Inquinamento, Italia lontanissima dalle nuove direttive sullo smog dell’OMS
Il rapporto di Legambiente ha analizzato l'inquinamento atmosferico delle città italiane nel corso del 2021
In Italia l’inquinamento atmosferico è ancora troppo elevato: nel 2021 molte città d’Italia hanno respirato aria inquinata. A rivelarlo è il rapporto annuale di Mal’Aria del 2022, realizzato da Legambiente nell’ambito della campagna CleanCities.
Le nuove direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, pubblicate a novembre 2021, hanno ribassato le soglie limite per le concentrazioni dei principali inquinanti atmosferici. L’inquinamento, infatti, è un problema importante non solo a livello ambientale, ma anche e soprattutto a livello sanitario. Lo smog uccide: nel 2019 sono morte prematuramente 307.000 persone a causa dell’inquinamento atmosferico nell’Unione europea.
E purtroppo l’Italia è tra i Paesi più inquinati d’Europa. In termini assoluti l’Italia è il primo Paese europeo per morti associate al diossido di azoto, seguita da Spagna, Germania, Regno Unito e Francia. Mentre per quanto riguarda l’ozono e il particolato fine, l’Italia è seconda, con rispettivamente 3.170 e 49.900 morti premature in un solo anno. Il PM2.5 è così elevato che abbiamo perso 843 anni di vita ogni 100 mila abitanti. Peggio di noi solo la Germania, prima in Europa con 53.800 morti causate da PM2.5 e 3.350 causate dall’ozono.
I nuovi limiti fissati dall’OMS, oggi sembrano impossibili da rispettare. L’Italia ha già attive al momento ben tre procedure di infrazione per tre inquinanti come il PM10, PM2.5 e il biossido di azoto (NO2). E quando entreranno in vigore anche dal punto di vista legale, i nuovi limiti ribassati potrebbero portare all’avvio di ulteriori procedure di infrazione per gli Stati membri inadempienti.
Smog: nel 2021 Italia lontanissima dalle nuove soglie OMS per l’inquinamento. Il rapporto Mal’Aria di Legambiente:
Per quanto riguarda le concentrazioni di PM10 le città più distanti dall’obiettivo dell’OMS (con media annuale fissata a 15 µg/mc) sono Alessandria (media annuale 33 µg/mc), Milano (32 µg/mc), Brescia, Lodi, Mantova, Modena e Torino (31 µg/mc). Queste città devono più che dimezzare le concentrazioni annue di PM10 per poter rientrare nella soglia. E la situazione non è certo migliore ad Asti, Avellino, Cremona, Padova, Piacenza, Reggio Emilia, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza, dove la media annuale è di 30 µg/mc.
L’Italia è messa male anche per quanto riguarda il PM2.5, particolato fine ancora più pericoloso per la nostra salute. Il particolato PM2.5 è di 2,5 micron o meno, dimensione che rende possibile alle particelle di penetrare facilmente nel tratto respiratorio fino a raggiunge la cavità alveolare. Dato che si tratta dell’inquinante più pericoloso l’obiettivo nazionale è quello di ridurre le concentrazioni medie annue del 61%: delle 102 città analizzate, infatti, nessuna al momento rientra nei parametri fissati dall’OMS.
I livelli più elevati, su base annuale, si sono registrati a Cremona e Venezia: qui la media annuale è di 24 µg/mc, quasi 5 volte il limite OMS di 5 µg/mc. Ciò significa che per raggiungere la soglia limite queste due città dovranno ridurre le concentrazioni del 79%. Al terzo posto c’è la città di Vicenza (22 µg/mc), seguono Piacenza, Padova, Milano (21 µg/mc), Asti, Alessandria, Verona, Torino e Treviso (20 µg/mc) che dovranno ridurre le loro concentrazioni per più del 75%.
Terzo inquinante: il biossido di azoto (NO2). Si tratta dell’inquinante atmosferico che più rapidamente risponde alle variazioni delle emissioni. Il biossido di azoto viene prodotto da tutti i processi di combustione, compresi quelli derivanti dal traffico. Resiste per poco tempo sospeso in atmosfera, meno di un giorno, prima di depositarsi al suolo o reagire con altri gas presenti in atmosfera. Per questo motivo questo inquinante viene rilevato quando è vicino alla sua fonte, sia essa il traffico, le centrali termoelettriche, il riscaldamento domestico o le industrie.
Secondo il rapporto di Legambiente il biossido di azoto deve essere più che dimezzato rispetto ai valori medi del 2021. Le criticità maggiori sono state rilevate a Milano (media annuale 39 µg/mc contro un valore OMS di 10 µg/mc) e Torino (37 µg/mc) che dovranno ridurre le concentrazioni rispettivamente del 74% e 73%. Seguono Palermo e Como (36 µg/mc), Bergamo (35 µg/mc), Trento e Teramo (34 µg/mc), Monza e Roma (33 µg/mc), Napoli e Bolzano (32 µg/mc), Firenze e Pavia (31 µg/mc) che dovranno ridurre le concentrazioni di oltre
il 68%. Delle 102 città analizzate per le quali è disponibile il dato, solo 5 al momento rientrano nei parametri fissati dall’OMS.
Dobbiamo ridurre l’inquinamento: quali soluzioni abbiamo?
Secondo Legambiente nell’ambiente urbano i due settori che incidono maggiormente sono la mobilità e il riscaldamento domestico. Il primo intervento deve quindi avvenire in questi due settori, considerando anche il fatto che la spinta verso una mobilità sostenibile e ad emissioni zero rientra già nei piani di transizione ecologica e decarbonizzazione. Secondo step, non meno importante, è quello dell’agricoltura e della zootecnica, che concorrono in modo rilevante alle emissioni in atmosfera.