Clima, milioni di morti ogni anno per l’inazione contro la crisi climatica
Il nuovo rapporto Lancet Countdown 2025 mostra come il fallimento nel ridurre le emissioni e nell’adattarsi ai cambiamenti climatici stia già costando milioni di vite. L'Italia tra i Paesi con più decessi in Europa per caldo e inquinamento

Il prezzo dell’inazione climatica si misura anche in vite umane.
Il nuovo Lancet Countdown on Health and Climate Change lo dice senza mezzi termini: «il fallimento nel contenere il riscaldamento globale e nell’adattarsi ai suoi effetti viene pagato con la vita, la salute e i mezzi di sussistenza delle persone».
Secondo il rapporto, a causa del clima che cambia le morti legate al caldo sono aumentate del 23% dagli anni Novanta, raggiungendo in media 546.000 decessi l’anno tra il 2012 e il 2021. Nel solo 2024, l’inquinamento da fumo di incendi ha provocato 154.000 morti, mentre la diffusione della dengue è cresciuta fino al 49% rispetto agli anni Cinquanta.
Ogni anno, 2,5 milioni di morti sono attribuibili all’inquinamento da combustibili fossili, avvertono gli autori. Eppure, nel 2023, i governi hanno speso 956 miliardi di dollari in sussidi netti ai combustibili fossili – più del triplo di quanto promesso ai Paesi più vulnerabili alla crisi climatica.
«Il bilancio di quest’anno mostra un quadro cupo e innegabile dei danni sanitari che raggiungono ogni angolo del pianeta» ha dichiarato la direttrice del Lancet Countdown, Marina Romanello. «La distruzione di vite e mezzi di sostentamento continuerà ad aggravarsi finché non porremo fine alla dipendenza dai combustibili fossili e non accelereremo l’adattamento».
Il conto si aggrava anche in Italia
Il nostro è tra i Paesi europei più colpiti. Nel 2024, secondo i dati nazionali del Lancet Countdown, ogni persona in Italia ha vissuto in media 46 giorni di ondata di calore, di cui 33 (il 72%) non sarebbero avvenuti senza il cambiamento climatico.
Nello stesso periodo, il Paese ha registrato 7.400 morti da caldo all’anno, più del doppio rispetto agli anni Novanta.
L’esposizione al fumo degli incendi ha causato 1.100 decessi annuali, mentre il 61% del territorio ha subito almeno un mese di siccità estrema tra il 2020 e il 2024.
Il prezzo economico non è da meno: nel 2024 l’Italia ha perso 364 milioni di ore di lavoro per il caldo, pari a circa 15 ore per persona, con un impatto concentrato nel settore delle costruzioni.
L’inquinamento resta un problema cronico. Nel 2022, il nostro Paese ha registrato 63.700 morti da PM2.5 di origine antropica, di cui 27.800 (44%) legate direttamente alla combustione di fossili, in particolare benzina per il trasporto stradale.
Nonostante questo, l’Italia ha speso nel 2023 30,2 miliardi di dollari in sussidi ai combustibili fossili – il 15,5% del bilancio sanitario nazionale.
Un modello alimentare che pesa sulla salute e sul clima
Il Lancet Countdown evidenzia anche il ruolo dei sistemi alimentari: «Le diete ad alto impatto di carbonio contribuiscono a 11,8 milioni di morti l’anno nel mondo».
In Italia, nel 2022, le emissioni da carne rossa e latticini rappresentavano il 55% del totale legato al consumo di prodotti agricoli, e oltre 42.000 morti erano attribuibili all’eccesso di carne e derivati, contro 71.000 decessi per insufficiente consumo di alimenti vegetali.
Un futuro che non possiamo permetterci
Il Lancet Countdown avverte che il mondo sta viaggiando verso un riscaldamento di 2,7 °C entro fine secolo, con impatti potenzialmente catastrofici.
«Le minacce alla salute dovute al clima hanno raggiunto livelli senza precedenti», scrivono gli autori. «Ogni unità di gas serra emessa amplifica i rischi, aumenta i costi economici e rende più difficile proteggere le popolazioni dagli impatti ormai inevitabili».
Intanto, le 100 maggiori compagnie fossili continuano a espandere i loro piani di produzione, destinati a superare di quasi tre volte i limiti compatibili con un pianeta vivibile entro il 2040, mentre le principali banche private hanno investito 611 miliardi di dollari nel settore fossile nel 2024, il 29% in più rispetto all’anno precedente.
Ma la transizione salva vite
Nonostante tutto, il rapporto riconosce segnali positivi. L’abbandono del carbone e la crescita delle rinnovabili hanno già salvato 160.000 vite l’anno grazie al miglioramento della qualità dell’aria.
«Abbiamo già le soluzioni per evitare una catastrofe climatica» sottolinea Romanello. «Dobbiamo accelerare la transizione energetica, promuovere diete sane e sostenibili e costruire sistemi sanitari resilienti. Ogni ritardo si traduce in più malattie e più morti».
Il rapporto è disponibile, in inglese, a questo link.
NOTE: questo articolo è stato generato con il supporto dell’intelligenza artificiale.