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Animali estinti: la storia dello stambecco dei Pirenei

Un gruppo di ricercatori ha ricostruito le vicissitudini di questo animale dichiarato ufficialmente estinto il 6 gennaio del 2000

Uno studio pubblicato su Zoosystematics and Evolution, rivista di scienze della vita internazionale, dedicata alla diversità, alla sistematica e all’evoluzione di tutti i gruppi di animali, a eccezione degli insetti, si è concentrato sulle cause che portarono all’estinzione dello stambecco dei Pirenei. Il gruppo di ricercatori ha ricostruito la storia di questo animale dichiarato ufficialmente estinto il 6 gennaio del 2000, diventando protagonista di uno dei più importanti, forse il primo, evento di estinzione degli anni 2000 in Europa. Successivamente c’è stato anche un tentativo abbastanza complesso di clonazione, poi non riuscito. Il gruppo internazionale di studiosi, ha realizzato una specie di database con tutti gli esemplari conosciuti e i cui resti sono presenti nei musei, ricostruendone la storia demografica basandosi anche su prove del DNA. Questo animale era molto diffuso nei Pirenei francesi e spagnoli; le prime prove scritte della sua esistenza risalgono al 1767 ritrovate in un documento dove la specie viene menzionata e già si parla di un animale “molto raro”.

Foto di Kurt Bouda da Pixabay

Le ricerche però hanno dimostrato che esistevano già da migliaia di anni prima e che una netta espansione della popolazione avvenne tra 14.000 e 29.000 anni fa, seguita poi da una forte crisi, determinata da una perdita di diversità genetica. Nei secoli scorsi poi la caccia a questo animale vide la sua massima diffusione: lo stambecco dei Pirenei già soffriva di una netta diminuzione della sua popolazione tanto che cominciava a occupare solo la valle dell’attuale Parco Nazionale di Ordesa nei Pirenei spagnoli e non più le aree vicine alla catena montuosa sul versante francese, come in precedenza. I dati raccolti rivelano che la caccia allo stambecco dei Pirenei esisteva già nel XV secolo ma si diffuse tantissimo nel XIX secolo e agli inizi del XX secolo quando questi animali diventarono un vero e proprio trofeo per i cacciatori. Rischiando l’estinzione, venne inserito nell’elenco degli animali in pericolo e la sua uccisione fu vietata nel 1913, con una legge che proibendone la caccia, riuscì a regalargli ancora qualche decennio di vita. Purtroppo anche l’istituzione del parco nazionale di Ordesa e Monte Perdido a sud dei Pirenei centrali, in Spagna, nel 1918 e un progetto di conservazione europeo dedicato, non sono serviti.

Foto di PublicDomainPictures da Pixabay

Oltre alla caccia ci sono stati altri fattori, secondo i ricercatori, ad aver decretato l’estinzione di questo animale; tra questi alcune malattie infettive tra cui quelle trasmesse dagli animali da allevamento, come il virus della febbre catarrale degli ovini e la scabbia. Il numero di questi stambecchi si ridusse grandemente e la bassa diversità genetica, causata dal fatto che i pochi esemplari rimasti si accoppiavano tra consanguinei, risultò essere un altro fattore importante che portò inevitabilmente alla fine. Caccia e malattie ebbero dunque la meglio su una popolazione già indebolita: entrambi fattori dovuti presenza dell’uomo, a volte troppo invadente e spesso causa di due dei grandi mali del nostro tempo, estinzioni e pandemie.

Stefania Andriola

Lavoro in redazione da febbraio 2010. Mi piace definirmi “giornalista, scrittrice e viaggiatrice”. Adoro viaggiare, conoscere culture diverse; amo correre, andare in bicicletta, fare lunghe passeggiate ma anche leggere un buon libro. Al mattino mi sveglio sempre con un’idea: cercare di aggiungere ogni giorno un paragrafo nuovo e interessante al libro della mia vita e i viaggi riempiono le pagine che maggiormente amo. La meteorologia per me non è solo una scienza ma è una passione e un modo per ricordarmi quanto siamo impotenti di fronte alle forze della natura. Non possiamo chiudere gli occhi e dobbiamo pensare a dare il nostro contributo per salvaguardare il Pianeta. Bastano piccoli gesti.

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