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La storia vera della banca del clima

Una banca nazionale del clima per stimolare gli investimenti privati verso l'energia pulita e creare milioni di posti di lavoro, verso un futuro a basse emissioni di gas climalteranti

Nel Connecticut esiste un quartiere di piccole case con il tetto fatto di pannelli solari. 

Volete sapere la verità? I proprietari di casa non ci avrebbero mai pensato: mai gli sarebbe venuto in mente di installare un impianto di energia solare o, comunque, non sarebbero stati in grado di permetterselo. Esiste, però, un programma che aiuta le famiglie a basso reddito ad accedere all’energia solare e ai miglioramenti per efficienza energetica della propria abitazione. C’è anche un doppio lieto fine: questi fortunati cittadini, oltre ad aver ridotto il loro impatto ambientale, stanno risparmiando centinaia di dollari ogni anno sulle bollette energetiche.

 

Questa bella storia è solo un esempio del lavoro svolto dalla Connecticut Green Bank, la prima banca nel suo genere, che suggerisce come una banca nazionale del clima potrebbe essere progettata per distribuire rapidamente l’energia eolica e solare, i veicoli elettrici e altre tecnologie avanzate a basse emissioni.

 

Negli Stati Uniti, l’idea di una banca nazionale del clima aveva preso slancio per la prima volta dopo l’ultima recessione, nel 2009. All’epoca faceva parte di un disegno di legge che includeva anche limiti alle emissioni e capacità per le aziende di scambiare “crediti” di emissioni, misure che non sono mai diventate realtà. In seguito, alcuni stati hanno iniziato ad aprire proprie banche verdi. Il Connecticut è stato il primo nel 2011. Questa organizzazione (senza scopo di lucro che investe denaro pubblico per stimolare gli investimenti privati) è stata in grado di supportare industrie alle prime armi e ha anche messo in luce alcuni controsensi: ad esempio, i ricchi avevano molte più possibilità di installare pannelli solari, rispetto alle fasce più povere della popolazione che però avevano bisogno di maggior risparmi sulle bollette elettriche. 

 

“Era chiaro che le famiglie a reddito medio-basso rimanevano indietro” afferma Bryan Garcia, presidente e CEO della Connecticut Green Bank. L’organizzazione ha quindi calcolato che per ogni dollaro pubblico investito in vari programmi di sostegno, si mobilitano sette dollari di investimenti privati. Nel 2019, ad esempio, hanno utilizzato 30 milioni di dollari di risorse pubbliche per attirare 270 milioni di dollari. “Abbiamo fatto investimenti per 300 milioni di dollari in energia pulita per il Connecticut” continua Garcia. “Ovviamente, 300 milioni di dollari di investimenti significano posti di lavoro per implementare progetti solari, progetti di efficienza energetica, si stanno distribuendo celle a combustibile. Più investimenti si effettuano, più posti di lavoro vengono creati”.

 

La stessa cosa potrebbe accadere a livello nazionale: la banca dovrebbe essere creata come organizzazione no-profit indipendente e apartitica, approvata dal governo ma fuori dal governo, e potrebbe investire in progetti nazionali, come aggiornamenti alla rete elettrica, ma anche in progetti statali e locali.

 

Potremmo così risolvere la crisi climatica? Secondo una stima, gli Stati Uniti dovrebbero spendere un minimo di 600 miliardi di dollari ogni anno per investire nelle infrastrutture necessarie per la transizione verso un’economia a zero emissioni di carbonio. Quindi, anche con uno stanziamento iniziale di 20 miliardi di dollari, la banca nazionale per il clima lascerebbe comunque un enorme divario. Ma c’è un aspetto che è forse ancora più importante: come nel Connecticut, un programma di questo tipo può aiutare a stimolare investimenti privati.

Molti esperti di politica climatica affermano con decisione che non abbiamo necessariamente bisogno di nuove fonti di finanziamento per pagare l’azione per il clima; dobbiamo, invece, reindirizzare il denaro esistente dagli investimenti in combustibili fossili, ad investimenti in energie rinnovabili. 

I governi devono incentivare le imprese a scegliere investimenti a basse emissioni di carbonio e una banca del clima può essere la fonte di questi incentivi necessari.

 

 

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Serena Giacomin

Fisica, con specializzazione in Fisica dell’Atmosfera. Meteorologa certificata di Meteo Expert, climatologa e presidente dell’Italian Climate Network, il movimento italiano per il clima. Conduce le rubriche meteo in onda sui canali Mediaset e tramite le principali radio nazionali. Oltre alle attività di analisi previsionale, è impegnata nel Progetto Scuole per portare meteo e clima tra i banchi dei bambini e dei ragazzi. Autrice del libro ‘Meteo che Scegli, Tempo che Trovi’.

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