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Attivista di Extinction Rebellion minacciato con una pistola, la RAI: «situazione spiacevole»

«Ci dispiace sinceramente», ha fatto sapere la RAI dopo l'episodio di venerdì. Per Extinction Rebellion la colpa è del clima di tensione che è stato alimentato negli ultimi mesi: «non denuncerò la guardia», conferma l'attivista coinvolto

La mattina di venerdì 17 febbraio alcuni attivisti e attiviste di Extinction Rebellion hanno occupato le sedi delle principali aziende mediatiche di Torino con azioni pacifiche e nonviolente. Seduti in silenzio, con dei cartelli in mano, gli attivisti hanno chiesto alla RAI, La Stampa e La Repubblica di raccontare le responsabilità dei governi nell’aggravarsi della crisi climatica.

«Nella sede della RAI di via Cavalli, però, non tutto è andato come previsto», racconta Extinction Rebellion. Nonostante gli attivisti fossero tutti a volto scoperto e si fossero immediatamente seduti a terra quando fermati dalle guardie, uno di loro è stato buttato a terra e minacciato con una pistola.

«Sono stati 15 minuti difficili», ci racconta Roberto, il giovane attivista coinvolto nell’episodio, contattato oggi da IconaClima. Ma assicura: «adesso sto bene». A preoccuparlo, ora, è il racconto che alcune parti stanno facendo dell’accaduto: «si è detto che la guardia avrebbe reagito così perché spaventata da un oggetto non bene identificato che avevo in mano, ma si trattava di una macchina fotografica». Roberto, infatti, non stava partecipando in modo attivo all’azione. «Mi occupo dell’ufficio stampa, ero lì per fare foto e video», ci spiega, sottolineando che l’azione portata avanti era pacifica: «ho paura che passi il messaggio che “ce la siamo cercata”».

Extinction Rebellion: «il problema è il clima di allarme che è stato creato in questi mesi»

«Non denuncerò la guardia, perché non voglio innescare una guerra tra poveri», ci dice Roberto. Quello che è successo «è frutto della situazione che c’è adesso in Italia: un clima di allarme perenne, un processo di criminalizzazione dell’attivismo».

Anche Extinction Rebellion Torino ha confermato di non avere intenzione di denunciare la guardia coinvolta. L’episodio è «un sintomo preoccupante – afferma il movimento -, che dovrebbe innescare una profonda riflessione sulle conseguenze di una narrazione che esaspera i toni e alimenta la polarizzazione».

Per approfondire:

Attivisti intimiditi e criminalizzati, Amnesty: a rischio il diritto di protesta

«Una situazione spiacevole»: la reazione della RAI

«Ci dispiace sinceramente», ha fatto sapere l’Ufficio Stampa della RAI contattato da IconaClima. E, «ferma restando la spiacevolezza della situazione», ha sottolineato che il vigilante ha estratto la pistola senza mai puntarla direttamente contro l’attivista.
Si tratta di un professionista che ha molta esperienza, ci spiegano, ma «è stato colto di sorpresa» reagendo rapidamente quando ha notato che il giovane «aveva qualcosa in mano e indossava uno zaino». Dalla RAI sottolineano anche che la sede di via Cavalli non ospita produzioni ma solo uffici amministrativi, e di conseguenza non viene normalmente interessata da azioni di questo tipo – più frequenti nei pressi del centro di produzione di via Verdi, il cui personale è quindi abituato a gestire situazioni simili.

La preoccupazione degli attivisti per la crisi climatica «è legittima e condivisibile», aggiunge l’Ufficio Stampa della società, sottolineando che da anni il Servizio Pubblico approfondisce il tema anche attraverso il lavoro di nomi celebri come Piero Angela e Mario Tozzi.

Per quanto riguarda la decisione di Roberto di non sporgere denuncia, dalla RAI commentano affermando che «l’attivista ha avuto una reazione di grande buonsenso», e confermano che il clima di recente è stato molto teso. In particolare, sottolineano, a far innalzare il livello di attenzione nelle ultime settimane sono state anche «le preoccupazioni legate a possibili azioni anarchiche».

Se chi lotta per l’ambiente rischia la vita, abbiamo tutti un problema

Al di là delle preoccupazioni legate al grave episodio torinese, quello su cui oggi dovremmo davvero fermarci a riflettere è il fatto di essere arrivati al punto che chi vuole proteggere il futuro del pianeta (e il nostro) si trova a rischiare la vita.

Secondo l’analisi condotta da Global Witness, tra il 2012 e il 2021 sono stati 1.733 gli attivisti uccisi nel mondo per aver cercato di difendere l’ambiente e la propria terra: in media, si è contata una vittima ogni due giorni circa. I Paesi in cui sono morte più persone sono stati il Brasile, la Colombia e le Filippine, dove ci sono stati rispettivamente 342, 322 e 270 omicidi.

Ma la situazione è sempre più difficile anche nelle nazioni considerate più avanzate e democratiche: solo un mese fa un giovane ambientalista è stato ucciso negli Stati Uniti da un colpo di pistola esploso dalle autorità intervenute durante una protesta ad Atlanta.
E pure in Italia la tensione continua a crescere, alimentata anche dai tweet rabbiosi di politici di primo piano che descrivono come terrorista chi imbratta edifici con vernici lavabili mentre chi ogni giorno aggrava la crisi climatica inseguendo il suo interesse può continuare a veder crescere il proprio conto in banca senza timori.

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Valeria Capettini

Iscritta all'ordine dei Giornalisti, faccio parte della squadra di Meteo Expert dal 2016: un'esperienza che mi ha insegnato tanto e mi ha permesso di avvicinarmi al mondo della climatologia lavorando fianco a fianco con alcuni dei maggiori esperti italiani in questo settore. La crisi climatica avanza, con conseguenze estremamente gravi sull’economia, sui diritti e sulla vita stessa delle persone. Un'informazione corretta, approfondita e affidabile è più che mai necessaria.

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