Atmosfera

Il buco dell’ozono potrebbe sparire in meno di 20 anni

Grazie agli impegni internazionali per eliminare gradualmente le sostanze chimiche che l'hanno provocato, il buco dell'ozono potrebbe chiudersi entro i prossimi due decenni. Un segnale importante anche per il clima: uniti, possiamo combattere la crisi climatica

Il buco dell’ozono è sulla buona strada per chiudersi nei prossimi anni. Un risultato importante, che dobbiamo all’eliminazione graduale delle sostanze chimiche che ne riducono lo strato nell’atmosfera.

A dare la buona notizia è un gruppo di esperti sostenuto dalle Nazioni Unite che lunedì 9 gennaio, in occasione del 103° meeting annuale dell’American Meteorological Society, ha presentato il rapporto di valutazione scientifica quadriennale sul consumo dell’ozono. L’analisi conferma che l’eliminazione graduale di quasi il 99% delle sostanze vietate che riducono lo strato di ozono è riuscita a contrastare il buco che si era creato nella seconda metà del secolo scorso. La scoperta di un buco nello strato di ozono fu annunciata per la prima volta da tre scienziati del British Antarctic Survey nel maggio 1985.

Lo strato di ozono ha fatto registrare un notevole recupero, consentendo anche una minore esposizione umana ai dannosi raggi ultravioletti (UV) del sole.
Se le politiche attuali rimarranno in vigore, affermano gli esperti, entro il 2040 lo strato di ozono dovrebbe tornare ai valori del 1980 in gran parte del mondo. Il buco dovrebbe chiudersi più tardi sui Poli, in particolare entro il 2045 sopra l’Artico ed entro il 2066 sopra l’Antartide.

«Che il recupero dell’ozono sia sulla buona strada secondo l’ultimo rapporto quadriennale è una notizia fantastica», ha commentato Meg Seki, Segretario esecutivo del Segretariato per l’ozono del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente.
L’accordo multilaterale che regola il consumo e la produzione delle “sostanze che riducono lo strato di ozono” (ODS) è il protocollo di Montreal, firmato nel settembre 1987. «Negli ultimi 35 anni il Protocollo è diventato un vero e proprio paladino dell’ambiente», ha sottolineato Seki.

Perché il buco dell’ozono sparisca definitivamente servirà proseguire con le politiche attuali e fare attenzione a nuovi rischi. Gli scienziati hanno infatti messo in guardia per la prima volta dai possibili effetti collaterali della geoingegneria, e in particolare da una proposta che per ridurre il surriscaldamento globale punta a iniettare nella stratosfera dell’aerosol che permetterebbe di aumentare la riflessione della luce solare. Il panel di esperti avverte infatti che potrebbero esserci conseguenze indesiderate, e che si rischia di «influenzare le temperature stratosferiche, la circolazione, la produzione di ozono, i suoi tassi di distruzione e il trasporto».

Buone notizie anche per il clima

Il Protocollo di Montreal volto a contrastare il buco dell’ozono ha già favorito anche gli sforzi per mitigare i cambiamenti climatici. Si stima che finora abbia evitare il surriscaldamento globale di circa 0,5°C. Un ulteriore accordo del 2016 – noto come emendamento di Kigali al protocollo di Montreal – richiede inoltre che si riduca gradualmente la produzione e il consumo di alcuni idrofluorocarburi (HFC). Gli HFC non riducono direttamente l’ozono, ma sono potenti gas che favoriscono i cambiamenti climatici. Il gruppo di valutazione scientifica ha affermato che secondo le stime questo emendamento ci risparmierà un riscaldamento di 0,3-0,5°C entro il 2100.

Il successo degli sforzi volti a contrastare il buco dell’ozono è importante per il clima anche per il segnale che ci manda. Lo ha sottolineato il segretario generale dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale, il professor Petteri Taalas: «l’azione dell’ozono costituisce un precedente per l’azione per il clima», ha detto. «Il nostro successo nell’eliminare gradualmente le sostanze chimiche che consumano ozono ci mostra cosa si può e si deve fare – con urgenza – per abbandonare i combustibili fossili, ridurre i gas serra e quindi limitare l’aumento della temperatura».

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Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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