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Il riciclo della plastica fiore all’occhiello dell’Italia? La realtà è diversa

Secondo un'inchiesta condotta da Greenpeace, il sistema di riciclo della plastica in Italia non raggiunge nemmeno il 50%

Il riciclo della plastica è davvero un fiore all’occhiello dell’Italia? Le narrazioni, provenienti dal mondo della politica e non, raccontano questo ma secondo un’inchiesta di Greenpeace la realtà non è così rosea. Nonostante le recenti dichiarazioni del ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che ha definito il sistema italiano di riciclo degli imballaggi “un’eccellenza consolidata da anni, nonché un asset strategico della manifattura nazionale”, il sistema di riciclo della plastica in Italia non raggiunge nemmeno il 50%.

Riciclo della plastica, ecco cosa si nasconde dietro la fama di “fuoriclasse” dell’Italia

A svelare la reale situazione del sistema di riciclo della plastica è l’inchiesta “Plastica, Italia campione del riciclo?”, realizzata da Greenpeace che rivela una situazione fatta di numeri gonfiati e calcoli poco trasparenti, dove vengono inclusi anche i materiali destinati a scarto. Questo è ciò che emerge dai documenti ufficiali del Corepla, il Consorzio nazionale che gestisce il ciclo dei rifiuti plastici nel 92% dei Comuni italiani, e del Conai,il Consorzio nazionale degli imballaggi, consultati appunto da Greenpeace per la realizzazione dell’inchiesta.

Plastica: un cambiamento necessario, ma complesso

Il riciclo della plastica in Italia è lontano dagli obiettivi richiesti dall’Europa

Dall’analisi dei dati di Greenpeace, viene fuori che Corepla dal 2021 al 2023 ha avviato al riciclo ogni anno circa 700 mila tonnellate di imballaggi in plastica, producendo però anche circa 500 mila tonnellate di scarti che vengono spesso smaltiti in discariche o utilizzati in cementifici all’estero. Questo ci pone ben al di sotto degli obiettivi fissati dall’Unione Europea, vale a dire un riciclo effettivo del 50% entro il 2025 e del 55% entro il 2030.

L’avvio al riciclo, su cui l’Italia ha fondato la sua statistica negli ultimi anni, è piuttosto fuorviante poiché non indica il riciclo effettivo. Spesso infatti viene inclusa una percentuale di materiale che va persa nel processo o che viene successivamente scartata. Gli scarti vengono poi inceneriti in termovalorizzatori e cementifici, oppure raggiungono le discariche. In alcuni casi, inoltre, le materie plastiche avviate a riciclo possono essere successivamente avviate a smaltimento o bruciate in Italia o all’estero.

Proprio per questo i conti non tornano, sottolinea Greenpeace: se nel 2022 il tasso italiano di avvio a riciclo per la filiera della plastica da imballaggi era del 55,1%, quello del riciclo effettivo calcolato sulla base dei nuovi principi comunitari scende al 48% nel 2023.

Molti dubbi anche sulla percentuale di riciclo effettivo: due motivi

Secondo Greenpeace quel 48% di riciclo effettivo porta con sé diversi dubbi e principalmente per due motivi: i documenti per fare i calcoli secondo i nuovi parametri dell’Unione Europea non sono pubblici; in seconda battuta, le valutazioni per calcolare la percentuale di riciclo effettivo sono state condotte su un numero limitato di impianti. Questa analisi, come riporta il Rapporto di Sostenibilità del Conai, ha analizzato solo tre strutture: un impianto di compostaggio per la plastica biodegradabile e compostabile, un impianto di selezione degli imballaggi in plastica e plastica-metallo e un impianto di riciclo.

Va da sé che un’analisi condotta su così pochi impianti non possa restituire numeri attendibili e verificabili sul sistema di riciclo di un intero Paese. Inoltre, le valutazioni svolte avrebbero dovuto includere almeno le principali categorie di prodotti in uscita dagli impianti di selezione (si parla di 11 diversi prodotti obbligatori ed altri prodotti integrativi oltre a diverse tipologie di plasmix, ovvero le plastiche eterogenee miste). Questo dettaglio non è sfuggito alla Corte dei Conti Europea che dopo un’analisi svolta in Italia, Romania e Paesi Bassi ha espresso forti dubbi sulla qualità del monitoraggio e della raccolta dei dati, segnalando un rischio elevato sul fatto che molti materiali non vengano riciclati in maniera corretta.

L’importanza di dare una sterzata alla produzione di plastica: il 25 novembre sarà una data cruciale

I finti numeri da record sbandierati dall’Italia finora sono serviti unicamente a posticipare tutte quelle misure utili a diminuire l’utilizzo di imballaggi in plastica monouso o tutte quelle strategie per favorirne il riuso. Ma è giunto il momento di dare una seria sterzata alla produzione di plastica e il prossimo 25 novembre sarà una data cruciale: a Busan, in Corea del Sud, avrà infatti inizio l’ultimo atto per la definizione di un Trattato globale sulla plastica sotto la supervisione delle Nazioni Unite.

Ogni Paese sarà responsabile della gestione dei propri rifiuti di plastica, ma non solo: servono infatti nuovi strumenti legislativi che coprano l’intero ciclo di vita della plastica; bisogna ridurre di almeno il 75% la produzione della plastica entro il 2040; bisogna vincolare le multinazionali a vendere sempre più prodotti sfusi o con packaging riutilizzabile. È una sfida importante e complicata, ma non si può più rimandare.

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Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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