Cop27

Inizia COP27: si discute lo status quo in un Paese che non ammette il dissenso

Se la giustizia climatica è possibile solo con la libertà politica, un buon risultato di COP27 sarà ancora più difficile

La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici si tiene ogni anno dal 1995. Le conferenze annuali riuniscono coloro che hanno firmato 30 anni fa la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), un trattato ambientale internazionale sul clima. Ogni stato membro delle Nazioni Unite è firmatario dell’UNFCCC, le parti firmatarie in totale sono 197.

Dopo COP26 del 2021 a Glasgow, quest’anno COP27 si tiene in Egitto, tra conferme di partecipazione e grandi emettitori assenti, pesa sul negoziato l’identità del governo ospitante: non è la solita democrazia liberale ma uno dei regimi più repressivi nella storia dell’Egitto.

I principali leader europei

I partecipanti europei vedono la partecipazione della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen la cui presenza assumerà un ruolo di primo piano; del presidente francese Emmanuel Macron che, insieme al presidente senegalese Macky Sall e al primo ministro olandese Mark Rutte, organizzerà un evento sull’accelerazione dell’adattamento in Africa, continente ospitante dei negoziati. Sarà presente a COP27 anche il cancelliere tedesco Olaf Sholtz e il nuovo Primo Ministro italiano Giorgia Meloni (il 7 e l’8 novembre). Anche la Turchia potrebbe essere presente con il presidente Erdoğan. Presenti anche la Scozia con Nicola Sturgeon e la Danimarca con il primo ministro Mette Frederiksen fresco di rielezione; partecipazione confermata anche del primo ministro spagnolo Pedro Sánchez con una iniziativa con la Nigeria sulla resilienza territoriale alla siccità.

UK sì UK no? 

Per quanto riguarda la Gran Bretagna, dopo le pressioni e le critiche ricevute dai gruppi di attivisti, il primo ministro conservatore Rishi Sunak ha confermato la sua partecipazione. Non è chiaro il trend che deciderà di seguire dopo che in ottobre si è schierato a favore di nuove licenze per petrolio e gas nel mare del Nord. Re Carlo III, conosciuto per il suo costante impegno per ambiente e clima, ha dichiarato che non parteciperà a COP27. 

La Cina e il suo “uso pulito ed efficiente del carbone”

La Cina, il più grande produttore mondiale di gas serra che ha avuto la sua estate più calda mai registrata quest’anno, in un piano nazionale di adattamento climatico, ha affermato che il clima estremo era una minaccia crescente. Tuttavia, il Paese sta aumentando il proprio consumo di carbone di fronte ai rischi per la sicurezza energetica e il presidente Xi Jinping ha affermato in ottobre che la Cina continuerà a sostenere “l’uso pulito ed efficiente del carbone”. Anche la geopolitica mette in ombra le questioni climatiche: dopo la lite diplomatica su Taiwan che ha portato Pechino ad annullare i colloqui bilaterali sul clima con gli Stati Uniti, Xi Jinping non parteciperà a COP27.

Gli Stati Uniti, tra elezioni di mid-term e COP27

Il presidente degli Stati Uniti, arriverà l’11 novembre, saltando causa mid-term il vertice dei leader del 7-8. Ci si aspetta che le disposizioni dell’Inflation Reduction Act (IRA), firmato dal presidente Joe Biden ad agosto, triplichino la quantità di energia pulita sulla rete elettrica e riducano le emissioni di carbonio di 1 miliardo di tonnellate all’anno entro la fine di questo decennio.

Con Lula, torna anche il Brasile 

Già prima di assumere la carica, il Presidente eletto Luiz Inácio Lula da Silva aveva ricevuto l’invito a partecipare alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Il Brasile “è pronto a riprendere il suo ruolo di primo piano nella lotta alla crisi climatica” ha affermato Lula, il suo governo “lotterà per l’obiettivo deforestazione-zero in Amazzonia“.

COP27, il governo egiziano consentirà il dissenso?

Fare dei passi avanti nelle politiche per combattere la crisi climatica significa inevitabilmente modificare lo status quo. Molte le preoccupazioni da parte degli attivisti e degli osservatori rispetto al governo che ospita quest’anno i negoziati.

Ogni conferenza globale sul clima è accompagnata da una grande presenza di attivisti che, anche grazie a manifestazioni e proteste, cercano di far porre l’attenzione sulla necessità di un’azione efficace contro la crisi climatica e sulle ingiustizie che essa si porta dietro. L’Egitto sta attraversando una fase politica delicata e il regime di al-Sisi ha quasi bandito le proteste e represso l’azione della società civile indipendente. Lo scorso mese di giugno Alaa Abd El Fattah, informatico, attivista per la democrazia e protagonista della rivoluzione del 2011, ha lanciato un messaggio molto polemico sulla scelta di far svolgere la COP in Egitto. El Fattah è detenuto in carcere dal 2013 e ha protestato con lo sciopero della fame contro le condizioni durissime della sua detenzione e di quelle di altri prigionieri come lui.

Nel messaggio, consegnato a sua sorella, l’attivista Mona Seif, Abd El Fattah ha scritto: “Tra tutti i Paesi a cui potevano dare la presidenza, hanno scelto proprio quello che vieta le proteste e che manda chiunque dissenta in prigione. Questo dice molto su come il mondo ha intenzione di trattare questo argomento, non sono interessati minimamente a trovare una soluzione condivisa per il clima”. Funzionari egiziani hanno promesso che le eventuali proteste saranno consentite e di fianco alla centro congressi che ospiterà la COP ci sarà una struttura adiacente che fornirà agli attivisti “la piena opportunità di partecipazione, di attivismo, di manifestazione e di espressione”.

Tra gli ambientalisti in generale, sia locali che internazionali, pochi sembrano del tutto convinti dalle assicurazioni ufficiali. Le organizzazioni ambientaliste affermano di essere caute nell’organizzare manifestazioni non autorizzate per paura di mettere in pericolo gli attivisti del sud del mondo. Un recente rapporto di Human Rights Watch (HRW) conferma che gli ambientalisti egiziani indipendenti sono stati limitati da severe restrizioni sui finanziamenti, sulla registrazione delle ONG e sui permessi di ricerca.

La giustizia climatica è possibile solo con la libertà politica? Se la risposta è affermativa, il lavoro che aspetta i leader mondiali sarà ancora più difficile. Ma COP27 potrebbe essere una occasione anche per riflettere sulle connessioni tra l’aumento dell’autoritarismo e il caos climatico in cui riversano molti paesi tra cui naturalmente l’Egitto. “Il governo egiziano ha imposto ostacoli arbitrari a finanziamenti e ricerca che hanno indebolito i gruppi ambientalisti locali, costringendo alcuni attivisti all’esilio e altri a stare lontani da lavori importanti” – ha affermato Richard Pearshouse, direttore ambientale di HRW. Non si escludono, una volta terminata la COP e spenti i riflettori del mondo, delle “rappresaglie” successive contro gli attivisti.

La storia ci insegna che non si ottiene nessun cambiamento – come quello richiesto dalla crisi climatica – senza libertà di manifestare e la situazione geopolitica, le nuove elezioni e la cronaca recente, ci dicono che questo non è un problema che riguarda solo il paese ospitante COP27.

 

Elisabetta Ruffolo

Elisabetta Ruffolo (Milano, 1989) Laureata in Public Management presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università degli studi di Milano. Head of communication di MeteoExpert, Produttrice Tv per Meteo.it, giornalista e caporedattrice di IconaClima. Ha frequentato l’Alta scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per il Master in Comunicazione e gestione della sostenibilità.

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