Abissi oceanici: scoperto un nuovo crostaceo con tracce di plastica nel corpo
L'inquinamento per mano dell'uomo non risparmia nemmeno i fondali più profondi
Nemmeno gli abissi più profondi ne sono immuni. L’inquinamento causato dall’uomo è arrivato anche là. L’ultima dimostrazione arriva dalla recentissima scoperta di una nuova specie di crostaceo, all’interno del quale sono state ritrovate tracce di plastica. Parliamo dell’Eurythenes plasticus, una specie che vive nelle profondità oceaniche della Fossa delle Marianne. Proprio nel corpo di questi animali gli studiosi del Wwf hanno trovato tracce di PET, il polietilene tereftalato utilizzato in moltissimi prodotti di vasto uso quotidiano, dall’abbigliamento alle bottiglie per l’acqua. È quindi indubitabile che questi minuscoli crostacei debbano avere direttamente ingerito la plastica, poi ritrovata all’interno del loro corpo. Lo studio, portato avanti dal Wwf, è stato pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista scientifica Zootaxa.
La forma di questo crostaceo è particolare: si tratta di piccoli animaletti dal corpo lievemente arcuato e compresso sui lati. Da qui la classificazione tra gli Anfipodi, animali che presentano appunto queste caratteristiche. Il fatto che le attività dell’uomo siano arrivate a compromettere l’equilibrio di ecosistemi così distanti geograficamente dalla nostra sfera d’azione è una chiara dimostrazione di come ormai gli effetti dei nostri comportamenti siano incontenibili. In particolare, l’inquinamento da plastica sta diventando un fenomeno drammatico in ogni angolo del Pianeta. Nel 2019, d’altra parte, la rivista Nature Communications aveva pubblicato un’altra ricerca che dimostrava gli effetti devastanti della plastica sulle comunità marine del Prochlorococcus, un batterio che, da solo, è in grado di produrre ben un quinto dell’ossigeno proveniente dai microrganismi marini. Il fatto che questi piccolissimi animaletti ingeriscano plastica, compromette non soltanto la loro salute in modo diretto, ma anche la loro capacità di attivare la fotosintesi.
Emblematiche giungono a tal proposito le parole di Alan Jamieson, responsabile delle ricerche presso l’Università di Newcastle: “Abbiamo deciso il nome Eurythenes plasticus perchè volevamo sottolineare il fatto che dobbiamo agire immediatamente per fermare lo ‘tsunami’ di rifiuti di plastica che si riversa nei nostri oceani“. Sottolinea inoltre il direttore del reparto Conservazione di Wwf Italia, Isabella Pratesi: “La specie appena scoperta Eurythenes Plasticus ci mostra quanto siano gravi gli effetti della gestione inadeguata dei rifiuti di plastica. Specie che vivono nei luoghi più profondi e remoti della terra hanno già ingerito plastica prima ancora di essere conosciute dall’umanità. La plastica è nell’aria che respiriamo, nell’acqua che beviamo e ora anche negli animali che vivono lontano dalla civiltà umana (…). Non tutti gli individui della nuova specie Eurythenes Plasticus contengono plastica. Quindi, c’è ancora speranza che molti altri esemplari ne siano privi. Per aiutare a proteggere le specie marine e i loro habitat naturali, stiamo chiedendo anche in Italia di lavorare per un trattato internazionale legalmente vincolante per porre fine all’inquinamento marino della plastica“.