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Popoli indigeni incontattati, la strage silenziosa che possiamo ancora fermare

Sono almeno 196 i popoli indigeni incontattati che ancora resistono nel mondo. Vivono in modo autosufficiente nelle foreste dell’Amazzonia – che tra pochi giorni ospiterà la COP30 sul clima -, dell’Asia e del Pacifico, e scelgono consapevolmente di rifiutare ogni contatto con l’esterno.
Ma secondo un nuovo rapporto di Survival International, la metà di loro potrebbe essere sterminata entro dieci anni se governi e aziende non interverranno.

Il documento, intitolato Popoli indigeni incontattati: frontiere di resistenza, è il primo rapporto globale mai realizzato sull’argomento. Presentato lunedì a Londra alla presenza dell’attore Richard Gere e dei leader indigeni Lucas Manchineri e Maipatxi Apurinã dal Brasile e Herlin Odicio dal Perù, il rapporto di Survival International fotografa una crisi umanitaria invisibile ma sistemica, alimentata da un modello economico che continua a mettere il profitto davanti ai diritti e alla vita.

popoli indigeni incontattati - conferenza stampa
I leader indigeni Lucas Manchineri e Maipatxi Apurinã dal Brasile, Herlin Odicio dal Perù e l’attore Richard Gere hanno presentato oggi a Londra il nuovo rapporto di Survival International, ‘Popoli indigeni incontattati: frontiere di resistenza’. © Jamie Stoker

“Un genocidio legalizzato”

Le minacce che gravano sui popoli incontattati sono molteplici: deforestazione, estrazione mineraria, agrobusiness, bande criminali e missionari evangelici. Secondo Survival International, il 96% di questi popoli è minacciato dall’industria estrattiva; il taglio del legno riguarda il 64% dei gruppi, le attività minerarie il 41%.

Un popolo incontattato su sei è minacciato anche da missionari che tentano di convertirli. E in Indonesia, l’estrazione di nichel per le batterie delle auto elettriche rischia di sterminarne uno intero.

«Non sono riusciti a ucciderci tutti ai tempi della colonizzazione e non sono riusciti a sbarazzarsi di noi durante la dittatura. Ma oggi stiamo vivendo un genocidio legalizzato», denuncia Célia Xakriabá, dal Brasile. «Ci stanno uccidendo con carta e penna».

Richard Gere, intervenuto alla presentazione, ha posto una domanda che non lascia scampo:
«Per quanto tempo ancora noi, nel mondo industrializzato, continueremo a considerare i popoli incontattati solo degli sfortunati danni collaterali, mentre saccheggiamo le loro terre per le nostre automobili, le nostre case, il nostro fabbisogno energetico, i nostri gioielli e il nostro intrattenimento?».

La loro distruzione, sottolinea Gere, è il risultato diretto di scelte economiche e politiche globali. «Troppo spesso subiscono l’esatto opposto di ciò che chiedono: attacchi violenti, epidemie, devastazioni. E tutto questo per il profitto di altri».

Per i popoli indigeni incontattati, rifiutare il contatto è una forma di autodeterminazione. Come spiega Lucas Manchineri, del popolo Manchineri in Brasile: «Non vogliamo che la storia del contatto che abbiamo sofferto noi si ripeta. Abbiamo l’obbligo spirituale e politico di proteggerli. I popoli incontattati non sono scomparsi: stanno lottando nella loro foresta, a volte silenziosamente».

Secondo Caroline Pearce, direttrice generale di Survival International, «i popoli incontattati non sono passivi e sono ben consapevoli del mondo esterno. Scelgono attivamente di rifiutare e resistere al contatto, hanno il sostegno dei loro vicini indigeni e la legge internazionale è pienamente dalla loro parte».

I veri custodi delle foreste

Il 95% dei popoli incontattati vive nel bacino amazzonico, e soprattutto in Brasile, che ne ospita 124. Oggi le loro foreste rappresentano delle “isole di verde in un mare di deforestazione”, spiega il rapporto.

Quando i loro territori sono protetti, queste comunità prosperano: sono autosufficienti, in buona salute, esperte conoscitrici del proprio ambiente e capaci di mantenerlo in equilibrio. La loro sopravvivenza coincide con quella della foresta.

Non è un caso che alla vigilia della COP30 il rapporto assuma una valenza ancora più forte: la tutela dei popoli incontattati è anche una condizione indispensabile per fermare la crisi climatica.

“Una catastrofe evitabile”

La conclusione di Survival International è netta: il contatto forzato uccide.
«C’è una catastrofe incombente, e un modo chiaro per evitarla», afferma Caroline Pearce. «Possiamo rispettare la scelta, espressa chiaramente dai popoli incontattati, di essere lasciati in pace. Oppure possiamo continuare a distruggere le loro foreste e permettere a industrie e missionari di invadere le loro case, rischiando di uccidere la metà di tutti i gruppi entro i prossimi dieci anni. La soluzione è ovvia: governi e aziende devono agire ora».

Il rapporto Popoli indigeni incontattati: frontiere di resistenza, di Survival International, è disponibile a questo link.

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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