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Sistema alimentare, le 10 regole d’oro per un futuro sostenibile

In vista del Vertice delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentari che ha inizio oggi a Roma, WWF Italia ha redatto un documento di approfondimento con 10 regole d'oro

Il sistema alimentare è uno dei temi di maggior interesse in tempi di crisi climatica. In Italia, infatti, l’agricoltura a è il quarto settore (dopo l’industria, gli edifici e i trasporti) per emissioni di gas serra con 33 milioni di tonnellate di CO2eq, corrispondenti al 9% del totale nazionale.

L’agricoltura, inoltre, si contraddistingue per un altro particolare rispetto a tutti gli altri settori: vale a dire che oltre il 75% delle emissioni agricole è di origine “non energetica”, ossia non deriva dalla combustione delle fonti fossili (gas, petrolio, carbone) ma proviene da allevamenti intensivi e da attività insostenibili di uso del suolo e si tratta in prevalenza di emissioni di metano.

Il settore agricolo è anche quello che consuma la maggior percentuale di acqua dolce (il 60% in Italia). Alla luce di tutti questi aspetti e soprattutto in vista della riunione di bilancio del Vertice delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentari che si terrà a Roma a partire da oggi, 24 luglio e fino al 26, WWF Italia ha redatto il documento di approfondimento: “10 regole d’oro per un sistema alimentare di valore: come costruire in Italia un futuro sostenibile per le persone e l’ambiente”.

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Sistema alimentare, le 10 regole d’oro del WWF e le possibili soluzioni

    1. Salvaguardare e tenere vivo il suolo: i suoli rappresentano, insieme agli oceani, il più importante serbatoio globale di gas serra e hanno un ruolo fondamentale nella lotta al cambiamento climatico. Per ogni kg di CO2 immesso in atmosfera, 300 grammi vengono rimossi da tronchi d’albero, foglie, suoli. In Italia la superficie agricola utilizzata è pari a 12,5 milioni di ettari e rappresenta oltre il 40% della superficie nazionale. Ogni anno si perdono 57 km² di suolo alla velocità di 2 metri quadrati al secondo. Le cause risiedono non solo nella cemintificazione selvaggia ma anche nel degrado del suolo determinato da monocolture intensive, utilizzo di fertilizzanti chimici e mancanza di avvicendamento di colture e arature profonde. La soluzione sta ovviamente in una gestione del suolo più sostenibile, attraverso pratiche agronomiche corrette che possano aumentare la capacità del suolo di trattenere carbonio.
    2. Ridurre l’uso di pesticidi: per preservare colture sempre meno diverse che si trovano su grandi
      estensioni, si utilizzano i cosiddetti “prodotti fitosanitari”: diserbanti, fungicidi, insetticidi. Se inizialmente tale prodotti hanno aumentato la resa, con il passare del tempo hanno ridotto la loro efficienza evidenziando il loro impatto ambientale. Rappresentato infatti una delle prime cause di perdita di biodiversità in agricoltura. L’Italia è il secondo Paese europeo per consumo di pesticidi (122mila tonnellate
      all’anno, con meno del 9% della superficie agricola della UE), con 400 sostanze diverse autorizzate. Questa industrializzazione agricola ha ovviamente ridotto drasticamente gli insetti impollinatori, dai quali dipende  30% del cibo che consumiamo. A farne le spese sono anche acque superficiali e sotterranee, che risultano avvelenate nonché la salute umana. Oltre alla già citata agricoltura biologica, la soluzione risiede in una maggiore azione delle istituzioni. Il WWF propone: la cancellazione in Italia dei sussidi e le agevolazioni
      fiscali ai pesticidi (che oggi godono di una IVA agevolata del 10%); l’introduzione di un bonus fiscale per le donne in gravidanza e con bambini fino ai primi 1000 giorni di vita per facilitare il consumo di prodotti biologici; l’istituzione di crediti d’imposta per la realizzazione di interventi per la tutela degli insetti impollinatori.
    3. Stop alla meccanizzazione spinta e alla dipendenza dei combustibili fossili in agricoltura: più l’agricoltura è intensiva e industrializzata e più dipende da macchinari a gasolio agricolo. Se da un lato l’utilizzo di tali macchinari ha aumentato la produzione per ettaro coltivato riducendo la fatica degli agricoltori, dall’altro ha contribuito al degrado dei suoli e all’impatto ambientale delle attività agricole. Un sistema agricolo che rispetta i ritmi stagionali può ridurre drasticamente la dipendenza dai macchinari così come le scelte dei consumatori che dovrebbero prediligere acquisti a chilometro zero per favorire la transizione ecologica.
    4. Ripensare completamente l’allevamento industriale: l’allevamento è l’attività economica più vorace in
      termine di domanda di suoli, dovuta alla produzione di mangimi e foraggi che occupano, complessivamente, l’80% di tutte le terre impiegate per colture agricole e pascoli. A livello mondiale, l’allevamento intensivo è diventato la prima causa di perdita di habitat e biodiversità selvatica e coltivata. Oggi l’Italia conta circa 6 milioni di bovini, il 75% in allevamenti intensivi, collocandosi al sesto posto in UE. Enormi sono inoltre le emissioni di metano e ammoniaca nonché le deiezioni degli animali che diventato di fatto uno scarto da smaltire. Un allevamento meno affollato nei numeri e adattato alle superfici di cui disponiamo, può ridurre drasticamente gli impatti negativi così come le scelte dei consumatori che dovrebbero ridurre il consumo di carne per favorire quello di prodotti vegetali.
    5. Salvare il mare dalla pesca eccessiva e distruttiva: il mare viene costantemente messo a dura prova a causa della pesca eccessiva e distruttiva. Basti pensare che il consumo mondiale di pesce è aumentato del 122% dal 1990 al 2018. In Italia il consumo di prodotti ittici è pari a circa 30 kg all’anno alla luce di una media europea di 23 kg. Anche in questo caso, la soluzione sta nel dialogare e formare i pescatori a pratiche più sostenibili e meno dipendenti da importazioni extra europee.
    6. Meno sprechi alimentari: gli sprechi e le perdite alimentari generano impatti gravissimi sul clima, contribuendo all’8-10% delle emissioni di gas serra del sistema alimentare. La superficie che viene ogni anno impiegata per produrre alimenti che poi vengono sprecati equivale a 1,4 miliardi di ettari di superficie
      coltivabile, il 28% della superficie agricola mondiale. In Italia gli ettari in cui si producono alimenti che finiscono nella pattumiera sono circa 1,5 milioni. Per eliminare gli sprechi bisogna innanzitutto sensibilizzare i consumatori anche attraverso pratiche di recupero solidale, che negli ultimi anni stanno dando buoni frutti nonché ridurre le perdite nei vari settori nella filiera alimentare attraverso azioni mirate sugli operatori.
    7. Eliminare la governance “patriarcale” e incrementare i diritti di lavoratori e lavoratrici: spesso lavoratori e lavoratrici del settore alimentare non godono di pari diritti risultando quasi invisibili. Le azioni del governo non sono quasi mai rivolte a questa categoria di lavoratori, con il risultato di pratiche di schiavismo e sfruttamento ancora troppo diffuse. Serve un colpo di coda importante ed efficace affinché venga tutelato sia l’aspetto economico che umano della categoria.
    8. Stop alla speculazione finanziaria: L’acquisto e la vendita di materie prime avvengono oggi sulle piattaforme digitali, senza la consegna fisica dei beni e questo favorisce la speculazione finanziaria. Le banche, gli hedge fund e i fondi pensione che scommettono sui prezzi dei prodotti alimentari nei mercati
      finanziari possono creare instabilità e spingere verso l’alto i prezzi alimentari a livello mondiale, per alimenti di base come grano, mais, caffè e soia. Un serio intervento in materia non si è ancora visto. Intervenire sul mercato globale per porre limiti e restrizioni non è semplice ma nemmeno impossibile. È necessaria una fortissima volontà politica a riguardo.
    9. Migliorare la tracciabilità delle filiere e la trasparenza nelle etichette: l’informazione rivolta al cliente da parte delle filiere alimentari è riduttiva e poco consapevole. Oggi le etichette alimentari omettono informazioni importanti e determinanti sull’origine ambientale del prodotto. Rendere le etichette alimentari più trasparenti è di fondamentale importanza per il consumatore che andrebbe dunque ad acquistare un prodotto ben consapevole della sua origine e dell’impatto sull’ambiente.
    10. Costruire un futuro sostenibile: i cambiamenti climatici dell’area euro-mediterranea stanno mettendo e metteranno anche nell’immediato futuro a dura prova il nostro sistema alimentare. Per questo è importante non sottovalutare i nuovi prodotti che il mercato alimentare propone – come le macroalghe e alghe unicellulari, gli insetti, alcune proteine derivate dai funghi -, e l’introduzione di approcci innovativi. Serve un piano strategico per la ricerca e l’innovazione, incrementando gli investimenti per trovare soluzioni efficaci e capaci di durare nel tempo.
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Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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