Bacino del Mediterraneo in pericolo: il rischio di inaridimento è reale e incombente
I cambiamenti climatici all'origine di questa situazione. Lo rivela lo studio recente effettuato sul Lago Ocrida, il più antico d'Europa
Il destino di tutta la regione mediterranea sembra segnato. Ci stiamo avviando verso un inesorabile inaridimento. Se non si interviene in maniera massiccia a favore dell’ambiente, contrastando così i cambiamenti climatici, la strada sembra ormai segnata. E la posta in gioco è davvero alta: si parla della qualità di vita di oltre 450 milioni di persone. La spiegazione di questo progressivo inaridimento di tutto il bacino mediterraneo affonda le sue radici nel passato, e riguarda proprio il clima globale. I dati eclatanti sono emersi da uno studio internazionale, pubblicato proprio nei giorni scorsi sulla rivista Nature, realizzato da un team composto per buona parte dalla “squadra” tutta femminile del Dipartimento di Biologia Ambientale della Sapienza di Roma. Il team SCOPSCO, diretto da Bernd Wagner dell’Università di Colonia (Germania), è coordinato per l’Italia da Giovanni Zanchetta dell’Università di Pisa e vede Laura Sadori del Dipartimento di Biologia ambientale come coordinatrice del gruppo di palinologia. Ne fanno parte, tra gli altri, Anna Maria Mercuri e Paola Torri del Dipartimento di Scienze della Vita di Unimore.
La ricerca si è focalizzata sullo studio paleoambientale del Lago Ocrida (Ohrid in inglese), il più antico d’Europa, situato al confine tra Albania e Macedonia del Nord. Si tratta di un bacino idrico famoso per la sua eccezionale biodiversità: al suo interno, infatti, ospita oltre 300 specie animali e vegetali endemiche. Parliamo, dunque, di un vero e proprio “archivio naturale” in cui pullulano informazioni fondamentali per la storia climatica del Mediterraneo. Uno studio dello stesso Lago Ocrida già si era svolto nel 2013: quella volta, lo scopo era datare esattamente il bacino. Si è trattato, in quel caso, di uno dei progetti di maggior successo del consorzio ICDP (International Continental Scientific Drilling Program). Cofinanziata da enti di ricerca nazionali tra cui, per l’Italia, l’istituto di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), la campagna di perforazione aveva raggiunto una profondità di 568 metri nei sedimenti lacustri, superando una colonna d’acqua di 245 metri. Sono stati necessari, quindi, ben 5 anni per studiare le diverse proprietà delle carote di sedimento recuperato, utilizzando molte tecniche indipendenti volte a fornire una solida conoscenza del clima e dei cambiamenti ambientali del passato. Ebbene, risultato della ricerca è stato che il Lago Ocrida ha un’età pari a 1,36 milioni di anni.
Obiettivo della ricerca del team SCOPSCO, invece, è stato studiare il clima della regione mediterranea afflitta da un progressivo inaridimento. Tale situazione, come è emerso dalla ricerca, è molto probabilmente direttamente riconducibile all’andamento delle precipitazioni dalle quali, a loro volta, dipende la disponibilità di acqua. Tra i risultati più eclatanti dello studio, vi è la connessione tra cambiamenti climatici e inaridimento. La ricerca, studiando le epoche più antiche del nostro Continente, ha evidenziato come i cambiamenti ambientali nel passato sono avvenuti quali conseguenza dell’alternanza tra periodi glaciali e periodi interglaciali. Le analisi geochimiche e polliniche hanno consentito di evidenziare come, durante i periodi caldi e a maggior contenuto di anidride carbonica nell’atmosfera, vi sia stato un aumento del contrasto stagionale con maggior aridità nel periodo estivo e maggior violenza e abbondanza di precipitazioni durante l’autunno.
La ricerca del team SCOPSCO ha poi determinato importanti connessioni tra il sistema monsonico africano e il clima del Mediterraneo, evidenziando in tal modo la stretta correlazione che lega il clima regionale a quello globale. In ultima analisi, l’aumento della ciclo genesi (ossia l’intensificarsi dei cicloni) nella regione occidentale del Mediterraneo sarebbe direttamente riconducibile al riscaldamento anomalo della superficie del mare durante l’estate.
Grande attenzione puntata anche sul polline fossile, recuperato nell’area dello stesso Lago Ocrida. Studiato da un gruppo internazionale di studiosi, ha visto per la prima volta lavorare un numero così alto di esperti su un unico archivio. Fanno parte di questo gruppo, guidato appunto da Laura Sadori, Alessia Masi, data manager, e Gaia Sinopoli: tutte e tre per la Sapienza di Roma.
«Tra i dati ottenuti– spiega Anna Maria Mercuri di Unimore- di grande rilievo sono quelli che riguardano il polline, fossile e conservato in quantità abbondanti negli strati del lago. Questo importante indicatore climatico è stato studiato da un gruppo internazionale di palinologi guidati dalla professoressa Laura Sadori della Sapienza di Roma, con la quale noi ricercatrici modenesi cooperiamo da anni». Per quanto riguarda il futuro del Bacino del Mediterraneo, la risposta derivante dallo studio in esame non lascia margine a grossi dubbi. «Effetti simili a quanto avvenuto in passato– prosegue la Prof.ssa Mercuri – potrebbero derivare dal recente riscaldamento climatico di origine antropica, e in questo contesto, le ricerche sul Lago di Ocrida potranno essere utili per risolvere alcune delle incertezze presenti nel rapporto della commissione intergovernativa sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC) e migliorare le proiezioni previsionali future».