Clima estremo, colture Made in Italy a serio rischio: il report
Secondo i dati di Greenpeace, inverni sempre più caldi e precipitazioni sempre più scarse mettono a rischio la produzione di agrumi, olio d'oliva e grano duro
Il clima estremo mette a serio rischio le coltivazioni “Made in Italy”. A lanciare l’allarme è un nuovo rapporto di Greenpeace che mette in luce appunto come inverni sempre più caldi, piogge troppo scarse o troppo violente – che in entrambi i casi lasciano i terreni assetati -, stiano impoverendo i suoli della nostra Italia, con conseguenze nefaste per agrumi, olio d’oliva e grano duro per paste e pane che ora come ora rischiano un calo drastico.
Clima sempre più allarmante in Italia: gli inverni sono sempre più caldi, soprattutto al Nord
Come rivelato dal report di Greenpeace, a livello nazionale è il Nord a scaldarsi di più: la temperatura media invernale negli ultimi 40 anni è aumentata di quasi 1,5°C, con punte di 2°C nel Nord Ovest e oltre 1,5°C nel Nord Est. Per quanto riguarda le precipitazioni, le principali anomalie riguardano sempre le regioni settentrionali: in soli due mesi dell’inverno 2024 è caduta la stessa quantità di pioggia di tutti e tre gli inverni precedenti.
Precipitazioni che, come spiegano i ricercatori dell’ISTAT Stefano Tersigni e Alessandro Cimbelli, “il terreno fatica ad assorbire perché sono sempre più intense e concentrate, spesso connesse a eventi meteorologici estremi”.
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La siccità colpisce duramente il Sud e le Isole: il 2022 è stato l’anno più siccitoso
Le precipitazioni negli inverni 2021-2024 si sono ridotte in generale anche nel resto d’Italia rispetto alla media del trentennio 1981-2010, con un calo più marcato al Sud (-2,3%) e nelle Isole (-5,7%). Il 2022 è stato l’anno più siccitoso in tutta la Penisola, con il Nord-Ovest che ha visto le piogge ridursi del 64%.
Di conseguenza, i suoli di tutte le regioni italiane (esclusa la Val d’Aosta) sono più poveri d’acqua rispetto alla media degli ultimi 30 anni. Spiccano le anomalie negative in particolare di Sicilia (-2%), Puglia (-1,2%) e Calabria (-1,1%), che registrano appunto i cali più significativi.
Percentuali che, secondo gli esperti, rappresentano un campanello d’allarme, “dato che solo una parte dell’acqua trattenuta al suolo è disponibile per le piante e la perdita di un solo punto percentuale equivale a una riduzione significativa che deve essere compensata con l’irrigazione” come spiega Tommaso Gaifami dell’Associazione Italiana di Agroecologia (AIDA).
Il futuro di agrumi, olio d’oliva e grano duro è profondamente incerto
Per la prossima stagione le regioni meridionali, già colpite da una dura siccità, sono quelle più a rischio. È qui che si concentra la produzione di agrumi (99% delle superfici coltivate), olio d’oliva (81%) e grano duro (73%) per pasta e pane “made in Italy”. La scarsità d’acqua e l’aumento delle temperature non promettono nulla di buono per la produttività di queste colture.
Ciò che sicuramente può migliorare la situazione è l’adozione di tecniche agro-ecologiche che tutelino la salute dei suoli e la loro capacità di trattenere l’umidità, mantenendo le capacità produttive dei terreni agricoli sul lungo periodo e di conseguenza anche il reddito degli agricoltori, sottolinea Greenpeace.
Clima, servono misure concrete contro la siccità: la nostra acqua e le nostre coltivazioni sono in pericolo
«Le tendenze climatiche ci indicano che i suoli delle regioni del Mezzogiorno saranno sempre più difficili da coltivare e che non potranno essere compensati dai terreni del Nord Italia, già sfruttati in modo intensivo, minacciati da temperature medie in rapido aumento e da eventi climatici estremi sempre più frequenti», commenta Simona Savini, della Campagna Agricoltura di Greenpeace Italia. «Per questo è urgente e necessario adattare il nostro modello agroalimentare a produzioni che richiedono meno acqua, a partire dalla riduzione dei terreni destinati alla mangimistica», conclude.
La lotta alla desertificazione è quanto di più urgente a livello globale e dunque richiede un impegno massimo da parte di tutti. È necessario ridurre i consumi idrici in agricoltura, privilegiare la produzione di cibo per le persone rispetto a quella di mangimi per animali, promuovere tecniche agro-ecologiche che migliorino la salute dei suoli, aggiornare il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima con obiettivi in linea con l’Accordo di Parigi per ridurre le emissioni e contrastare l’inquinamento che avvelena le risorse idriche.
L’Italia in particolare deve cambiare al più presto il suo modello agroalimentare, rendendolo sostenibile e tutelando le risorse idriche: solo così le campagne italiane e le colture ‘Made in Italy’ possono sperare di non soccombere.
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