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È stata ritrovata l’Endurance: era scomparsa tra i ghiacci più di un secolo fa

Dopo 107 anni abbiamo ritrovato il relitto dell'Endurance, e il clima è stato un fattore importante per la spedizione sotto diversi aspetti

L’avventura di Endurance si è chiusa a oltre un secolo dal naufragio nelle gelide acque dell’Antartide, e il clima ha giocato un ruolo importante per il successo della missione.

Il relitto è stato finalmente ritrovato nelle acque del Mare di Weddell, ed è in ottime condizioni. La nave rappresenta una leggenda nella storia delle esplorazioni soprattutto per l’avventura dell’esploratore Ernest Shackleton. Dopo il naufragio nel 1915, Shackleton è riuscito a portare in salvo tutto l’equipaggio in condizioni estreme.

La storia di Endurance e l’incredibile avventura del suo equipaggio

Il comandante Shackleton e 28 uomini dell’equipaggio erano partiti dalla Georgia del Sud il 5 dicembre 1914 con la missione di realizzare la prima traversata terrestre dell’Antartide, percorrendo tutto il Polo Sud dal Mare di Weddell a quello di Ross, sulla costa opposta del continente. A bordo c’erano anche 69 cani e un gatto.

Mappa dell'Antartide

Raggiunte le acque dell’Antartide, la navigazione tra i ghiacci si dimostrò più difficile del previsto: per diverse settimane l’Endurance riuscì a farsi strada molto lentamente, ma nel gennaio del 1915 fu bloccata definitivamente tra i banchi di ghiaccio. Sir Ernest Shackleton e l’equipaggio restarono in attesa per nove mesi prima di abbandonare la nave, che nel frattempo aveva subito gravi danni. Così recuperarono il necessario e tre scialuppe di salvataggio per poi accamparsi sul ghiaccio.

Solo nell’aprile successivo, nel 1916, riuscirono a dirigersi verso Elephant Island con le scialuppe, e il 15 aprile toccarono terra per la prima volta dopo quasi 500 giorni trascorsi alla deriva sui ghiacci marini dell’Antartide. La loro avventura non era ancora finita: 22 uomini restarono sull’isola, mentre Shackleton e altri cinque membri dell’equipaggio percorsero altri 1.300 km a bordo di una scialuppa fino a raggiungere la Georgia del Sud, da cui fu poi inviata una spedizione di recupero per salvare le persone rimaste indietro.
Fallì la missione di attraversare l’Antartide, ma l’incredibile avventura con cui riuscirono a salvarsi il comandante e tutti i membri dell’equipaggio fece entrare l’Endurance nella leggenda.

Shackleton lanciò una nuova spedizione verso il continente all’inizio del 1922, ma fu colto da un infarto mentre la sua nave era attraccata sull’isola della Georgia del Sud e morì a 47 anni.

Nel frattempo l’Endurance, abbandonata tra i ghiacci nel Mare di Weddell, si era inabissata definitivamente nel novembre del 1915.

La missione Endurance 22 e il ritrovamento del relitto

Quest’anno il Falkland Maritime Heritage Trust ha organizzato la missione Endurance 22 con l’obiettivo di ritrovare il relitto della nave di Shackleton. Il 18 febbraio il rompighiaccio SA Agulhas II, partito da Cape Town in Sudafrica, ha raggiunto il Mare di Weddell seguendo le indicazioni annotate nel diario del capitano Frank Worsley nel 1915.

La spedizione ha scandagliato una vasta area di mare ghiacciato per più di due settimane e finalmente, il 5 marzo, è apparso il relitto. Si trova a oltre 3 mila metri di profondità.

Le immagini riprese dai veicoli subacquei autonomi nelle acque dell’Antartide sono importanti non solo per l’eccezionale scoperta del relitto, ma anche per la testimonianza della vita che questo ospita. La nave affondata si è conservata in condizioni quasi perfette e rappresenta una vera e propria «oasi di vita per le creature degli abissi» secondo il biogeografo marino Huw Griffiths, del British Antarctic Survey. Quello delle profondità oceaniche è un mondo ancora in parte sconosciuto, ed è possibile che il relitto ospiti forme di vita di cui ancora ignoriamo l’esistenza.
Proprio guardando le immagini dell’Endurance Griffiths ha già individuato diverse cose sorprendenti. Tra queste, un granchio. «Non è noto che esistano in acque così fredde», ha spiegato: «è l’ultima cosa che mi aspetterei di trovare su questo relitto».

Endurance, cosa c’entra il clima?

Se la ricerca del relitto era il cuore della missione Endurance 22, guidata dall’esploratore polare britannico John Shears, la spedizione in Antartide si è occupata anche di altre attività, compresi alcuni studi legati al clima. La sua stessa squadra era composta da molti scienziati che studiano il cambiamento climatico e hanno raccolto dati e informazioni su come si stanno spostando i ghiacci e sullo spessore del ghiaccio marino, realizzando anche nuove mappe.

Il clima è stato anche uno dei fattori principali nello stesso ritrovamento del relitto dell’Endurance. Proprio in questo periodo dell’anno i ghiacci marini dell’Antartide raggiungono la loro estensione minima, e quella del 2022 ha fatto segnare un nuovo record negativo. Non si era mai registrata, prima d’ora, un’estensione così bassa: ce ne ha parlato il meteorologo Daniele Izzo in questo approfondimento.

endurance clima
Foto: Endurance22

Come ha sottolineato il dottor Lasse Rabenstein all’Independent, capo scienziato della spedizione, i livelli di ghiaccio «notevolmente» bassi hanno creato delle condizioni rare aiutando la missione a trovare la nave perduta.

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Valeria Capettini

Laurea triennale in Lettere e magistrale in Comunicazione, dal 2021 sono iscritta all'Ordine dei Giornalisti della Lombardia. Nel 2016 sono entrata a far parte della squadra di Meteo Expert: un'esperienza che mi ha insegnato tanto e mi ha permesso di avvicinarmi al mondo della climatologia lavorando fianco a fianco con alcuni dei maggiori esperti italiani in questo settore. La crisi climatica avanza, con conseguenze estremamente gravi sull’economia, sui diritti e sulla vita stessa delle persone. Un'informazione corretta, approfondita e affidabile è più che mai necessaria.

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