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G20, sul clima mancano urgenza e risolutezza: ora la palla passa alla Cop26

L'orizzonte temporale entro cui raggiungere emissioni zero è stato modificato dal "2050" ad un più generico "intorno alla metà del secolo"

Il G20 si è chiuso con un accordo che, per quanto riguarda il clima, di fatto ha soltanto riconosciuto la necessità di attuare azioni di mitigazione, ma senza una particolare urgenza. A nulla sono valsi i rapporti scientifici pubblicati nel corso degli ultimi mesi: tutti i report hanno sottolineato la necessità di una accelerazione nella riduzione delle emissioni di gas serra per frenare il riscaldamento globale. Ridurre le emissioni oggi, darà risultati tra qualche decennio: per questo non possiamo più aspettare.

«Se le concentrazioni di gas serra continueranno ad aumentare a questi ritmi, entro la fine del secolo le temperature potrebbero superare di gran lunga gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. La Cop26 è quindi un momento cruciale per rimetterci nella giusta carreggiata», ha spiegato nell’ultimo report dell’Organizzaizone Mondiale della Meteorologia il segretario generale della WMO Petteri Taalas.

Nella dichiarazione finale del G20 però l’orizzonte temporale entro cui raggiungere emissioni zero è stato modificato dal “2050” ad un più generico “intorno alla metà del secolo”. Questo per venire incontro alla Cina, che ha proposto come traguardo il 2060 e all’India, che non vuole porre limiti in quanto economia in via di sviluppo.

E’ stata riconosciuta la necessità di ridurre le emissioni di gas serra, e soprattutto di metano che, secondo i Paesi del G20 potrebbe essere la chiave per ridurre le emissioni in modo più veloce e economicamente vantaggioso. Anche per quanto riguarda il settore dell’energia, c’è l’impegno del G20 per ridurre le centrali a carbone e incentivare l’uso di fonti rinnovabili.

I Paesi del G20 hanno poi deciso di piantare 1.000 miliardi di alberi entro il 2030, soprattutto per contrastare la degradazione del suolo e di creare nuovi “carbon sink”. Verranno promossi gli sforzi verso un consumo più sostenibile, attraverso approcci di economia circolare, e le azioni locali mirate alla mitigazione e all’adattamento alla crisi climatica.

L’obiettivo resta quello di mantenere il riscaldamento globale sotto la soglia dei 2 gradi, possibilmente entro 1,5 gradi. I paesi quindi si impegnano a rispettare l’Accordo di Parigi, seguendo il principio di responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità, alla luce delle differenze circostanze nazionali. Infine i Paesi hanno anche sottolineato l’importanza di sostenere i Paesi più poveri, quelli maggiormente colpiti dagli effetti della crisi climatica, con finanziamenti per 100 miliardi di dollari l’anno.

Ora la palla passa alla Cop26. Preso atto della volontà dei Paesi del G20 di proseguire nelle azioni di mitigazione e adattamento alla crisi climatica, non c’è stato quindi nessun passo in avanti. I Paesi del G20 si dicono pronti per affrontare le critiche e urgenti minacce del cambiamento climatico e predisposti per lavorare insieme per raggiungere risultati soddisfacenti alla Cop26.

I commenti dei leader al termine del G20 di Roma

«Questo accordo è una svolta enorme che affronta la minaccia esistenziale del cambiamento climatico proteggendo allo stesso tempo i posti di lavoro», ha commentato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden.

Secondo la cancelliera tedesca Angela Merkel il vertice del G20 è stato un «buon segno» in vista della Cop26, ma ha riconosciuto anche che per affrontare la crisi climatica bisogna agire con maggiore ambizione. «Dobbiamo reagire con maggiore determinazione rispetto a quanto abbiamo fatto finora di fronte a questo problema», ha detto al termine del vertice.

Per Boris Johnson i giorni della Cop26 saranno difficili. «Abbiamo fatto progressi ragionevoli, sicuramente non torneremo indietro ma i prossimi giorni saranno molto difficili», ha detto il premier britannico al termine del G20.

«Malgrado le differenze che si sono manifestate nei negoziati, abbiamo creato una convergenza e possiamo avere risultati concreti», ha commentato il presidente francese, Emmanuel Macron.

«Dalla Cina fino a pochi giorni fa mi attendevo un atteggiamento più rigido, c’è stata la volontà di cogliere un linguaggio più rivolto al futuro che al passato»., ha detto Mario Draghi. «La Russia e la Cina hanno accettato l’evidenza scientifica degli 1,5 gradi, che comporta notevolissimi sacrifici, non sono impegni facili da mantenersi. La Cina produce il 50% dell’acciaio mondiale, molti impianti vanno a carbone, è una transizione difficile».

«Per la prima volta abbiamo assunto l’obiettivo di contenere il riscaldamento climatico entro 1,5 gradi ed è stato riconosciuto come un obiettivo scientificamente valido. Il senso di urgenza c’è, si spera che questo impegno collettivo venga mantenuto – ha commentato Mario Draghi-. C’è stato anche un impegno a non intraprendere politiche di emissioni che vadano contro il trend che tutti si sono impegnati ad osservare fino al 2030. Si può pensare che questo impegno venga mantenuto. Dopo Parigi le emissioni sono aumentate, soprattutto dopo il Covid. C’è una certa preoccupazione e occorre ora dimostrare credibilità attuando le promesse fatte. Il giudizio finale, come ci ricordano attivisti anche più giovani, è sulla base di quello che noi facciamo non di quello che noi diciamo», ha aggiunto.

Il presidente britannico della Cop26, Alok Sharma, si è detto «cautamente fiducioso» dei risultati emersi dal G20 di Roma in materia di impegni sui cambiamenti climatici.

I leader «hanno detto di sapere che i piani pensati finora non sono abbastanza buoni per raggiungere l’obiettivo di 1,5 gradi per il riscaldamento globale», ma «le loro conclusioni non combaciano» con questa consapevolezza. «Se sto annegando, io devo nuotare, ma loro non lo fanno. La mancanza di urgenza e risolutezza è irresponsabile e profondamente deludente». Lo ha dichiarato all’Ansa Jorn Kalinski, coordinatore per il G20 di Oxfam, commentando quanto deciso sul clima al summit di Roma.

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Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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