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Acidificazione degli oceani, quali conseguenze rischiamo?

L'Artico dovrebbe vivere il peggio di questa preoccupante trasformazione a causa delle sue basse temperature

C’è un problema ambientale di cui si sente parlare troppo poco: l’acidificazione degli oceani, un fenomeno grave che spesso viene ignorato quando si parla di cambiamenti e crisi climatica.

L’oceano ricopre il 70% della superficie terrestre e contiene il 97% dell’acqua del Pianeta Blu, il restante 3% scorre nei fiumi, nei laghi o è immagazzinato nei ghiacci. Mari e oceani ospitano la vita e sono preziosi regolatori per il clima globale: le acque degli oceani infatti forniscono ossigeno e immagazzinano l’anidride carbonica. Le emissioni di CO2 derivanti anche dalle attività dell’uomo vengono infatti assorbite dagli oceani per un 30% del totale ogni anno. L’aumento costante delle concentrazioni di CO2, è quindi una frazione di quanto in realtà buttiamo in atmosfera.

Questo contributo, quindi, nel ridurre gli effetti più immediati del riscaldamento globale di origine antropica, però sfocia in una acidificazione molto più pronunciata. Il pH degli oceani sta infatti diminuendo, con effetti a cascata da non sottovalutare.

I dati del Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite suggeriscono che negli ultimi 20-30 anni si è assistito a un rapido aumento dell’acidificazione degli oceani e si prevede che il tasso aumenterà ulteriormente.

Acidificazione degli oceani: quali conseguenze?

Quando la CO2 si dissolve nell’oceano, innesca una reazione chimica con conseguenze di vasta portata: nelle acque degli oceani viene prodotto infatti acido carbonico che rende l’acqua più acida. Dall’inizio della rivoluzione industriale, il pH medio della superficie oceanica globale è già sceso da 8,2 a 8,1, corrispondente a un aumento dell’acidità di circa il 26%1.

acidificazione oceani

Secondo BIOACID, una rete di ricerca tedesca, l’Artico dovrebbe vivere il peggio di questa preoccupante trasformazione a causa delle sue basse temperature. L’acqua più fredda assorbe infatti più anidride carbonica dall’atmosfera: il contrario di quanto avviene all’equatore, dove la superficie dell’oceano addirittura rilascia questo gas serra di nuovo in atmosfera. Inoltre con lo scioglimento delle calotte glaciali, la salinità diminuisce, e l’acqua più dolce si acidifica ancor più velocemente. Con meno ghiaccio a coprire la superficie dell’oceano, inoltre, aumenta l’area marina capace di assorbire anidride carbonica dall’atmosfera.

L’acidificazione è un grosso problema, non solo per l’ecosistema marino, in cui agisce sulla dissoluzione dei gusci degli animali e il degrado dei coralli, ma anche per le comunità umane che dipendono dagli ecosistemi oceanici. Per questo motivo, tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU (al punto 14) compare anche la necessità di ridurre al minimo e affrontare gli impatti dell’acidificazione degli oceani attraverso la cooperazione a tutti i livelli.

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Il confronto tra il PH degli oceani nel 1800 e quello previsto nel 2100

A seconda degli scenari climatici possibili, a basse o alte emissioni, gli impatti saranno più o meno importanti su tutta la biodiversità marina. Nello scenario climatico a basse emissioni (RCP 2.6) gli impatti su erbe di mare, pteropodi (le cosiddette farfalle di mare), krill e le pinne dei pesci potrebbe essere moderato, mentre potrebbe essere da alto a molto alto su bivalvi e coralli tropicali. Nello scenario climatico più pessimistico, con alte emissioni (RCP 8.5), entro il 2100 l’impatto su tutti questi esemplari vegetali e animali potrebbe essere da alto a molto alto, con coinvolgimento anche delle mangrovie2.

In particolare, le farfalle di mare, potrebbero risentire in modo molto importante dell’aumento dell’acidità dell’acqua. Le farfalle di mare costituiscono una importantissima parte della dieta, ad esempio, dei salmoni e in uno scenario ad alte emissioni potrebbe essere a rischio già a metà secolo nelle regioni polari.

Questo provocherebbe una serie di effetti a cascata, con impatti anche sulla nostra società. Gli studi a riguardo sono molti, ma è difficile quantificare il costo di questo fenomeno su scala globale. Uno studio inglese3, ad esempio, stima che l’acidificazione degli oceani possa causare perdite tra 23 e 88 milioni di sterline, un altro studio americano stima che possa avere un impatto economico di circa 400 milioni di dollari4. In Europa potrebbe risultare in perdite per quasi 1 miliardi di euro5.

Come intervenire per limitare l’acidificazione degli oceani?

L’acidificazione è un problema globale, che ha impatti a livello locale. “Dobbiamo capire quanto è grave il problema, studiarlo, monitorare gli effetti, assicurare di fare cambiamenti delle politiche, ad esempio, legate all’agricoltura e quali conseguenze potrebbe portare. Tutto è connesso – spiega Steve Widdicombe, Direttore scientifico del Plymouth Marine Laboratory all’evento dell’Economist “Ocean acidification: a crisis in the making” -. A Montreal ci siamo messi d’accordo sul 30×30, ma quale 30% decidiamo di proteggere? Quello più “facile” e immediato, o il 30% più delicato e complesso. Dobbiamo fare in modo che tutti gli attori, specie quelli che sopravvivono grazie al mare e agli oceani, vengano inclusi nel processo.”

La prima da cosa da fare è smettere di usare combustibili fossili: stiamo bruciando il futuro dei nostri nipoti – avverte Peter Thomson, Inviato speciale per gli Oceani ed ex segretario generale delle Nazioni Unite -. Restare sui 1,5 gradi, è ancora possibile, ma dobbiamo agire ora. Il 25% della biodiversità marina fa affidamento sulla salute delle barriere coralline. Bruciare combustibili fossili distrugge le barriere coralline, e il riscaldamento globale derivato distrugge le barriere coralline“.

Ma non possiamo solo smettere di emettere anidride carbonica, dobbiamo anche capire come sequestrarla dall’atmosfera e dagli oceani. “E’ importante ragionare su azioni che, in modo combinato, agiscono sullo stesso problema: non può essere più o uno o l’altro – spiega Malaika Vaz, fondatrice di Untamed Planet ed esploratrice per il National Geographic -. Ci sono tantissime soluzioni. In molti dicono che la crisi climatica è la storia del nostro tempo. Secondo me è come reagiamo e cosa facciamo per combattere la crisi climatica, a fare la storia del nostro tempo”.

  1. BIOACID Biological Impacts of Ocean Acidification
  2. JF Gattuso et al, “Contrasting futures for ocean and society from different anthropogenic CO2 emissions scenarios”, Science 349 (2015)
  3. S Mangi, et al, The Economic Impacts of Acidification on Shellfish Fisheries and Aquaculture in the United Kingdom (2018)
  4. D Narita, K Rehdanz, R Tol, Economic costs of ocean acidification: a look into the impacts on global shellfish production (2012)
  5. D Narita & K Rehdanz, Economic impact of ocean acidification on shellfish production in Europe (2016)
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Silvia Turci

Ho conseguito una laurea specialistica in Comunicazione per l’Impresa, i media e le organizzazioni complesse all’Università Cattolica di Milano. Il mio percorso accademico si basa però sullo studio approfondito delle lingue straniere, nello specifico del francese, inglese e russo, culminato con una laurea triennale in Esperto linguistico d’Impresa. Sono arrivata a Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995) nel 2014 e da allora sono entrata in contatto con la meteorologia e le scienze del clima: una continua scoperta che mi ha fatto appassionare ogni giorno di più al mio lavoro.

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