a soffrire sono stati soprattutto il Nord-Ovest e la Sardegna, che hanno visto arrivare rispettivamente il 76 e il 72 per cento in meno delle precipitazioni tipiche di gennaio. Seguono la Sicilia (-57 per cento), il Centro e il Sud (-51 per cento) e il Nord-Est (-39%).

Durante il mese sono transitate in tutto 7 perturbazioni, la maggior parte delle quali ha interessato più
direttamente il Centro-Sud saltando quasi completamente il Nord dove si è verificata sostanzialmente una sola fase piovosa significativa fra il giorno 4 e il 6, a parte una seconda fase il giorno 9, ma solo in Emilia Romagna con neve fino in pianura. La regione più penalizzata è stata il Piemonte: a Torino in gennaio non ha praticamente piovuto e l’ultima precipitazione rilevante si è verificata il giorno 8 dicembre (si è trattato più che altro di neve), l’unico giorno piovoso di quel mese.

Siccità, soffrono fiumi e laghi con livelli eccezionalmente bassi soprattutto al Nord-Ovest

Il livello dei laghi e la portata dei fiumi sono eccezionalmente bassi per il periodo, e in alcuni casi stiamo osservando situazioni di secca che normalmente si vedono solo in piena estate.
È il caso del Po, che è in secca come in agosto: al Ponte della Becca, nel Pavese, il livello idrometrico del fiume è a -3,05 metri e si sfiorano i -6 metri a Isola dei Pescatori, in provincia di Cremona.

Crediti Aipo (Agenzia interregionale per il fiume Po)

Nonostante il notevole deficit, il Nord nel passato ha dovuto fare i conti con mesi di gennaio molto più siccitosi, in particolare fra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso e nei primi anni 2000: sta di fatto che il gennaio di quest’anno si trova al 10° posto fra i più asciutti.

Più rilevante, invece, è il deficit complessivo del Sud insieme alle Isole (-56%): sebbene si tratti di un’anomalia leggermente più contenuta rispetto a quella del Nord, per questo settore rappresenta il 5° valore più basso della relativa serie storica. I primi due mesi invernali si chiudono con un ampio deficit a livello nazionale (-28%) in cui spiccano ancora una volta le regioni nord-occidentali dove in tutto ha piovuto poco più di un terzo del quantitativo normale (-62% di anomalia).

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La quantità d’acqua disponibile al suolo il 3 febbraio 2022. Crediti: Hydrology IRPI-CNR

Il clima di gennaio: in media 0,4 gradi in più del normale, ma sono stati registrati valori record. Il giorno di Capodanno è stato il più caldo mai osservato nelle aree montuose del Paese

Per quel che riguarda le temperature, l’aspetto più significativo è senz’altro la fase con temperature estremamente elevate che si è verificata all’inizio del mese, proprio nel periodo del Capodanno. Fra la fine di dicembre e l’inizio dell’anno nuovo, infatti, il promontorio anticiclonico di matrice nord africana si è esteso su buona parte del continente europeo, accompagnato da una massa d’aria eccezionalmente calda per il periodo, che si è propagata soprattutto fra il Mediterraneo e l’Europa centro-occidentale. Proprio a ridosso delle nostre regioni nord-occidentali sono state osservate le anomalie termiche più ampie, anche oltre 12°C sopra la media in quota. Questa situazione anomala è testimoniata anche dal radiosondaggio effettuato in corrispondenza dell’aeroporto di Cuneo alle ore 00 utc del 1 gennaio, che evidenzia, oltre alla forte inversione termica al suolo, le eccezionali temperature in quota, in particolare le punte prossime ai 20°C fra 800 e 1000 metri e lo zero termico a circa 4000 metri di altitudine, valori degni della stagione estiva. Proprio nella notte di S. Silvestro, le temperature non solo sono rimaste sopra lo zero oltre i 2000 metri, ma sono anche stati eguagliati o superati i record di temperatura minima più elevata in montagna, come ad esempio 9.7°C sul Monte Generoso (1600 m), 9.6°C su Cimetta (1661 m) e 1.8°C sul Passo Bernina (2260 m) segnalati da Meteosvizzera. Sempre a Capodanno non sono mancati anche nuovi record di temperatura massima diurna in montagna, come riportato ancora da Meteosvizzera: 19.2°C a Poschiavo (1078 m), 16.6°C su Cimetta (1661 m) che rappresenta anche il record invernale, 14.3°C sul Monte Generoso (1600 m) e altri. Si segnalano nuovi primati anche sull’Appennino come ad esempio gli 11.8°C osservati sul Monte Cimone (2173 m). Altri record sono stati registrati dalla rete di stazioni dell’ARPA Piemonte come i 20°C a Oulx (1065 m) e i 18.6°C a Bardonecchia (1290 m). Sulla stazione meteorologica di Plateau Rosa, che si trova a 3488 metri di altitudine, il nuovo anno è cominciato con una temperatura massima di +3.2°C, valore eccezionale, anche se leggermente inferiore al record di 4°C del gennaio 1999.

In generale questi valori in quota su livelli tardo primaverili o estivi, fanno del primo giorno dell’anno il più caldo Capodanno mai osservato nelle aree montuose.

Questa fase calda, in realtà piuttosto breve, è culminata il giorno 5 gennaio (per ora il giorno più mite dell’inverno) quando la massa d’aria subtropicale è andata a interessare in maniera più efficace il Centro-Sud determinando un sensibile rialzo termico grazie anche al rinforzo dei venti meridionali che hanno anticipato il transito della prima perturbazione del mese. Questo primo sistema nuvoloso è poi stato seguito da correnti fredde di origine polare/artica che hanno dato origine a un crollo delle temperature con valori che sono scesi rapidamente sotto la media, condizioni che sono state alla base delle nevicate fin sulle pianure e coste dell’Emilia Romagna e delle Marche il giorno 9. Dalla seconda decade del mese la circolazione atmosferica è stata caratterizzata dalla presenza quasi costante dell’alta pressione fra il vicino Atlantico e l’Europa occidentale, spesso molto estesa verso le alte latitudini. Con questo tipo di configurazione di blocco il tempo sull’Italia è stato condizionato dalla “contesa” fra l’anticiclone e le correnti settentrionali in scorrimento sul suo bordo orientale. A seconda della prevalenza di una o l’altra caratteristica, si sono alternate fasi stabili e tranquille con fasi più movimentate compreso anche il transito di impulsi freddi che hanno lambito più che altro il Centro-Sud.

Durante la parte centrale del mese le temperature hanno quindi oscillato intorno alla media, mentre nella terza decade hanno cominciato a prevalere le correnti fredde balcaniche che hanno mantenuto i valori sotto la media, con le anomalie più ampie sulle regioni meridionali, al punto che ad esempio a Catania all’inizio del giorno 26 la temperatura è scesa fino a -3°C, a un passo dal record di -4°C del 1966. Verso la fine del mese le correnti settentrionali si sono fatte più intense generando notevoli episodi di Foen al Nord, con temperature che hanno anche oltrepassato i 20°C.

Complessivamente è stato un gennaio leggermente più caldo della norma con un’anomalia non particolarmente ampia (+0.4°C) dovuta più che altro ai livelli delle temperature massime che sono risultate di 0.9°C sopra la media, a differenza delle minime che hanno invece evidenziato uno scarto leggermente negativo (-0.2°C). Fra le varie zone spicca il Nord che ha visto le anomalie più ampie (+1.3°C al Nord-Ovest con +1.9°C sulle massime e +0.7°C al Nord-Est con +1.7°C sulle massime), mentre al Centro-Sud gli scarti sono stati poco rilevanti (+0.2°C al Centro, +0.1°C al Sud) se non addirittura negativi sulle Isole (-0.7°C in Sicilia, -0.4°C in Sardegna).

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Si giunge a conclusioni molto simili considerando il bimestre dicembre-gennaio nel suo insieme, che mostra un’analoga anomalia termica (+0.4°C) a livello nazionale, con gli scarti positivi più ampi al Nord e quelli meno ampi o negativi al Sud e sulle Isole, a testimonianza del fatto che, a differenza del Nord, l’inverno, almeno dal punto di vista termico, si sta comportando in maniera più normale sulle regioni meridionali.

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Simone Abelli

È meteorologo presso Meteo Expert dal 1999. Nel 1995 consegue la laurea a pieni voti in Fisica con una tesi sull’analisi statistica delle situazioni meteorologiche legate agli eventi alluvionali che hanno interessato l’Italia. Dal 1996 al 1998 svolge attività di ricerca nell’ambito del progetto europeo MEDALUS sul problema della desertificazione nel Mediterraneo. Dal 2008 al 2015, diviene uno dei meteorologi di riferimento delle reti televisive Mediaset. Principali pubblicazioni: “Il clima dell’Italia nell’ultimo ventennio” e “Manuale di meteorologia”.

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